T9 - Una mano che gira una manovella

leggermente a destra. Il fatto, di per sé privo di importanza, dà luogo a una vera e propria crisi d identità del personaggio, che si rende conto di non essere uno , ma centomila e quindi in definitiva nessuno a seconda della prospettiva da cui lo osservano gli altri. Da una semplice constatazione, in altre parole, scaturisce una crisi esistenziale che porta Vitangelo a compiere gesti folli, volti a cancellare ricordi, esperienze e persino il nome che lo identifica. Dopo aver liquidato i suoi beni ed essere stato abbandonato dalla moglie, egli finisce con il vivere in un ospizio, senza più un nome né un identità definita. Considerato pazzo dagli altri, si sente in realtà finalmente felice: abbandonata la civiltà, con le sue forme e le sue convenzioni, si trova per la prima volta immerso nel fluire continuo della vita e nella natura. Analisi INTERATTIVA Com io volevo esser solo Una mano che gira una manovella / T9 / Quaderni di Serafino Gubbio operatore, Quaderno primo / La riduzione dell uomo a macchina / Il passo che segue costituisce l incipit del romanzo. Si tratta di una sorta di presentazione dell ambiente del cinema e del mestiere dell operatore, in cui sono evidenziati i temi fondamentali dell opera, sviluppati poi più ampiamente nel corso della narrazione. 5 10 15 20 25 I Studio la gente nelle sue più ordinarie occupazioni, se mi riesca di scoprire negli altri quello che manca a me per ogni cosa ch io faccia: la certezza che capiscano ciò che fanno. In prima, sì, mi sembra che molti l abbiano, dal modo come tra loro si guardano e si salutano, correndo di qua, di là, dietro alle loro faccende o ai loro capricci. Ma poi, se mi fermo a guardarli un po addentro negli occhi con questi miei occhi intenti e silenziosi, ecco che subito s aombrano.1 Taluni anzi si smarriscono in una perplessità così inquieta, che se per poco io seguitassi a scrutarli, m ingiurierebbero o m aggredirebbero. No, via, tranquilli. Mi basta questo: sapere, signori, che non è chiaro né certo neanche a voi neppur quel poco che vi viene a mano a mano determinato dalle consuetissime condizioni in cui vivete. C è un oltre in tutto. Voi non volete o non sapete vederlo. Ma appena appena quest oltre baleni negli occhi d un ozioso come me, che si metta a osservarvi, ecco, vi smarrite, vi turbate o irritate. Conosco anch io il congegno esterno, vorrei dir meccanico della vita che fragorosamente e vertiginosamente ci affaccenda senza requie. Oggi, così e così; questo e quest altro da fare; correre qua, con l orologio alla mano, per essere in tempo là. «No, caro, grazie: non posso! . «Ah sì, davvero? Beato te! Debbo scappare . «Alle undici, la colazione . «Il giornale, la borsa, l ufficio, la scuola . «Bel tempo, peccato! Ma gli affari . «Chi passa? Ah, un carro funebre Un saluto, di corsa, a chi se n è andato . «La bottega, la fabbrica, il tribunale . Nessuno ha tempo o modo d arrestarsi un momento a considerare, se quel che vede fare agli altri, quel che lui stesso fa, sia veramente ciò che sopra tutto gli convenga, ciò che gli possa dare quella certezza vera, nella quale solamente potrebbe trovar riposo. Il riposo che ci è dato dopo tanto fragore e tanta vertigine 1 s aombrano: forma arcaica per s adombrano , cioè si turbano . 890 / IL PRIMO NOVECENTO

Il magnifico viaggio - volume 5
Il magnifico viaggio - volume 5
Dal secondo Ottocento al primo Novecento