T4 - Federigo Tozzi, La mia amicizia

Tipologia A PROSA Federigo Tozzi, La mia amicizia T 4 L amore La mia amicizia viene incluso nella raccolta postuma L amore, del 1920. Al pari degli altri testi della raccolta e della produzione novellistica di Federigo Tozzi (Siena 1883-Roma 1920), La mia amicizia è improntato a un robusto antisentimentalismo (cioè un modo di raccontare teso a scoprire il lato oscuro dei sentimenti umani e l inautenticità dei rapporti sociali); il testo è inoltre scritto in una lingua comune, nemica delle più facili retoriche letterarie simboliste. Ma Tozzi prende uguali distanze anche dal realismo dei suoi anni: secondo il critico Giacomo Debenedetti, infatti, l autore rappresenta gli uomini, le cose , ne restituisce «realisticamente il modo di essere, di mostrarsi, di comportarsi perché non ne capisce la ragione . Nelle sue pagine, «è come se la rappresentazione potesse sostituire l impossibile spiegazione. Il naturalismo rappresenta in quanto spiega, e viceversa; Tozzi rappresenta in quanto non sa spiegare . 5 10 15 20 25 30 Mi parve che suonassero il campanello. Mi alzai ed andai ad aprire: non c era nessuno. Vidi anche che il campanello non era stato mosso. Ma siccome non ammettevo che mi fossi sbagliato, stetti un pezzetto ad ascoltare alle scale. Da quel giorno odiai la mia casa; e passavo le giornate intere a cercarmene un altra. Allora mi venne in mente che avrei potuto andare dal mio amico Guglielmo, che con la moglie stava verso la Via Angelica; dietro i quartieri dei Prati di Castello. Quelle località mi piacevano, tra la campagna e la città. Quando mi decisi a provare, erano i primi di febbraio; ma una giornata con un cielo anche troppo turchino: mi faceva proprio l effetto di una tinta che non si è potuta sciogliere bene perché manca lo spazio sufficiente. Le case bianche come il gesso, alte e rettangolari, lasciate li senza compagnia, avevano ombre verdognole sopra le finestre. Su l immenso prato erboso accanto agli avanzi dell esposizione per il cinquantenario di Roma, calcinacci sgretolati e cenci ad asciugare. Quasi in mezzo al prato, affatto deserto, un uomo, steso bocconi, dormiva; poi, una fontana di cemento, sfasciata, vicino a certi alberelli patiti e secchi. Monte Mario era un poco nebbioso; e, nei suoi colori, tutti i segni dell inverno. Verso una strada bianca, un branco di pecore con un filo di luce addosso, che accendeva i loro contorni; e, più in là, alta, la cupola di San Pietro. Una tromba suonava stonando, dalle caserme. Io mi sentivo sempre di più invogliato, giungendo al villino. Credetti che il campanello elettrico suonasse per il contatto dei miei nervi. Trovai il mio amico Guglielmo a fumare la pipa, steso nella poltrona, con i piedi sopra una sedia; al sole. La moglie era in terrazza; e la sentivo discorrere con non so chi. «Mio caro gli dissi «io di casa solo non ci sto più! . Egli mi guardò con i suoi occhi azzurri, da sopra gli occhiali; sorridendo. Io continuai: «Vengo a stare con te . «Questo deve essere uno scherzo imaginato1 bene . 1 imaginato: architettato. 235

Palestra di scrittura
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