5. La tragedia della Shoah

5 La tragedia della Shoah

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Durante la Seconda guerra mondiale il regime nazista, sulla base dell’antisemitismo da sempre presente nell’ideologia hitleriana, mise in atto ciò che verrà poi ricordato come Shoah, un termine ebraico che significa “catastrofe” e che indica il genocidio degli ebrei d’Europa, cioè il loro annientamento pianificato da parte dei nazisti ( Ieri e oggi, p. 304).

Nella sua espansione in Europa orientale, la Germania aveva occupato territori in cui da secoli esistevano numerose comunità ebraiche; nella sola Polonia gli ebrei erano circa 3 milioni. Nel 1941 il governo nazista stabilì il divieto per gli ebrei di emigrare dal Reich e dai territori occupati e impose che ogni ebreo portasse cucita sugli abiti una stella gialla di stoffa, con al centro la parola Jude (ebreo), per essere subito riconoscibile.

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Il termine Shoah oggi è usato per indicare:

a. una catastrofe naturale.

b. l’antisemitismo.

c. il genocidio degli ebrei.

I GHETTI E LE FUCILAZIONI DI MASSA

A partire dal 1940 i nazisti esercitarono un controllo durissimo nei quartieri ebraici, i ghetti, dove gli ebrei erano costretti a vivere. Denutrizione, malattie, sovraffollamento e lavoro forzato provocarono moltissime vittime. Fra l’aprile e il maggio 1943 nel Ghetto di Varsavia, che ospitava quasi mezzo milione di ebrei, ci fu uno dei più drammatici tentativi di rivolta: dopo violenti combattimenti, i tedeschi rasero al suolo il ghetto ed eliminarono i pochi superstiti.

Con l’invasione dell’Unione Sovietica nel 1941, altre zone con una forte presenza ebraica finirono sotto il dominio dei nazisti, che a quel punto intrapresero fucilazioni di massa. Il massacro più sanguinoso fu quello di Babij Jar, un burrone nei pressi di Kiev, in Ucraina, dove fra il 29 e il 30 settembre 1941 furono assassinati 33 000 ebrei.

Anche una parte delle popolazioni locali, spinta dall’odio antisemita e dalla volontà di impadronirsi dei beni degli ebrei, collaborò con i nazisti.

La rete di filo spinato che divideva il ghetto ebraico di Varsavia, in Polonia, dal resto della città.

La stella gialla che gli ebrei erano costretti a portare cucita sugli abiti per essere facilmente identificati.

LA “SOLUZIONE FINALE”

Tra la fine del 1941 e l’inizio del 1942 la Germania nazista cambiò strategia nei confronti degli ebrei, mettendo a punto un vero e proprio piano di sterminio: la “Soluzione finale”, che aveva come obiettivo la sistematica eliminazione della popolazione ebrea. Il piano fu attuato prima nei paesi occupati dell’Europa orientale, poi in Unione Sovietica e successivamente nei paesi dell’Europa occidentale occupati, come la Francia e l’Italia.

Fin dal 1933, come abbiamo visto, il nazismo aveva creato dei campi di concentramento, i Lager, in cui venivano rinchiusi principalmente gli oppositori politici. Per attuare la Soluzione finale, nel corso del 1942 il regime costruì nei territori occupati una rete di campi di sterminio, gestita dalle Ss. In tutta Europa gli ebrei venivano arrestati e costretti a salire su treni formati da vagoni blindati, per essere trasportati, in condizioni di viaggio terribili, nei campi; fra questi il più grande era Auschwitz- Birkenau, in Polonia ( carta a p. 293). All’arrivo, donne e uomini giovani, in grado di lavorare, erano separati da anziani, malati e bambini, che venivano invece uccisi immediatamente nelle camere a gas con lo Zyklon B, un gas velenoso; i corpi erano poi seppelliti in fosse comuni o bruciati nei forni crematori. I prigionieri destinati al lavoro forzato venivano sfruttati fino a che il loro fisico non cedeva e, a quel punto, venivano a loro volta eliminati.

Nei campi i compiti di sorveglianza e l’allestimento delle camere a gas erano svolti dai prigionieri di guerra e da delinquenti comuni. Con questo sistema, una vera e propria “fabbrica della morte”, i nazisti uccidevano quotidianamente migliaia di persone.

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sistema dei ghetti

Anne Frank si trasferì con la sua famiglia dalla Germania all’Olanda in seguito alle persecuzioni antiebraiche. Ma anche qui, per sfuggire ai nazisti, nel 1942 fu costretta a nascondersi con la sua famiglia in un alloggio segreto. Anne raccontò quest’esperienza nel suo Diario, fino a che fu deportata nel 1944 nel campo di Bergen-Belsen, dove morì l’anno dopo, a 16 anni.

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VITTIME E RESPONSABILI

Nella Shoah morirono circa 6 milioni di ebrei, i due terzi dell’intera popolazione ebraica europea: 2 milioni nelle fucilazioni di massa e 4 milioni nei campi.

Anche i Rom e i Sinti, popolazioni nomadi presenti da secoli in molti paesi dell’Europa centrale, dopo essere stati perseguitati dal regime nazista in quanto ritenuti di razza “inferiore”, furono internati nei campi: a seguito del Porajmos, che nella loro lingua, il romanì, significa “divoramento”, “distruzione”, morì circa mezzo di milione di persone.

Oltre agli ebrei, ai Rom e ai Sinti, finirono nella macchina dello sterminio gli omosessuali, considerati dal nazismo individui malati, da “curare” con particolare brutalità, i Testimoni di Geova, che si rifiutavano di obbedire alle leggi naziste, i delinquenti comuni e gli oppositori politici.

La Shoah fu un processo estremamente rapido: metà del totale delle vittime fu uccisa nel corso del 1942. Si trattò di uno sterminio organizzato, a cui parteciparono non solo le Ss, responsabili dei campi, ma anche politici, poliziotti, ferrovieri e gli industriali che produssero lo Zyklon B o costruirono i forni crematori. A questi vanno aggiunti anche tutti coloro che nei paesi occupati collaborarono con i tedeschi: i governi che adottarono leggi antiebraiche, i poliziotti e i funzionari statali che li fecero eseguire, i cittadini che denunciarono alle autorità i nascondigli degli ebrei.

I prigionieri dei campi indossavano una divisa a righe.

L’entrata al campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, in Polonia, con i binari della ferrovia che passano sotto la torretta di guardia. Oggi il campo è stato trasformato in un museo e memoriale della Shoah.

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Ti racconto la Storia - volume 3
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