Senilità

Senilità

Apparso a puntate nel 1898 in appendice al giornale triestino “L’Indipendente”, il secondo romanzo di Svevo esce in volume alla fine dello stesso anno, sempre a spese dell’autore. Dopo il fallimento dell’esordio, si doveva trattare, secondo le sue intenzioni, di una prova d’appello concessa alla letteratura, l’«ultima speranza»: il libro si risolve invece in un altro fiasco decretato dal silenzio quasi unanime della critica.

Anche Emilio Brentani, come Alfonso Nitti, è un impiegato che coltiva illusioni letterarie: ha pubblicato un romanzo e ne sta scrivendo un altro, che però non riesce a portare a termine. Gli balena di tanto in tanto qualche fantasia, come quella della politica: sente di poter condividere la fede socialista in una società più giusta, ma questa vaga inclinazione svanisce presto, come tutte le altre, nella nebbia dei desideri irrealizzati. Tuttavia non rinuncia alla propria vanità, rappresentandosi come un artista incompreso, che dà lustro a una città che non lo merita.

Attorno a sé, in una spaventosa povertà di amicizie e di affetti, ha soltanto la sorella nubile, Amalia, e lo scultore Stefano Balli, artista privo di talento ma sicuro di sé e pieno di giovanile vitalismo. Emilio, invece, a trentacinque anni ha già l’animo di un vecchio rassegnato, che nel doloroso bilancio della propria esistenza ripensa alla «brama insoddisfatta di piaceri e di amori» e all’«amarezza di non averne goduto».

Per evadere dalla grigia abulia dei suoi giorni, intreccia una relazione con Angiolina, una ragazza povera e di facili costumi, che egli però trasfigura e trasforma, in un gioco mistificatorio con sé stesso, in una creatura letteraria. La gente, che ne conosce la vera natura, la chiama con l’epiteto grossolano di “Giolona”; lui la idealizza come “Ange”, un nome adatto a una fanciulla dello Stilnovo. Le poetiche attenzioni dell’amante non sortiscono però l’effetto sperato: stancatasi ben presto delle vacue e sentimentali moine di Emilio, Angiolina non si fa scrupoli ad amoreggiare ora con l’uno ora con l’altro dei suoi pretendenti.

La sorella di Emilio, abituata anch’essa a una fiacca routine senza passione, è nel frattempo folgorata dall’uomo meno adatto, il dongiovanni Balli. Incapace di manifestare i propri sentimenti, Amalia vive il proprio innamoramento come una debolezza segreta e inconfessabile, consumandosi in una lenta, atroce agonia psichica. Quando Amalia si ammala della polmonite che la porterà alla morte, Emilio scopre in un armadio le boccette di etere con il quale la donna aveva cercato consolazione dal suo amore impossibile.

Dopo la morte della sorella, Emilio torna nel suo stanco grigiore: Angiolina, fuggita a Vienna con il cassiere di una banca, è ormai lontana, un ricordo degli ultimi sussulti di una giovinezza non vissuta. Cancellato ogni desiderio, archiviati errori e inganni, la vita lo condanna a una triste e senile saggezza, senza compensi: «Rinacque in lui l’affetto alla tranquillità, alla sicurezza, e la cura di se stesso gli tolse ogni altro desiderio… Divenne triste, sconsolatamente inerte, ed ebbe l’occhio limpido e intellettuale».

Se in Una vita le velleità di Alfonso Nitti mostravano ancora la pretesa, da parte del personaggio, di riscattare le proprie debolezze, la figura di Emilio Brentani appare quella di un uomo imprigionato nel proprio disagio psicologico, che si guarda vivere mentre, preda di sogni destinati a non avverarsi mai, sperimenta una penosa sfasatura tra sé e la real­tà che lo circonda.

Il protagonista di Una vita, pur essendo uno sconfitto e un nevrotico contemplatore del mondo, presentava ancora nelle sue aspirazioni frustrate qualcosa di romanzesco: e romanzesco, sia pure in modo del tutto illusorio, era stato il suo suicidio, suggerito da certe suggestioni letterarie. Emilio Brentani invece, disincantato e lucido, ha coscienza di essere del tutto privo di qualità: ombra vagante in un’esistenza squallida e grigia, egli proietta il proprio male oscuro tra le pareti asfittiche della casa e dell’ufficio in cui lavora.

I sogni di giovinezza, insomma, a cui Alfonso tentava disperatamente di appigliarsi, sono definitivamente tramontati, scacciati da una malattia incurabile, la “senilità”, vale a dire la rassegnazione passiva dell’uomo che ha smarrito ogni senso di sfida nei confronti della vita, arrendendosi alla miseria e al fallimento.

A differenza di Alfonso, Emilio non si uccide. Troppo cinico per farlo, egli si accontenta della propria apatica tranquillità: per dimenticare gli insuccessi, gli basta voltare pagina e ritornare a chiudersi in sé stesso, convinto fino all’ultimo che le immagini di nobiltà e superiorità morale con cui egli maschera la propria inettitudine corrispondano al vero.

Mentre Alfonso era inserito in una fitta trama di relazioni sociali, Emilio è prigioniero di una solitudine claustrofobica, appena rotta dalla compagnia di un’angusta cerchia di personaggi: l’amante, l’amico, la sorella. In questo quadrilatero di personaggi che incrociano i propri destini, è facile cogliere una doppia polarità: da una parte i deboli sognatori, Emilio e Amalia; dall’altra i forti realisti, Angiolina e Balli, “darwinianamente” più adatti alla vita.

I primi subiscono la vita, affetti dall’inerzia, strozzati dall’ozio e dall’assopimento interiore. I secondi, invece, luminosi ed espansivi, esibiscono sicurezza, spregiudicatezza e una buona dose di vitalismo: la donna (Angiolina), dotata di una certa amorale naturalità, che la porta a vivere la sessualità e la giovinezza senza inibizioni; l’uomo (Balli), capace di riscattare il proprio fallimento artistico con conquiste da donnaiolo impenitente.

La struttura tradizionale del romanzo non viene ancora del tutto archiviata, ma la narrazione, condotta in terza persona, esprime il punto di vista soggettivo del protagonista, che altera la realtà secondo i suoi rassicuranti schemi mentali. La voce narrante però interferisce, spesso con ironia, nella ricostruzione psicologica degli eventi: i suoi commenti rivelano infatti al lettore le menzogne di Emilio, ne smascherano le pietose giustificazioni, palesano i moventi reconditi delle sue azioni.

Anche lo stile segna una netta evoluzione. I residui naturalistici, ancora visibili nel romanzo d’esordio, vengono sostituiti dal ricorso sistematico al monologo interiore e al discorso indiretto libero che trasferiscono i pensieri del personaggio direttamente sulla pagina senza alcuna mediazione.

Il magnifico viaggio - volume 5
Il magnifico viaggio - volume 5
Dal secondo Ottocento al primo Novecento