La novella che presentiamo è tratta dalla raccolta Chiaroscuro (1912), un volume importante nel percorso artistico di Grazia Deledda, in quanto segna il parziale superamento dei moduli tardoromantici e veristi, con un più deciso accostamento al gusto decadente. Il racconto di un vecchio sardo rievoca un’esperienza traumatica, ancora segnata dal senso di colpa.
T3 - Un grido nella notte
T3
Un grido nella notte
Chiaroscuro
DENTRO IL TESTO
I contenuti tematici
La moglie di ziu Taneddu, Franzisca, sembra essere impazzita a causa del senso di colpa: se avesse risposto al grido di Anghelu Pinna, accorrendo in suo aiuto, forse il ragazzo non sarebbe morto dissanguato (io vivevo senza amore del prossimo e non ho ascoltato il grido di chi moriva, rr. 121-122). La sua visione dei morti che ballano dentro la chiesa e che la costringono a partecipare alla macabra danza viene appunto interpretata da Taneddu, in modo rassicurante, come un delirio (Sì, uccellini, […] mia moglie delirava, r. 131). Tuttavia, il ritrovamento di un mucchio di lana scardassata (r. 134) davanti alla porta della chiesa rappresenta un particolare inquietante, interpretabile come una prova della veridicità dell’esperienza riferita dalla donna.
Le scelte stilistiche
Nella novella è possibile cogliere i tratti peculiari dell’ispirazione artistica della Deledda: da una parte una rappresentazione dai contorni realistici, erede della tradizione regionalistica verista; dall’altra il senso di inquietudine che attraversa la narrazione, più vicino alla sensibilità decadente. In realtà, come si è detto, il Verismo deleddiano è più formale che sostanziale: nel quadretto che raffigura i tre vecchi seduti sulla panchina a raccontare storie, infatti, è ravvisabile un intento bozzettistico più che la volontà di proporre una descrizione realistica; analogamente, nel racconto di ziu Taneddu la descrizione dell’ambiente sardo e dei suoi tipi, resi con un’attitudine folclorica, non risponde a un intento documentario, dando piuttosto vita a un’atmosfera magica e fiabesca. Più che da Verga e dagli altri maestri del Verismo, infatti, la Deledda è influenzata dal gusto per il barbaro e per il primitivo del primo d’Annunzio (quello di Terra vergine e delle Novelle della Pescara); di qui l’attenzione della scrittrice per gli aspetti selvaggi, passionali e patriarcali della sua Sardegna e, sul piano dello stile, una tensione favolistica che trasfigura in chiave fantastica le espressioni concrete della vita popolare, interpretate più alla luce di una visione magica dell’esistenza che con gli occhi della Storia.
VERSO LE COMPETENZE
Comprendere
1 Come viene descritto, all’inizio, il carattere di Franzisca? In seguito a quale fatto esso muta radicalmente?
2 Con quale argomento Taneddu cerca di consolare la moglie? Perché lei non gli crede?
3 Perché il ritrovamento di un mucchio di lana scardassata (r. 134) davanti alla porta della chiesa di San Cosimo potrebbe essere la prova della veridicità del ballo dei morti riferito da Franzisca?
ANALIZZARE
4 Individua le similitudini e le metafore presenti nella novella. A quale campo semantico appartengono?
5 Come definiresti il tessuto lessicale del testo? Più letterario o più gergale? In che modo queste due componenti entrano qui in reciproca relazione?
6 Individua nel racconto di ziu Taneddu le espressioni che contribuiscono a conferirgli un tono colloquiale.
INTERPRETARE
7 I racconti e i romanzi di Grazia Deledda narrano spesso di passioni forti e distruttive. In quali elementi della trama di questa novella possiamo cogliere tale aspetto?
8 Il motivo tipicamente deleddiano della colpa non riguarda solo Franzisca ma, come si scopre alla fine del testo, anche Taneddu. Tuttavia, tale senso di colpa è vissuto dai due personaggi in modo radicalmente diverso e con conseguenze opposte. Perché?
scrivere per…
argomentare
9 In quale personaggio, secondo te, si rispecchia maggiormente l’autrice? Rispondi in un testo argomentativo di circa 20 righe.
Il magnifico viaggio - volume 5
Dal secondo Ottocento al primo Novecento