T2 - Forma e vita

T2

Forma e vita

L'umorismo, parte II, cap. 5

L’umanità si trova in uno stato paradossale, all’interno di una dialettica irrisolvibile tra la rete di convenzioni che la imbrigliano e il fluire libero della «vita», pronta a erompere quando il meccanismo dell’esistenza, imprevedibilmente, si inceppa.

La vita è un flusso continuo che noi cerchiamo d’arrestare, di fissare in forme stabili
e determinate, dentro e fuori di noi, perché noi già siamo forme fissate, forme
che si muovono in mezzo ad altre immobili, e che però possono seguire il flusso
della vita, fino a tanto che, irrigidendosi man mano, il movimento, già a poco a
5      poco rallentato, non cessi. Le forme, in cui cerchiamo d’arrestare, di fissare in noi
questo flusso continuo, sono i concetti, sono gli ideali a cui vorremmo serbarci
coerenti, tutte le finzioni che ci creiamo, le condizioni, lo stato in cui tendiamo
a stabilirci. Ma dentro di noi stessi, in ciò che noi chiamiamo anima, e che è la
vita in noi, il flusso continua, indistinto, sotto gli argini, oltre i limiti che noi
10    imponiamo, componendoci una coscienza, costruendoci una personalità. In certi
momenti tempestosi, investite dal flusso, tutte quelle nostre forme fittizie crollano
miseramente; e anche quello che non scorre sotto gli argini e oltre i limiti, ma che
si scopre a noi distinto e che noi abbiamo con cura incanalato nei nostri affetti,
nei doveri che ci siamo imposti, nelle abitudini che ci siamo tracciate, in certi momenti
15    di piena straripa e sconvolge tutto.
Vi sono anime irrequiete, quasi in uno stato di fusione continua, che sdegnano
di rapprendersi, d’irrigidirsi in questa o in quella forma di personalità. Ma
anche per quelle più quiete, che si sono adagiate in una o in un’altra forma, la
fusione è sempre possibile: il flusso della vita è in tutti.
20    E per tutti però può rappresentare talvolta una tortura, rispetto all’anima che
si muove e si fonde, il nostro stesso corpo fissato per sempre in fattezze immutabili.
Oh perché proprio dobbiamo essere così, noi? – ci domandiamo talvolta
allo specchio, – con questa faccia, con questo corpo? – Alziamo una mano nell’incoscienza;
e il gesto ci resta sospeso. Ci pare strano che l’abbiamo fatto noi. Ci
25    vediamo vivere.

DENTRO IL TESTO

I contenuti tematici

Mentre la «vita» scorre imprevedibile, l’individuo è sollecitato dalle pressioni sociali a definirsi in una «forma». La personalità che il singolo tende a modellare su sé stesso è però irreale, e i suoi contorni vengono tracciati esclusivamente dal rispetto delle norme della vita associata, ridotta a una vera e propria recita grottesca.

Il flusso nascosto delle sensazioni e la spinta, anarchica e irrazionale, delle pulsioni e dei sentimenti che agiscono sotto la superficie della «forma» sono respinti e neutralizzati: è l’individuo stesso che tende ad aggrapparsi alla propria falsa identità come a uno scoglio sicuro per non lasciarsi travolgere dalla tempesta che infuria intorno a lui. Prevale così il desiderio di cristallizzarsi, osservare con disincanto le dinamiche quotidiane ed estraniarsi costruendo dighe e argini che, tuttavia, sono spesso e imprevedibilmente destinati a crollare davanti ai prepotenti impulsi vitali.

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La concezione vitalistica pirandelliana richiama quella di alcune filosofie di inizio Novecento. È quasi automatico, a prima vista, il riferimento a Bergson e alla sua teo­ria dello «slancio vitale», che però non deve indurre a parallelismi impropri. Per il filosofo francese, infatti, l’esistenza comporta un continuo mutamento, una maturazione perenne che conduce a creare e ricreare continuamente la propria individualità. Per Pirandello, invece, la vita è soltanto frantumazione e perdita di esistenza: lo slancio creativo di Bergson si traduce in un inevitabile sentimento di estraneità. E l’essere umano, contemplando la propria ombra fittizia sperduta nel mondo, affronta sempre il momento in cui, davanti allo specchio, prende coscienza del suo ruolo di inerme e passivo spettatore del gioco della vita: Alziamo una mano nell’incoscienza; e il gesto ci resta sospeso. Ci pare strano che l’abbiamo fatto noi. Ci vediamo vivere (rr. 23-25). Si compie così il destino di Mattia Pascal, di Vitangelo Moscarda e dei tanti «forestieri della vita» che popolano l’opera di Pirandello.

VERSO LE COMPETENZE

Comprendere

1 Quale parte dell’essere umano è in continua trasformazione?


2 Quali sono le forme in cui si cerca di fissare il flusso della vita?

Analizzare

3 Qual è il registro linguistico prevalente nel brano antologizzato? Quali parole ed espressioni ne sono esempio?


4 Che cosa sono, secondo Pirandello, la coscienza e la personalità?


5 Qual è la metafora predominante nel brano?


6 Lo sforzo umano di incanalare il flusso vitale è vittorioso? perché?


7 Che cosa significa l’espressione Ci vediamo vivere (rr. 24-25)? Quale concezione della volontà e della coscienza umana sottintende?

Interpretare

8 L’immagine del flusso, del fiume, della fiumana, è già stata usata da altri autori: quali e in quali contesti? È un’immagine positiva o negativa? Esponi le tue considerazioni.


9 Perché il corpo umano può diventare una tortura (r. 20)?

Il magnifico viaggio - volume 5
Il magnifico viaggio - volume 5
Dal secondo Ottocento al primo Novecento