Tra terra e mare
Il territorio greco risultava inadatto alle coltivazioni di cereali. Sebbene nell’antichità il clima fosse più temperato di quello odierno, con piogge più abbondanti e zone boschive e pascoli più estesi (dove veniva praticato l’allevamento di bovini e di ovini), le uniche colture che ebbero diffusione nella Grecia continentale e nelle isole furono l’ulivo e la vite, che consentivano una produzione sufficiente non solo per la popolazione locale, ma anche per l’esportazione. Anche le risorse del sottosuolo erano scarse: il fabbisogno di metalli era superiore alla disponibilità garantita dalle miniere locali e rendeva necessaria sia l’importazione di argento e oro (fondamentali per gli scambi commerciali), sia quella del ferro, alla cui carenza i Greci supplirono dapprima comprando i prodotti finiti dai mercanti del Vicino Oriente, e in seguito importando la materia prima da lavorare localmente.
L’elemento principale che consentì lo sviluppo economico della civiltà greca fu dunque il mare, sfruttato sia per l’approvvigionamento diretto di risorse alimentari, attraverso le attività di pesca, sia come via di comunicazione: gran parte dei centri urbani greci sorse infatti sulle coste e si sviluppò grazie alla diffusione delle tecniche di navigazione apprese dai marinai fenici e all’espansione delle rotte mercantili marittime.