T4 - Pianto antico

T4

Pianto antico

Rime nuove, 42

Composta nel giugno del 1871, questa poesia è dedicata al figlioletto Dante, morto all’età di tre anni nel novembre dell’anno precedente. Tra l’evento autobiografico e la stesura del testo trascorre un intervallo di pochi mesi: una distanza breve che non impedisce a Carducci di esprimere i propri sentimenti con grande equilibrio e limpidezza.


METRO Ode anacreontica in quartine di settenari (l’ultimo è tronco) con schema di rime ABBC.

L’albero a cui tendevi

la pargoletta mano,

il verde melograno

da’ bei vermigli fior,


5      nel muto orto solingo

rinverdì tutto or ora

e giugno lo  ristora

di luce e di calor.


Tu fior de la mia pianta

10    percossa e inaridita,

tu de l’inutil vita

estremo unico fior,


sei ne la terra fredda,

sei ne la terra negra;

15    né il sol più ti rallegra

né ti risveglia amor.

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DENTRO IL TESTO

I contenuti tematici

Per analizzare questa celebre poesia di Carducci e il tema del dolore che la pervade è necessario partire dal titolo, o meglio ancora dall’aggettivo che vi compare. Il pianto funebre per la perdita dell’amato figlioletto è considerato antico, cioè “di sempre”, inscritto all’interno di un’esperienza umana già amaramente vissuta da molto tempo, in una dimensione della sofferenza non solo individuale, ma condivisa e assimilata dai padri condannati, come lui, contro ogni logica naturale, a seppellire i propri figli.

Non per questo il poeta è indotto a urlare il proprio strazio, poiché il suo animo è troppo sopraffatto dal dolore per poter erompere in un grido. Solo, privo dell’amore più grande, costretto a misurarsi ora con una vita/non vita divenuta arida e insignificante, egli contrappone il proprio buio orizzonte di morte all’eterno moto ciclico della natura e delle sue stagioni, che si manifesta grazie alle immagini, ora di energia e pienezza, ora di morte e silenzio. Il prorompente senso di vitalità emanato dal risveglio primaverile della natura (il verde melograno, i suoi fiori rossi, la mano del bambino protesa a coglierli, la luce e il calore di giugno che inonda il giardino) contrasta con l’ineluttabile violenza che rivela a lui e a tutti gli esseri umani la dura realtà della morte. La perdita, pur straziante, è tuttavia accettata nel silenzio e con dignitosa rassegnazione come una parte fatale della vita umana, ingranaggio del meccanismo della natura in cui tutto muore e ritorna.

Le scelte stilistiche

Pochi mesi sono passati dal lutto che ha sconvolto la vita del poeta; eppure quell’evento è ricordato nella ferma lontananza di un tempo imprecisato (così si spiega il predicato verbale tendevi, v. 1, all’imperfetto). Un senso di indeterminatezza emana infatti dalle prime due strofe della lirica, dominate da una nota di elegiaca tristezza: prima l’aggettivo diminutivo-vezzeggiativo pargoletta (v. 2), poi l’immagine del giardino silenzioso e solitario (muto orto solingo, v. 5) esprimono la vibrante commozione del padre al ricordo del suo bambino.

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La descrizione del melograno fiorito e la vitalità cromatica che unisce i colori dell’albero e dei fiori (verde e vermigli, con significativa allitterazione della v) sono bruscamente interrotte dalle due strofe finali, in cui le notazioni tattili (terra fredda, v. 13) e i colori (terra negra, v. 14) esprimono a livello sensoriale la trasformazione della terra rigogliosa in terra nera, un colore dal chiaro significato sepolcrale.

Anche il ritmo, prima fluido e scorrevole, suggerisce la sofferenza della privazione della gioia, facendosi franto e scandito: la serie di anafore costruite su coppie di monosillabi poste in posizione enfatica, all’inizio dei versi (prima del pronome personale tu, vv. 9 e 11; poi di sei ne la terra, vv. 13 e 14; quindi di , vv. 15 e 16), sigilla con la forza di un disperato singhiozzo lo stato d’animo del poeta, che tenta invano di stabilire un dialogo con il figlioletto e scopre, attraverso il proprio dolore, l’insopprimibile verità della morte che incombe su tutti gli esseri umani.

La semplicità della voce di Carducci e l’apparente immediatezza del lessico non devono trarre in inganno. Anche questi versi, a uno studio più accurato, rivelano la complessità della rete intertestuale presente in tutte le sue poesie. Come ha dimostrato lo studioso Francesco Ursini, citazioni e riprese si susseguono in continuazione: tra le più significative, la pargoletta mano (v. 2) deriva da Tasso (sia quello della Gerusalemme liberata, XII, 31, v. 2, sia quello delle Rime, 924, v. 4 e dell’Aminta, I, 2, v. 65), ma anche da una delle Novelle dello scrittore cinquecentesco Matteo Bandello, tra l’altro affine nel contesto (I, 2); gli aggettivi muto e solingo si ritrovano nella leopardiana Vita solitaria («Me spesso rivedrai solingo e muto», v. 104). Altri echi ancora si colgono: dello stesso Leopardi, di Vincenzo Monti e di Dante (il v. 15, né il sol più ti rallegra, ricorda il v. 122 del canto VII dell’Inferno: «ne l’aere dolce che dal sol s’allegra»).

VERSO LE COMPETENZE

Comprendere

1 Fai la parafrasi del testo.

ANALIZZARE

2 Il lessico della poesia è fortemente connotato, come si comprende dal pargoletta (v. 2) riferito alla mano del bambino. Individua tutti gli aggettivi presenti nel testo e precisa quali sfumature simboliche assumono a tuo giudizio.


3 Quale nesso intercorre tra l’esistenza del poeta e l’immagine della pianta rifiorita al sole di giugno?


4 Elenca le notazioni cromatiche e tattili presenti nel testo che rimandano ai campi semantici contrapposti della vita e della morte.


Vita

Morte

Termini cromatici





Termini tattili






5 In questa poesia Carducci evidenzia la sua concezione materialistica dell’esistenza umana. Quali elementi suggeriscono questa visione della vita?

INTERPRETARE

6 In che modo il ritmo lento e pausato del componimento rimanda allo stato d’animo che vi aleggia?

sviluppare il lessico

7 Associa ai termini aulici usati nel componimento un sinonimo di registro medio oltre a quello suggerito nelle note.

  • a pargoletta .......................................................................
  • b ristorare............................................................................
  • c vermiglio......................................................................
  • d percosso...........................................................................
  • e solingo..............................................................................

scrivere per...

esporre

8 Nelle sue prime redazioni, la lirica appariva senza titolo, solo preceduta da due versi greci tratti da un epitaffio attribuito al poeta Mosco (II secolo a.C.), che piangeva la morte del maestro, scrivendo che le piante «rivivono, e rinascono un altr’anno […]. Or tu sotterra in tenebroso loco sempre muto starai». Spiega il legame tra questi versi e il contenuto della poesia di Carducci in un testo espositivo di circa 10 righe.

Il magnifico viaggio - volume 5
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Dal secondo Ottocento al primo Novecento