Lo stile: le scelte metriche e lessicali
La poesia di Leopardi, pur ponendosi nel solco della tradizione letteraria italiana, presenta diversi motivi di novità sul piano stilistico, linguistico e metrico, al punto che egli può essere considerato in Italia il primo grande poeta “moderno”, non solo per quanto concerne i contenuti filosofici della sua produzione, ma anche per quanto riguarda le scelte stilistiche. L’imitazione dei modelli – che era il caposaldo del classicismo – resiste in Leopardi come intima adesione a un mondo spirituale, più che come omaggio esteriore alle “belle forme”. Per questo egli – in ciò davvero romantico – si sente in diritto di rielaborare, talora fino a scardinarle, le strutture tradizionali, giungendo così alla conquista di uno spazio espressivo autonomo e originale, che prelude alle esperienze poetiche della nostra contemporaneità.
Partiamo dal piano più semplice ed evidente, quello metrico. Dopo le canzoni giovanili di stampo petrarchesco e un componimento, Il primo amore (datato 1817, è il più antico dei Canti), scritto in terzine dantesche, con i “piccoli idilli” il poeta opta per gli endecasillabi sciolti, cioè privi di rime e dunque capaci di adattarsi a una poesia più libera dal punto di vista strutturale, e più personale rispetto a quella delle canzoni.
Egli ottiene, contemporaneamente, una grande spontaneità di immagini, una notevole chiarezza d’espressione e una suggestiva musicalità dei versi.
La svolta successiva si ha con i “grandi idilli”: alle doppie quartine di settenari del Risorgimento e agli endecasillabi sciolti delle Ricordanze Leopardi aggiunge, per le altre liriche, la forma della “canzone libera” o “canzone leopardiana”. Rispetto alle rigide forme fissate dai manuali di metrica, in essa si assiste a un’alternanza di endecasillabi e settenari che non risponde a criteri stabiliti in partenza, ma piuttosto alle esigenze dello stato d’animo del poeta, che così può assecondare ed esprimere un proprio ritmo interiore. Anche le rime si dispongono liberamente, essendo intervallate da versi non rimati e variamente distribuite tra gli endecasillabi e i settenari.
L’altro aspetto di rilevante novità stilistica riguarda il linguaggio. Si tratta, in questo caso, di una novità forse non immediatamente percepibile, però significativa. La lingua della lirica leopardiana è infatti, per lo più, quella della tradizione. Spesso, anzi, è una lingua preziosa, ricca di latinismi, grecismi, petrarchismi, dantismi e di termini usati dai poeti tra Cinque e Settecento (da Tasso a Monti).
Tuttavia Leopardi amplia il lessico dei suoi testi inserendo termini non conformi alla lingua comune della poesia del suo tempo. Ciò accade soprattutto negli idilli, dove l’autore tende a raffigurare la realtà semplice e quotidiana di Recanati, ma anche nei canti napoletani, in cui apre a vocaboli umili e concreti, nonché a quelli della realtà contemporanea.
Nella Quiete dopo la tempesta troviamo «la gallina […] che ripete il suo verso» (vv. 2-4), l’«artigiano» (v. 11), l’«erbaiuol» (v. 16); nel Sabato del villaggio, il «mazzolin di rose e di viole» (v. 4), lo «zappatore» (v. 29), «la sega / del legnaiuol, che veglia / nella chiusa bottega alla lucerna» (vv. 33-35); nella Palinodia al marchese Gino Capponi, a descrivere la scena di un moderno caffè, il «fumo / de’ sigari» (vv. 13-14), il «romorio / de’ crepitanti pasticcini» (vv. 4-15), le «gazzette» (v. 20), cioè i giornali dell’epoca. Sono soltanto pochi esempi, che però rivelano efficacemente la distanza di queste scelte lessicali da quelle compiute da Foscolo o dal Manzoni poeta.
Sezioni |
Sequenza e titoli nella raccolta del 1835 |
Data di composizione |
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CANZONI CIVILI |
1 |
All’Italia |
settembre 1818 |
2 |
Sopra il monumento di Dante |
settembre-ottobre 1818 |
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3 |
Ad Angelo Mai |
gennaio 1820 |
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4 |
Nelle nozze della sorella Paolina |
ottobre-novembre 1821 |
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5 |
A un vincitore nel pallone |
novembre 1821 |
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CANZONI FILOSOFICHE |
6 |
Bruto minore |
dicembre 1821 |
7 |
Alla Primavera |
gennaio 1822 |
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8 |
Inno ai Patriarchi |
luglio 1822 |
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9 |
Ultimo canto di Saffo |
13-19 maggio 1822 |
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10 | Il primo amore | dicembre 1817-inizio 1818 | |
GRANDI IDILLI |
11 |
Il passero solitario |
1829-1835 |
PICCOLI IDILLI |
12 |
L’infinito |
1819 |
13 |
La sera del dì di festa |
1820 |
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14 |
Alla luna |
1819 (?) |
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15 |
Il sogno |
1820 o 1821 |
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16 |
La vita solitaria |
1821 |
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CICLO DI ASPASIA |
17 |
Consalvo |
1832-1834 (?) |
18 | Alla sua donna | settembre 1823 | |
19 | Al conte Carlo Pepoli | marzo 1826 | |
GRANDI IDILLI |
20 |
Il risorgimento |
7-13 aprile 1828 |
21 |
A Silvia |
19-20 aprile 1828
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22 |
Le ricordanze |
26 agosto-12 settembre 1829
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23 |
Canto notturno di un pastore errante dell’Asia |
22 ottobre 1829-9 aprile 1830
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24 |
La quiete dopo la tempesta |
17-20 settembre 1829
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25 |
Il sabato del villaggio |
settembre 1829
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CICLO DI ASPASIA |
26 |
Il pensiero dominante |
1832-1834 (?)
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27 |
Amore e morte |
1832-1834 (?)
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28 |
A se stesso |
1833 (?)
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29 |
Aspasia |
1834 (?)
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CANZONI SEPOLCRALI |
30 |
Sopra un bassorilievo antico sepolcrale |
1834-1835 (?)
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31 |
Sopra il ritratto di una bella donna |
1834-1835 (?)
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CANTI NAPOLETANI |
32 |
Palinodia al marchese Gino Capponi |
1835
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33 |
Il tramonto della luna |
1836-1837 (?)
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34 |
La ginestra o il fiore del deserto |
1836
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FRAMMENTI |
35 |
Imitazione |
?
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36 |
Scherzo |
15 febbraio 1828
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37 |
Odi, Melisso: io vo’ contarti un sogno |
1819
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38 |
Io qui vagando al limitare intorno |
1818
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39 |
Spento il diurno raggio in occidente |
novembre-dicembre 1816
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40 |
Dal greco di Simonide |
1823-1824
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41 |
Dello stesso |
1823-1824
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