Il magnifico viaggio - volume 5

145 150 155 160 165 170 La vita fuori dalla cava 175 180 185 Lavorando di piccone o di zappa poi menava le mani con accanimento, a mo di uno che l avesse59 con la rena, e batteva e ribatteva coi denti stretti, e con quegli ah! ah! che aveva suo padre. «La rena è traditora , diceva a Ranocchio sottovoce; «somiglia a tutti gli altri, che se sei più debole ti pestano la faccia, e se sei più forte, o siete in molti, come fa lo Sciancato, allora si lascia vincere. Mio padre la batteva sempre, ed egli non batteva altro che la rena, perciò lo chiamavano Bestia, e la rena se lo mangiò a tradimento, perché era più forte di lui . Ogni volta che a Ranocchio toccava un lavoro troppo pesante, e Ranocchio piagnuccolava a guisa di60 una femminuccia, Malpelo lo picchiava sul dorso e lo sgridava: «Taci pulcino! e se Ranocchio non la finiva più, ei gli dava una mano, dicendo con un certo orgoglio: «Lasciami fare; io sono più forte di te . Oppure gli dava la sua mezza cipolla, e si contentava di mangiarsi il pane asciutto, e si strin geva nelle spalle, aggiungendo: «Io ci sono avvezzo . Era avvezzo a tutto lui, agli scapaccioni, alle pedate, ai colpi di manico di badi le, o di cinghia da basto, a vedersi ingiuriato e beffato da tutti, a dormire sui sassi, colle braccia e la schiena rotta da quattordici ore di lavoro; anche a digiunare era avvezzo, allorché il padrone lo puniva levandogli il pane o la minestra. Ei diceva che la razione di busse non gliela aveva levata mai il padrone; ma le busse non costavano nulla. Non si lamentava però, e si vendicava di soppiatto, a tradimento, con qualche tiro di quelli che sembrava ci avesse messo la coda il diavolo: perciò ei si pigliava sempre i castighi anche quando il colpevole non era stato lui; già se non era stato lui sarebbe stato capace di esserlo, e non si giustificava mai: per altro sarebbe stato inutile. E qualche volta come Ranocchio spaventato lo scongiurava piangendo di dire la verità e di scolparsi, ei ripeteva: «A che giova? Sono malpelo! e nessuno avrebbe potuto dire se quel curvare il capo e le spalle sempre fosse ef fetto di bieco orgoglio o di disperata rassegnazione, e non si sapeva nemmeno se la sua fosse salvatichezza o timidità.61 Il certo era che nemmeno sua madre aveva avuta mai una carezza da lui, e quindi non gliene faceva mai. Il sabato sera, appena arrivava a casa con quel suo visaccio imbrattato di len tiggini e di rena rossa, e quei cenci che gli piangevano62 addosso da ogni parte, la sorella afferrava il manico della scopa se si metteva sull uscio in quell arnese,63 ché avrebbe fatto scappare il suo damo64 se avesse visto che razza di cognato gli tocca va sorbirsi; la madre era sempre da questa o da quella vicina, e quindi egli andava a rannicchiarsi sul suo saccone65 come un cane malato. Adunque, la domenica, in cui tutti gli altri ragazzi del vicinato si mettevano la camicia pulita per andare a messa o per ruzzare66 nel cortile, ei sembrava non avesse altro spasso che di andar randagio per le vie degli orti, a dar la caccia a sassate alle povere lucertole, le quali non gli avevano fatto nulla, oppure a sforacchiare le siepi dei fichidindia. Per altro le beffe e le sassate degli altri fanciulli non gli piacevano. La vedova di mastro Misciu era disperata di aver per figlio quel malarnese,67 come dicevano tutti, ed egli era ridotto veramente come quei cani, che a furia di bu scarsi dei calci e delle sassate da questo e da quello, finiscono col mettersi la coda fra le gambe e scappare alla prima anima viva che vedono, e diventano affamati, spelati e selvatici come lupi. Almeno sottoterra, nella cava della rena, brutto e cencioso e 59 l avesse: fosse in collera. 60 a guisa di: come. 61 salvatichezza o timidità: scontrosità o timidezza. 62 piangevano: cadevano, pendevano. 63 in quell arnese: conciato a quel modo. 64 damo: fidanzato. 65 saccone: il sacco di paglia che servi- va da materasso. 66 ruzzare: far chiasso. 67 malarnese: poco di buono, disgraziato. L AUTORE / GIOVANNI VERGA / 213

Il magnifico viaggio - volume 5
Il magnifico viaggio - volume 5
Dal secondo Ottocento al primo Novecento