CONSONANZE CONTEMPORANEE - Dino Buzzati - Sette piani

CONSONANZE CONTEMPORANEE Dino Buzzati SETTE PIANI Il più kafkiano degli scrittori italiani del Novecento è senza dubbio il bellunese, ma naturalizzato milanese, Dino Buzzati (1906-1972), anche se in verità egli respinse sempre questa etichetta . I punti di contatto fra i due scrittori sono soprattutto la tendenza a far partire la narrazione da situazioni normali, quotidiane, banali, per poi accrescere nel corso della vicenda l ansia e l angoscia dei personaggi, posti di fronte alla piega inattesa che gli eventi assumono e alla difficoltà di trovare un senso a quanto sta loro accadendo. Buzzati è autore di diversi romanzi, tra i quali il più notevole è Il deserto dei Tartari (1940), ma soprattutto di racconti. Nel 1958 lo scrittore realizza un antologia che intitola semplicemente Sessanta racconti. In questa raccolta si trovano alcune delle sue storie più celebri, che mettono in comunicazione la realtà di tutti i giorni con un oltremondo fantastico e surreale. In uno di questi testi, Sette piani, l avvocato Giuseppe Corte si trova a essere ricoverato in una clinica in cui i pazienti sono suddivisi tra i vari piani dell edificio a seconda della gravità della loro patologia. Egli, inizialmente collocato al piano più alto, quello dove sono ospitati i degenti meno gravi, a poco a poco viene fatto scendere ai piani più bassi, fino all ultimo, quello dei malati terminali. Tutto ciò avviene senza che i medici gli forniscano precise motivazioni, tendendo invece a essere quanto mai elusivi e a fargli credere che si tratti, ogni volta, di una sistemazione temporanea. Il protagonista, insomma, si trova invischiato in una situazione assurda che ricorda le angoscianti atmosfere kafkiane. Riportiamo le pagine conclusive del racconto. Dopo sette giorni, un pomeriggio verso le due, entrarono improvvisamente il capo-infermiere e tre infermieri, che spingevano un lettuccio a rotelle. «Siamo pronti per il trasloco? , domandò in tono di bonaria celia il capoinfermiere. «Che trasloco? , domandò con voce stentata Giuseppe Corte, «che altri scherzi sono questi? Non tornano fra sette giorni quelli del terzo piano? . «Che terzo piano? , disse il capo-infermiere come se non capisse, «io ho avuto l ordine di condurla al primo, guardi qua e fece vedere un modulo stampato per il passaggio al piano inferiore firmato nientemeno che dallo stesso professore Dati. Il terrore, la rabbia infernale di Giuseppe Corte esplosero allora in lunghe irose grida che si ripercossero per tutto il reparto. «Adagio, adagio per carità , suppli- 720 / IL PRIMO NOVECENTO carono gli infermieri «ci sono dei malati che non stanno bene! . Ma ci voleva altro per calmarlo. Finalmente accorse il medico che dirigeva il reparto, una persona gentilissima e molto educata. Si informò, guardò il modulo, si fece spiegare dal Corte. Poi si rivolse incollerito al capo-infermiere, dichiarando che c era stato uno sbaglio, lui non aveva dato alcuna disposizione del genere, da qualche tempo c era una insopportabile confusione, lui veniva tenuto all oscuro di tutto... Infine, detto il fatto suo al dipendente, si rivolse, in tono cortese, al malato, scusandosi profondamente. «Purtroppo però aggiunse il medico, «purtroppo il professor Dati proprio un ora fa è partito per una breve licenza, non tornerà che fra due giorni. Sono assolutamente desolato, ma i suoi ordini non possono essere trasgrediti. Sarà lui il primo a rammaricarsene, glielo garantisco... un errore simile! Non capisco come possa essere accaduto! . Ormai un pietoso tremito aveva preso a scuotere Giuseppe Corte. La capacità di dominarsi gli era completamente sfuggita. Il terrore l aveva sopraffatto come un bambino. I suoi singhiozzi risuonavano lenti e disperati per la stanza. Giunse così, per quell esecrabile errore, all ultima stazione. Nel reparto dei moribondi lui, che in fondo, per la gravità del male, a giudizio anche dei medici più severi, aveva il diritto di essere assegnato al sesto, se non al settimo piano! La situazione era talmente grottesca che in certi istanti Giuseppe Corte sentiva quasi la voglia di sghignazzare senza ritegno. Disteso nel letto, mentre il caldo pomeriggio d estate passava lentamente sulla grande città, egli guardava il verde degli alberi attraverso la finestra, con l impressione di essere giunto in un mondo irreale, fatto di assurde pareti a piastrelle sterilizzate, di gelidi androni mortuari, di bianche figure umane vuote di anima. Gli venne persino in mente che anche gli alberi che gli sembrava di scorgere attraverso la finestra non fossero veri; finì anzi per convincersene, notando che le foglie non si muovevano affatto. Questa idea lo agitò talmente, che il Corte chiamò col campanello l infermiera e si fece porgere gli occhiali da miope, che in letto non adoperava; solo allora riuscì a tranquillizzarsi un poco: con l aiuto delle lenti poté assicurarsi che erano proprio alberi veri e che le foglie, sia pur leggermente, ogni tanto erano mosse dal vento. Uscita che fu l infermiera, passò un quarto d ora di completo silenzio. Sei piani, sei terribili muraglie, sia

Il magnifico viaggio - volume 5
Il magnifico viaggio - volume 5
Dal secondo Ottocento al primo Novecento