CONSONANZE CONTEMPORANEE - Giuseppe Berto - Il conflitto con il padre: alle radici del "male oscuro"

CONSONANZE CONTEMPORANEE

Giuseppe Berto

IL CONFLITTO CON IL PADRE: ALLE RADICI DEL «MALE OSCURO»

Il personaggio del padre ha spesso rappresentato nella letteratura occidentale una figura antagonistica rispetto a quella del figlio, che sente il rapporto con il genitore come soffocante. Nella narrativa italiana contemporanea uno scrittore in particolare ha delineato con grande forza espressiva tale scontro generazionale. Nel suo capolavoro, Il male oscuro, pubblicato nel 1964, Giuseppe Berto (1914-1978) ha approfondito mediante la scrittura (anche in quest’aspetto si può cogliere il suo legame con Svevo) le ragioni di una profonda crisi esistenziale, da lui realmente vissuta come una vera e propria malattia: quella, misteriosa e insondabile, che dà il titolo all’opera. Scrivendo in prima persona, seguendo il flusso dei pensieri, Berto tenta di recuperare il proprio passato, ricostruendo i processi mentali nei quali è andato perdendosi e provando a far emergere i traumi infantili che potrebbero aver determinato la sua difficoltà di vivere. Ora è un uomo maturo, preda di angosce che gli avvelenano la vita: mentre porta alla luce le radici dei suoi problemi, al centro delle sue memorie si staglia la figura del padre.

Mio padre in quel tempo era ancora senza volto,1 ma aveva già i baffi, oppure non li aveva perché qualche volta se li teneva e qualche volta li tagliava dato che ora i baffi non erano più di moda [...] Mio padre dunque essendo senza volto era ancora in gran parte assenza, consisteva cioè quasi esclusivamente delle sue cose, specie di quelle contenute in un cassettino a destra sopra il comò accanto alla specchiera, dove c’era la Chinina Migone2 che aveva un buon odore e la sua spazzola per i capelli che aveva invece un odore cattivo, e niente altro, mentre nel cassettino dalla parte opposta che era quello di mia madre c’era sempre una gran confusione di forcine e pettinini e fermi per i capelli e pettini mai puliti con attaccati capelli lunghissimi, perché mia madre mai si sarebbe tagliati i capelli alla garçonne,3 mentre mia zia forse se li sarebbe tagliati perché doveva trovar marito, in verità aveva avuto come fidanzato un tenente durante la guerra che si diceva che da borghese fosse un gran signore e poi una volta venuta la pace era sparito, ma di questa cosa non si doveva mai parlare quando c’era la zia che si arrabbiava oppure si metteva a piangere perché era proprio disgraziata, però io ero quasi contento che piangesse visto che pensava d’essere più bella della mamma, e specie se era vero che la mamma era gelosa di lei, e questo doveva essere vero perché una serva che noi avevamo che si chiamava Romilda diceva che mio padre era un bell’uomo che piaceva alle donne peccato solo che avesse quella testa pelata, e in verità mio padre in quel tempo metteva una grande cura nello spazzolarsi i capelli stava lungo tempo davanti allo specchio in particolare quando era di buon umore e cantava Vieni meco fior di rose,4 e prendeva i pochi capelli che gli crescevano ai lati e sul didietro della testa e se li tirava con infinita cura fin davanti, e mia madre lo prendeva in giro per questo, diceva che aveva un bel portarsi a spasso quei quattro peli per la testa tanto pelato era, e mio padre quando era di buon umore le diceva che lui ne valeva quattro di giovanotti coi capelli, e poi mica s’era fatto calvo per gli anni bensì a causa della lucerna, e del resto con la Chinina Migone e poi anche con la Petrolina Longega5 per la ricrescita dei capelli qualche speranza ce l’aveva ancora, certo se il governo permetteva tutta la réclame6 che quei prodotti facevano sui giornali qualcosa di vero ci doveva essere, altrimenti sarebbe stata truffa e le leggi sono fatte apposta per impedire le truffe, benché questi dopo la guerra non fossero tempi troppo favorevoli alle leggi coi sovversivi e gli scioperi e i delinquenti che trionfavano dappertutto, certe volte c’era perfino da aver paura a uscire di casa, e meno male che io avevo un padre che era stato capostazione e Maresciallo dei Carabinieri prima di mettersi a vendere cappelli così erano gli altri ad aver paura e non lui, ma io certamente no non avevo paura di lui perché era mio padre, quando mi lasciava salivo sui suoi ginocchi e gli toccavo la testa pelata, però non accadeva spesso che mi lasciasse salire lì in quel posto che mi piaceva tanto, sicché quando lui voleva vedere il quaderno delle aste7 che sono la cosa più importante del mondo perché una persona istruita se la cava sempre nella vita mentre un ignorante chiunque se lo mette sotto i piedi, quando dunque voleva vedere il quaderno io glielo mostravo solo se mi lasciava salire sui suoi ginocchi e poi non volevo più scendere si capisce, gli ficcavo le dita negli occhi e gli mettevo in disordine i quattro peli della testa finché lui perdeva la pazienza e diceva moglie portatelo via tu questo demonio, e mia madre mi veniva a prendere ma poi non poteva tenermi perché aveva sempre qualcosa da fare specie all’ora di cena quando tornavano a casa dalla bottega.

