Con il termine “storia” possiamo fare riferimento a due diversi significati. Possiamo cioè intendere la storia come la totalità dei fatti avvenuti, facendo in questo modo coincidere la parola con l’intero passato; oppure, con il termine “storia” possiamo riferirci a una precisa disciplina di studio e di ricerca, che ha degli obiettivi propri ed è dotata di una serie di strumenti e di una specifica metodologia.
CHE COS’È LA STORIA?
Le origini della disciplina
La storia intesa come disciplina ha origini molto remote, che affondano le loro radici nei secoli dell’antichità. Tradizionalmente, colui che viene indicato come il primo storico, della cui opera si è conservata una parte importante, è Erodoto di Alicarnasso (484-425 a.C.). Erodoto definì la propria opera historíes apódeixis, ossia “esposizione di una ricerca”, poiché prima di scrivere aveva viaggiato molto e raccolto le notizie sui fatti che intendeva narrare. Dalla descrizione che egli stesso diede della sua opera, appunto historía, sono derivate le parole storia e storiografia.
Fondamentale per la definizione della disciplina storica è stato poi l’ateniese Tucidide (460-404 a.C.), il primo a sottolineare l’importanza dello studio delle fonti: per essere sicuro di raccontare fatti veri, infatti, Tucidide controllava l’attendibilità delle informazioni in suo possesso confrontandole con altre testimonianze. Ma soprattutto, egli non si limitò a narrare gli avvenimenti di cui era venuto a conoscenza, ma scelse di riportare solo i più importanti, analizzandone le cause e cercando di fornire un’interpretazione, cioè una spiegazione, dei nessi tra cause ed effetti.
Con il passare dei secoli, il racconto e lo studio del passato non sono mai spariti, ma si è dovuto attendere l’Ottocento per vedere la storia diventare una disciplina scientifica, insegnata nelle università, basata non solo sulla ripetizione di ciò che era già noto, ma anche sulla ricerca di aspetti inediti e interpretazioni sempre nuove sul passato.
Un grande storico del Novecento, il francese Marc Bloch (1886-1944), ha definito la storia come la “scienza degli uomini nel tempo”. Essa è dunque una scienza nel senso che è regolata da un metodo scientifico la cui applicazione è garanzia di arrivare a una conoscenza del nostro passato che sia il più possibile veritiera e accurata. Tale scienza non si pone come obiettivi la conoscenza dell’universo, come la cosmologia o l’astronomia, né della natura, come la biologia, o delle specie animali, come la zoologia: è una scienza che ha per oggetto le comunità umane, studiate attraverso il tempo. Dalla comparsa dell’uomo sulla Terra, fino ai giorni nostri, la storia si occupa dunque dell’evoluzione delle società umane.
Il metodo storico
Il metodo adottato dagli storici si basa, innanzitutto, sull’individuazione, lo studio e l’analisi delle fonti. Le fonti possono essere di vari tipi: documenti scritti, testimonianze orali, oggetti, strutture, insomma qualsiasi cosa risalente al passato che possa costituire per lo storico una testimonianza dell’epoca alla quale risalgono, e che possa quindi aiutarlo a studiare quel particolare passato. Più si va indietro nel tempo, più le fonti diminuiscono: se per studiare le società più antiche disponiamo per lo più di testimonianze archeologiche, come resti di abitazioni o templi e vari oggetti di culto o di uso comune, con il passare dei secoli compaiono le prime testimonianze scritte, sempre più numerose. Per secoli la scrittura è stata incisa sulla pietra o su altre superfici dure, poi sono stati introdotti materiali più adatti e comodi per realizzare testi manoscritti, come la pergamena e poi la carta; infine, a partire dal XV secolo, l’invenzione della stampa ha moltiplicato il numero di fonti scritte. La creazione di luoghi per la conservazione della documentazione del passato, gli archivi, è stata poi un passo fondamentale per la custodia e la valorizzazione delle fonti storiche. A partire dalla seconda metà dell’Ottocento, e poi nel Novecento e fino ai giorni nostri, le fonti si sono moltiplicate, grazie al progresso tecnologico: uno storico che vuole studiare, per esempio, l’Italia dopo la Seconda Guerra mondiale, avrà a disposizione non solo testi scritti, a mano e a stampa, ma anche fotografie e video. Al giorno d’oggi, tantissime fonti del passato sono reperibili e liberamente consultabili su Internet.
