PROSA

Tipologia A PROSA Giosuè Carducci, Un uccellaccio selvaggio e un sonetto con la coda T 1 Epistolario Nella lettera, tratta dal primo volume dell epistolario nell edizione nazionale delle opere, Giosuè Carducci (Valdicastello in Versilia 1835-Bologna 1907) compone un vivace autoritratto di sé stesso per Felice Tribolati, uno degli Amici pedanti , gruppo di scrittori e poeti di idee classiciste nemici delle svenevolezze dei Romantici italiani di cui faceva parte anche Carducci e che amavano radunarsi a Pisa, in un caffè o a casa dello stesso Tribolati, per confrontare poesie e discutere di fatti letterari. All epoca della lettera, Carducci ha 21 anni, è scontento e lontano: lavora come professore al ginnasio di San Miniato, piccola città in provincia di Pisa. 5 10 15 20 25 San Miniato, 4 decembre 1856 Carissimo Felice, il silenzio c ho tenuto con te, amico buono, non è scusabile. Ma, che vuoi? La pigrizia, il lavoro del libro;1 le occupazioni fortissime, e nel medesimo tempo le distrazioni che necessariamente portava seco cotesto nostro tumulto letterario, quindi la malattia, poi San Miniato, han congiurato a farmi parere amico pessimo. Pazienza: e dalla parte tua perdono. Ora ti dirà che in questa città io son rovinato: questa, senza metafora, per me è come un sepolcro, o almeno come una prigione: in cui bisognerà ch io per forza mi fiacchi, e moia di consunzione spirituale. Mancan biblioteche: manca campo agli esercizii letterarii: la lezione ch io debbo fare, bisogna che la limiti all intelligenza di ragazzi di quattordici anni: manca l anima e la vita che vicendevolmente si comunica dove è una società giovanile ben pensante, ben leggente, bene istudiante: com io avevo in Pisa, come in Firenze. Ahi, ahi, cantatemi il De profundis:2 Giosuè è morto, si morto; a dispetto della credenza ch io avevo che in me ci fosse tanta vita da bastare a diecimila degli uomini moderni. E non è morto per vizio proprio: ma perché i figliuolacci di Adamo, in quella lor congiura cannibalesca che chiamano società, han preso quest uccellaccio selvaggio: a poco a poco gli han tarpato l ale: poi l han chiuso in una gabbia di ferro: e a lui avvezzo a cibarsi di carne fresca o di sangue danno la pappa coll uovo: poi gli stanno pure attorno facendo rumore come di una bella cosa che abbiano fatto. Birboni e sciocchi. Ma non ho voglia di arrabbiarmi: tanto, son morto. E bene sta: che importa operare e pensare? meglio è mangiare bere e fumare. Oh, viva il ponce:3 la sola cosa bella angelica che sia per me nel mondo. Quello che per me ragazzo erano certe idee che mi formavo della felicità anzi beatitudine ch io avrei conseguito nell amore di certe donne; ora, si , quel mistico idealismo poetico mi si è verificato in fatto, realmente, sustanzialmente, chi il crederebbe? nel ponce. Oh datemi ponci; e datemi, quando sono arrabbiato, la facoltà di poter scrivere un sonetto colla coda,4 e sto bene anche in San Miniato. [ ] Abbiti i miei saluti, di cuore veramente; rispondimi: saluta tutti gli amici: amami: e tu scrittor bellissimo di lettere, perdona all infame epistola del tuo amico. 1 il lavoro del libro: si tratta della Giunta alla derrata, un testo curato da Carducci e inteso a diffondere e difende le posizioni classiciste del gruppo degli Amici pedanti . 2 cantatemi il De profundis: dare qualcuno per spacciato, considerarlo in fin di vita. 3 ponce: deformazione toscana per pun- ch, la bevanda inglese fatta di acqua, rum e scorza di limone, servita bollente. 4 un sonetto con la coda: un sonetto caudato, vale a dire a cui è stata aggiunta una coda rispetto ai 14 endecasilla- bi del sonetto classico (in genere divisi in due parti, un ottava e una sestina, oppure in quattro, due quartine e due sestine). La coda è spesso fatta da un settenario in rima con l ultimo verso del sonetto vero e proprio e due endecasillabi a rima baciata. 225

Palestra di scrittura
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