Riportiamo per intero la Premessa seconda (filosofica) a mo’ di scusa. Si tratta di un brano fondamentale per la corretta interpretazione dei capitoli successivi, rappresentandone la giustificazione teorica o, come dice il narratore, la scusa, che insinua perplessità e dubbi sul senso stesso della letteratura.
T5 - Maledetto fu Copernico!
T5
Maledetto fu Copernico!
Il fu Mattia Pascal, Premessa seconda (filosofica) a mo’ di scusa
DENTRO IL TESTO
I contenuti tematici
La seconda premessa del romanzo segue alla lettera i princìpi fondamentali del codice umoristico, a partire dal titolo, Premessa seconda (filosofica) a mo’ di scusa, dove il ricorso alle parentesi, ridimensionando il riferimento alla filosofia, suona autoironico, ma allo stesso tempo suggerisce il valore metaforico dell’opera. Con l’espediente delle parentesi, in altre parole, l’autore sottrae il capitolo alla severità del pensiero accademico, senza però rinunciare a proporre una disamina appassionata della vita. Dietro i toni leggeri, infatti, emerge in modo chiaro l’esigenza di riflettere sull’atto stesso della scrittura e dell’arte.
Dietro la celebre esclamazione di Mattia (io debbo ripetere il mio solito ritornello: Maledetto sia Copernico!, rr. 39-40) vi è un profondo rimpianto per la grandezza epica del mondo del passato, un mondo in cui l’essere umano, non ancora cosciente della sua insignificante piccolezza, riteneva di trovarsi al centro di un incrollabile sistema di certezze. Quando la Terra non girava… (r. 43), continua Mattia, ma è subito interrotto da don Eligio; il discorso lasciato in sospeso suggerisce una pluralità di confronti fra antico e moderno, volti però in definitiva a riconoscere l’inutilità della scrittura (di una narrazione minuta e piena d’oziosi particolari, r. 52) in un mondo smitizzato. L’effetto straniante è generato proprio da questa dichiarazione iniziale, cioè nella negazione ostentata dell’atto di narrare (Non mi par più tempo, questo, di scriver libri, neppure per ischerzo, rr. 37-38), del quale i lettori, paradossalmente, hanno però davanti la piena realizzazione, il romanzo compiuto. Il gioco sottile dell’affermazione-negazione lascia emergere impietosamente la contraddizione radicata nel pensiero della modernità: negare il senso di ciò che si sta facendo, mettendo in dubbio la realtà, è la sfida che Pirandello lancia alla narrativa del suo tempo.
La relazione tra gli studi di Copernico e la riflessione umoristica è testimoniata, del resto, da un passo del saggio L’umorismo, in cui si legge che «Uno dei più grandi umoristi, senza saperlo, fu Copernico, che smontò non propriamente la macchina dell’universo, ma l’orgogliosa immagine che ce n’eravamo fatta».
Le scelte stilistiche
Il dialogo tra Mattia e don Eligio, costituito spesso da brevissime battute che si accavallano, è impostato sulla ricerca di uno stile nuovo con cui intraprendere la scrittura del romanzo. In un certo senso, è come se Pirandello ammettesse il lettore nel suo laboratorio, permettendogli di assistere alla formazione di un innovativo modo di narrare.
Ciò che risulta chiaro da subito è che cosa non deve essere un romanzo (Il signor conte si levò per tempo, alle ore otto e mezzo precise… La signora contessa indossò un abito lilla con una ricca fioritura di merletti alla gola… ecc., rr. 58-59): nella varietà di questi esordi, tratti dagli stili correnti della letteratura dell’Ottocento, emerge un repertorio di formule e di personaggi stereotipati, quelli del romanzo realistico, che Pirandello rifiuta programmaticamente.
L’autore non esibisce alcuna precisione documentaria né effetti patetici, ma una scrittura cosciente della propria precarietà, del relativismo delle percezioni, dell’incomunicabilità tra gli individui. Da qui deriva uno stile incerto e smarrito, proprio di un narratore poco convinto di voler raccontare i fatti ma ormai coinvolto in una storia che, solo per la sua stranezza, vale la pena di provare a ripercorrere (Ebbene, in grazia di questa distrazione provvidenziale, oltre che per la stranezza del mio caso, io parlerò di me, ma quanto più brevemente mi sarà possibile, dando cioè soltanto quelle notizie che stimerò necessarie, rr. 90-92).
VERSO LE COMPETENZE
Comprendere
1 Chi tenta, per primo, di mettere ordine nel caos della biblioteca Boccamazza?
2 Che cosa risponde Mattia quando don Eligio gli consiglia di scrivere le sue memorie?
3 Per fortuna, l’uomo si distrae facilmente (rr. 80-81): quali considerazioni seguono questa “sentenza” e in che modo servono a giustificare la stesura del romanzo?
4 Nel brano viene citato un catastrofico evento naturale: di quale fatto si tratta e a quale scopo entra nel discorso di Mattia Pascal?
ANALIZZARE
5 Descrivi brevemente come si presenta la chiesa sconsacrata adibita a biblioteca in cui lavora Mattia Pascal.
6 Nel passo in cui viene descritta l’infinita nostra piccolezza (r. 68) si trovano diversi diminutivi e dispregiativi. Individuali e inseriscili nella tabella.
Diminutivi |
Dispregiativi |
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INTERPRETARE
7 In che modo, secondo Mattia, la rivoluzione copernicana arriva a svuotare di significato la letteratura?
sviluppare il lessico
8 Il termine babilonia (r. 7) deriva dall’episodio biblico della torre di Babele e significa “grande confusione”: nasce come un’antonomasia, la figura retorica attraverso cui un nome proprio diventa un nome comune, che indica proprio le peculiarità del luogo o del personaggio nominato. Spiega origine e significato delle seguenti antonomasie:
• un’odissea • Sodoma e Gomorra • un gradasso • un mecenate • un creso
scrivere per...
argomentare
9 Ormai noi tutti ci siamo a poco a poco adattati alla nuova concezione dell’infinita nostra piccolezza, a considerarci anzi men che niente nell’Universo (rr. 67-69). Rifletti su questo passo e, più in generale, sulle conseguenze a lungo termine delle scoperte scientifiche. Si sono verificate, secondo te, altre “rivoluzioni copernicane” nell’ultimo secolo? Come hanno modificato la nostra immagine del mondo e la nostra vita quotidiana?
Educazione CIVICA – Spunti di realtà
OBIETTIVO
9 IMPRESE, INNOVAZIONE
E INFRASTRUTTURE
La nostra Costituzione affronta questioni cruciali intorno alla ricerca scientifica in due articoli. L’art. 9 afferma che «la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica», l’art. 33 stabilisce che «l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento». Eppure una ricerca promossa nel 2020 dall’Associazione Luca Coscioni ha collocato l’Italia al ventitreesimo posto del mondo nella libertà di ricerca scientifica, molto indietro anche rispetto ad alcuni paesi africani. Gli indicatori che hanno determinato questo risultato sono diversi, e vanno dall’investimento pubblico al numero di pubblicazioni e di ricercatori, dall’impatto della produzione scientifica al numero delle scienziate donne e alle competenze scientifiche degli studenti di scuola superiore.
• Qual è il tuo punto di vista sull’argomento? Come l’Italia può recuperare questo divario? Discutine in classe.
Il magnifico viaggio - volume 5
Dal secondo Ottocento al primo Novecento