L’analisi delle fonti
Le fonti sono state classificate in molti modi diversi, secondo varie tipologie. La classificazione più importante è quella che distingue tra fonti dirette, o primarie, e indirette, o secondarie. Le prime sono testimonianze dirette, prodotte, in maniera volontaria o no, da protagonisti o da testimoni dei fatti del passato: una lettera, una pagina di giornale, un disegno, ma anche un audio o un video; le fonti indirette, o secondarie, sono quelle prodotte da chi non ha partecipato o direttamente assistito agli eventi, ma li riporta perché ne ha ascoltato il racconto da altri, perché ha letto testimonianze scritte o perché, come fanno gli storici, li ha studiati, raccogliendo fonti primarie. Un libro scritto da uno storico e basato sulle sue ricerche diventa esso stesso, dunque, una fonte secondaria.
In base all’intenzione con cui una fonte è stata prodotta si distinguono inoltre:
- le fonti volontarie, create consapevolmente dal loro autore, per esempio una fotografia scattata con lo scopo di fissare nel tempo il ricordo di un evento importante;
- le fonti involontarie, prodotte per un fine diverso da quello per cui le utilizza lo storico; per riprendere il nostro esempio, se nella fotografia rientrasse accidentalmente un particolare del tutto slegato dal soggetto scelto dal fotografo ma utile per ricostruire un altro aspetto del passato, l’immagine costituirebbe una fonte involontaria.
Quanto detto finora mostra che lo storico, nella sua attività di ricerca e di studio, deve saper trattare una grande mole di informazioni. La distinzione tra fonti primarie e secondarie e tra fonti volontarie e involontarie mostra inoltre che la raccolta dei documenti deve sempre accompagnarsi a un lavoro di attenta selezione. Ciò è ancora più vero in relazione alla loro attendibilità: le fonti, infatti, possono anche essere false, perché realizzate per ingannare chi ne era destinatario, per attestare eventi mai accaduti o perché create appositamente per influire sull’interpretazione di un avvenimento.
Per poter utilizzare una fonte nella ricostruzione del passato, dunque, bisogna anzitutto stabilire se essa sia vera o falsa. Per farlo, gli storici applicano un metodo rigoroso, che consiste nella raccolta e nell’analisi delle fonti svolta attraverso il confronto tra documenti diversi, l’esame della lingua e della grafia (nel caso di testi scritti), la coerenza delle informazioni che contiene rispetto al periodo nel quale è stata prodotta.
La storiografia
Una volta individuate e studiate le fonti, lo storico deve mettere in relazione i risultati del suo studio con tutto ciò che gli storici prima di lui hanno già scritto sul suo stesso tema di ricerca. La storiografia è proprio l’insieme degli studi che gli storici hanno realizzato, nel corso del tempo, su un determinato tema o un periodo storico: abbiamo così, per esempio, la storiografia sulla Grecia antica, la storiografia sulla Roma repubblicana, oppure la storiografia sull’età carolingia, e così via. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la storia non è una disciplina ferma, in cui le conoscenze sul passato, una volta acquisite, non sono più modificabili. Al contrario, la ricerca di nuove fonti, di nuovi spunti di riflessione, ma anche di nuove interpretazioni e di nuove spiegazioni del passato non finisce mai, ed è per questo che gli storici continuano a studiare il passato. Qualsiasi evento o periodo storico, per quanto possa essere già stato studiato, può sempre dirci qualcosa di nuovo, e questo non solo perché possono essere trovate nuove fonti o corretti degli errori magari commessi da altri storici, ma anche e soprattutto perché le domande che gli storici si pongono studiando il passato sono sempre diverse. Uno stesso documento può essere letto e analizzato in molti modi differenti, a seconda di cosa lo storico sta cercando, di quali domande sta ponendo a quella fonte. Allo stesso modo, uno stesso evento potrà essere interpretato in maniera molto diversa, da uno storico rispetto a un altro, per vari motivi: perché ogni storico ha le proprie convinzioni, la propria formazione e i propri obiettivi; perché in generale possono cambiare le finalità con cui uno storico si approccia il passato. Uno studioso dell’epoca antica, per esempio, può interrogare un’epigrafe per conoscere meglio la società romana, mentre un altro potrà analizzare quella stessa epigrafe alla ricerca di altre informazioni, relative per esempio a un personaggio o un evento specifico. Oppure, per conoscere meglio il funzionamento dell’impero di Carlo Magno, due storici potranno consultare fonti diverse ed arrivare così a risultati, almeno in parte, diversi. Lo studio della storia, dunque, non è mai fermo, ma in continua evoluzione.
L’ultima fase del lavoro di uno storico è poi quella della concreta realizzazione di un “prodotto”: un libro, magari, oppure un articolo o un testo più breve, ma anche un video, oppure un programma televisivo o radiofonico.
Lo storico si pone l’obiettivo di studiare il passato dell’uomo e di farlo conoscere agli uomini e alle donne che vivono nel presente, nella convinzione che, conoscendo il passato, sia più facile comprendere il presente e immaginare il futuro.
Tempo, spazio, storia - volume 1
Dalla Preistoria alla crisi di Roma repubblicana