Adriano Meis, innamorato della giovane Adriana Paleari, scopre di essere stato derubato dal cognato di lei. L’episodio lo illumina d’improvviso sulla nullità della propria esistenza fittizia, del suo nome falso, del castello di menzogne che gli sta crollando addosso. Egli non può denunciare il furto, né, soprattutto, può sposare la ragazza, perché per la legge lui non esiste (né come Mattia, né come Adriano). È diventato «un’ombra d’uomo».
T8 - Io e l’ombra mia
T8
Io e l’ombra mia
Il fu Mattia Pascal, cap. 15
Audiolettura
DENTRO IL TESTO
I contenuti tematici
A questo punto del romanzo Mattia-Adriano si trova costretto a riflettere sul senso di una libertà che, in un primo tempo, gli era parsa assoluta. La costruzione di una nuova identità, condotta pazientemente nell’arco di due anni, si dilegua sotto lo sguardo deluso del protagonista (Vedevo finalmente: vedevo in tutta la sua crudezza la frode della mia illusione, rr. 3-4). La finzione, infatti, non può continuare, per la mancanza di denaro, per l’estraneità alla legge, per l’impossibilità psicologica di vivere tenendosi lontano dagli altri esseri umani. Di fronte al furto subìto, è il derubato, e non il ladro, a doversi nascondere, proprio come farebbe un uomo colpevole.
Tolta la maschera di Mattia Pascal, insomma, la libertà ha mostrato il volto di una nuova «trappola», in sostanza non diversa dalla precedente. Paradossalmente, l’unica ad aver reciso davvero il legame con il passato è la moglie Romilda, che riconoscendo Mattia nel cadavere di uno sconosciuto (forse in malafede) ha voltato pagina, cominciando un’altra vita. L’inetto Mattia, invece, è MORTO E ANCORA AMMOGLIATO! (r. 37): non esiste, e nonostante questo è tormentato da un’odiosa eredità familiare.
Percepire la nullità della propria esistenza significa camminare sull’orlo della pazzia. Uscii di casa, come un matto (r. 58): questa è la prima reazione di Mattia di fronte allo scenario di solitudine e desolazione in cui si sente immerso. Il fallimento della seconda vita impostata a Roma sancisce la crisi definitiva del personaggio: egli sa di dover dismettere i panni di Adriano, senza aver ancora deciso di rientrare in quelli del vecchio Mattia.
Così, sospeso in un limbo senza speranza, vaga per le strade, umiliato e ridotto a un’ombra (Chi era più ombra di noi due? io o lei? Due ombre!, rr. 62-63). Egli lascia che i passanti e persino le ruote di un carro calpestino quell’ombra (Là, così! forte, sul collo!, r. 69), ormai più reale dell’uomo in carne e ossa cui appartiene. L’omicidio dell’ombra svela il disgusto che Mattia prova per sé stesso, per quel che è rimasto del suo vero io (il simbolo, lo spettro della mia vita era quell’ombra: ero io, là per terra, rr. 79-80). In questo delirio «autopunitivo», ha scritto il critico Mazzacurati, affiora «la minaccia di un’estrema decomposizione patologica dell’io»; ma, una volta conclusa questa sorta di rituale, mosso a pietà Mattia raccoglie metaforicamente la propria ombra dalla strada, per tentare ancora una volta di custodire il nocciolo di un’identità che non si rassegna a considerare perduta.
Le scelte stilistiche
In questo tormentato dialogo interiore del protagonista (alternato a parti narrative, qui non antologizzate, in cui avviene la scoperta del furto), Adriano Meis sembra appartarsi sul palcoscenico, come se riflettesse tra sé e sé o dialogasse con un ipotetico pubblico chiamato a fungere da testimone della sua crisi.
In un crescendo d’intensità e sottigliezza concettuale, il discorso del narratore sembra avvilupparsi in una spirale soffocante, in una prigione verbale fatta di una serie di antinomie e inversioni: aveva un cuore, quell’ombra, e non poteva amare; […] aveva una testa, ma per pensare e comprendere ch’era la testa di un’ombra, e non l’ombra d’una testa (rr. 82-84). Tali espedienti retorici rendono efficacemente l’idea di una perdita di senso, di uno smarrimento d’identità, di una confusione tra gli opposti, trasmettendo la sensazione di trovarsi irretiti in un meccanismo volutamente artificioso, che gira su sé stesso come una giostra.
VERSO LE COMPETENZE
Comprendere
1 Quando il protagonista ragiona sul suo rapporto con Adriana, intravede per un istante una tenue speranza. Quale?
2 Che cosa rimpiange di non aver fatto Mattia il giorno in cui scopre di essere ufficialmente morto? Come si giustifica subito dopo?
ANALIZZARE
3 Con quali parole il narratore immagina l’infinita solitudine che attende Mattia, dopo che avrà lasciato la casa romana di Paleari?
INTERPRETARE
4 Un altr’uomo, sì, ma a patto di non far nulla. E che uomo dunque? Un’ombra d’uomo! (rr. 24-25). Rifletti su questo passo, provando a ripercorrere brevemente le tappe della trasformazione di Mattia Pascal in Adriano Meis.
Educazione CIVICA – Spunti di realtà
Quasi alla fine del romanzo, l’idea di libertà assoluta si trova drasticamente ridimensionata.
Secondo Pirandello, essa in realtà non è mai totale ma condizionata, in quanto è soggetta a un sistema di valori e di leggi imposto dalla società e non elaborato in autonomia dall’individuo.
• In che senso si può dire che quello di libertà è un concetto di “relazione”? Secondo te, si può vivere senza limiti? Scrivi un testo argomentativo di circa 30 righe.
Il magnifico viaggio - volume 5
Dal secondo Ottocento al primo Novecento