Il magnifico viaggio - Giacomo Leopardi

30 35 40 45 50 55 60 sono disposto di fare anche di ciò a tuo modo. Anzi incomincerò io stesso; e ti dirò che questa mia inclinazione non procede da alcuna sciagura che mi sia intervenuta, ovvero che io aspetti che mi sopraggiunga: ma da un fastidio della vita; da un tedio che io provo, così veemente, che si assomiglia a dolore e a spasimo; da un certo non solamente conoscere, ma vedere, gustare, toccare la vanità di ogni cosa13 che mi occorre nella giornata. Di maniera che non solo l intelletto mio, ma tutti i sentimenti, ancora del corpo, sono (per un modo di dire strano, ma accomodato al caso) pieni di questa vanità.14 E qui primieramente non mi potrai dire che questa mia disposizione non sia ragionevole: se bene io consentirò facilmente che ella in buona parte provenga da qualche mal essere corporale. Ma ella nondimeno è ragionevolissima: anzi tutte le altre disposizioni degli uomini fuori di questa, per le quali, in qualunque maniera, si vive, e stimasi che la vita e le cose umane abbiano qualche sostanza; sono, qual più qual meno, rimote dalla ragione, e si fondano in qualche inganno e in qualche immaginazione falsa.15 E nessuna cosa è più ragionevole che la noia. I piaceri sono tutti vani. Il dolore stesso, parlo di quel dell animo, per lo più è vano: perché se tu guardi alla causa ed alla materia, a considerarla bene, ella è di poca realtà o di nessuna. Il simile dico del timore; il simile della speranza. Solo la noia, la qual nasce sempre dalla vanità delle cose, non è mai vanità, non inganno; mai non è fondata in sul falso. E si può dire che, essendo tutto l altro vano, alla noia riducasi, e in lei consista, quanto la vita degli uomini ha di sostanzievole e di reale.16 Plotino Sia così. Non voglio ora contraddirti sopra questa parte. Ma noi dobbiamo adesso considerare il fatto che tu vai disegnando:17 dico, considerarlo più strettamente, e in se stesso. Io non ti starò a dire che sia sentenza di Platone,18 come tu sai, che all uomo non sia lecito, in guisa di servo fuggitivo, sottrarsi di propria autorità da quella quasi carcere nella quale egli si ritrova per volontà degli Dei; cioè privarsi della vita spontaneamente. Porfirio Ti prego, Plotino mio; lasciamo da parte adesso Platone, e le sue dottrine, e le sue fantasie. Altra cosa è lodare, commentare, difendere certe opinioni nelle scuole e nei libri; ed altra è seguitarle nell uso pratico. Alla scuola e nei libri, siami stato lecito approvare i sentimenti di Platone e seguirli; poiché tale è l usanza oggi: nella vita, non che gli approvi, io piuttosto gli abbomino.19 So ch egli si dice che Platone spargesse negli scritti suoi quelle dottrine della vita avvenire, acciocché gli uomini, entrati in dubbio e in sospetto circa lo stato loro dopo la morte; per quella incertezza, e per timore di pene e di calamità future, 13 da un certo vanità di ogni cosa: Por firio sottolinea come il suo proposito sia dovuto non solo a considerazioni astrat te, ma a una condizione materiale che pas sa attraverso precise percezioni sensoriali (i sentimenti del corpo, r. 35). 14 pieni di questa vanità: c è un contrasto semantico tra pienezza e vanità, che Por firio definisce appunto strano, insolito, ma che spiega bene la situazione in cui si trova. 15 E qui primieramente falsa: Porfirio ri vendica la razionalità del suo stato d ani mo, che in parte proviene da problemi fisici (mal essere corporale), ma soprattutto si 154 / GIACOMO LEOPARDI basa sul riconoscimento dell inconsistenza, della vanità di tutte le cose, che non sono altro che illusioni ingannevoli. 16 alla noia reale: sia i piaceri sia il do lore sono vani, fuggevoli e inconsistenti; solo la noia è concreta (sostanzievole) e reale nella vita degli uomini. 17 il fatto che tu vai disegnando: il suici dio che tu stai progettando. 18 Platone: alla sua dottrina si rifanno i fi losofi neoplatonici, tra cui Plotino e Porfi rio, i quali riprendono la concezione dell a nima immortale, che desidera liberarsi del corpo per tornare alla sua sede eterna. Da questa concezione di una vita ultraterre na, deriva una morale che, come spiega Porfirio in passi successivi del dialogo, do vrebbe spingere gli uomini ad agire se condo giustizia. 19 Alla scuola e nei libri, siami stato lecito io piuttosto gli abbomino: in teo ria, mi può essere consentito approvare le convinzioni di Platone, secondo l attuale conformismo, ma nella vita reale io le di sapprovo e le condanno. In questa affer mazione c è un certo sarcasmo da parte di Leopardi verso gli intellettuali spiritua listi del suo tempo.

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