La bottega era sotto i portici in piazza come le altre botteghe del paese, da una parte avevamo la bottega dei generi casalinghi dove vendevano piatti, bicchieri, pentole e lumi a petrolio per i contadini in mezzo ai campi che non avevano ancora la luce elettrica, e dall’altra parte c’era la pasticceria bar Venezia che era la più bella bottega del paese e forse del mondo intero tutta stucchi bianchi e oro, e lì vendevano paste, cioccolato e caramelle, cose che costavano soldi e facevano male alla pancia, e io non volevo assolutamente avere male alla pancia altrimenti avrebbero cercato di darmi l’olio di ricino8 mentre io sapevo di non poterlo prendere perché una volta che la mamma aveva cercato di darmelo con lo zucchero e il limone e lei diceva che l’olio neanche si sentiva io invece l’avevo sentito e non ero riuscito a mandarlo giù, era proprio una cosa che non mi era riuscito di fare, ma questo la mamma non lo capiva, credeva che fossi come i bambini buoni che l’olio magari coi modi bruschi lo prendono, così mi aveva chiuso il naso per farmi aprire la bocca e mandarmelo giù per forza, e allora io gliel’avevo sputato tutto addosso sul vestito, non apposta ma perché m’era venuto un vomito da strangolarmi, però lei aveva creduto che gliel’avessi sputato apposta per questo s’era arrabbiata tanto e me ne aveva date quattro di fisse9 sul sedere, e poi mi aveva lasciato solo in camera a piangere al buio per il dolore e la confusione dell’ingiustizia, e dopo quella volta mai più lo dissi quando avevo male, neppure quando mi veniva mal di pancia da morire perché mangiavo troppa minestra di fagioli, mi tenevo i dolori senza dir niente a nessuno per paura dell’olio di ricino, che la mamma si arrabbiasse se non ce la facevo a prenderlo, e ad ogni modo non era solo per paura dell’olio che non insistevo per non farmi comprare le paste o i cioccolatini ma perché erano porcherie che costavano un occhio della testa, così diceva mio padre mentre per me le porcherie erano soltanto quelle che si facevano di nascosto con Lucia Sporca,10 epperciò mi dispiaceva che mio padre chiamasse in tal modo le paste e le altre cose che si vendevano al bar Venezia specie i confettini colorati, però c’erano delle volte in cui in bottega vendevano un cappello di marca e allora andavano a prendere l’americano11 al bar con il cliente, e se c’ero anch’io dovevano pur comprare qualcosa anche a me sebbene toccasse a mio padre pagare, e allora dicevo che volevo una pasta chiamata crema ancorché la coscienza mi consigliasse di dire una caramella che costava di meno, e infatti molte volte dicevo una caramella invece di una crema, e talvolta addirittura niente, perché mio padre mi volesse più bene se dicevo niente.


(Giuseppe Berto, Il male oscuro, Neri Pozza, Vicenza 2016)

Per scriverne

In apertura del romanzo, il narratore scrive che Il male oscuro sarà innanzitutto la «storia della mia lunga lotta col padre». Nelle righe che abbiamo presentato il contrasto si coglie, per così dire, sul nascere: il genitore è un uomo lontano, incomprensibile, di cui non si ricorda il volto, ma i baffi e l’ossessione per la calvizie. Alla mente dell’autore affiorano episodi e frasi pronunciate dal padre: aneddoti minimi che però danno l’idea di un’infanzia difficile. Quali aspetti della narrazione suggeriscono la complessità di questo rapporto? E quali originali modalità stilistiche vengono utilizzate per descriverlo?

Il magnifico viaggio - volume 5
Il magnifico viaggio - volume 5
Dal secondo Ottocento al primo Novecento