T2 ANALISI ATTIVA - Il peccato di don Paulo

T2

Il peccato di don Paulo

La madre

Un giovane prete, don Paulo, si prepara a uscire di casa nel cuore della notte. Pensa di non essere visto da nessuno, ma la madre, che vive con lui, se ne accorge e decide di seguirlo di nascosto. Riportiamo alcune delle pagine iniziali del romanzo La madre, che il critico Emilio Cecchi definì «un’altra, ma anche più nera, delle […] pitture tutte in nero» di Grazia Deledda.

Anche quella notte, dunque, Paulo si disponeva ad uscire.
La madre, nella sua camera attigua a quella di lui, lo sentiva muoversi furtivo,
aspettando forse, per uscire, ch’ella spegnesse il lume e si coricasse.
Ella spense il lume ma non si coricò.
5      Seduta presso l’uscio si stringeva una con l’altra le sue dure mani di serva, ancora
umide della risciacquatura delle stoviglie, calcando1 i pollici uno sull’altro per farsi
forza; ma di momento in momento la sua inquietudine cresceva, vinceva la sua ostinazione
a sperare che il figlio s’acquetasse, che, come un tempo, si mettesse a leggere
o andasse a dormire. Per qualche minuto, infatti, i passi furtivi del giovane prete
10    cessarono: si sentiva solo, di fuori, il rumore del vento accompagnato dal mormorio
degli alberi del ciglione dietro la piccola parrocchia: un vento non troppo forte ma
incessante e monotono che pareva fasciasse la casa con un grande nastro stridente,
sempre più stretto, e tentasse sradicarla dalle sue fondamenta e tirarla giù.
La madre aveva già chiuso la porta di strada con due spranghe incrociate, per
15    impedire al diavolo, che nelle notti di vento gira in cerca di anime, di penetrare in
casa:2 in fondo però credeva poco a queste cose, e adesso pensava con amarezza, e
con vaga derisione verso se stessa, che lo spirito maligno era già dentro la piccola
parrocchia; che beveva alla brocca del suo Paulo e si aggirava intorno allo specchio
di lui appeso accanto alla finestra.
20    Ecco che infatti Paulo si muoveva di nuovo; forse era appunto davanti allo
specchio, sebbene ai preti ciò non sia permesso.3 Ma che cosa non si permetteva
Paulo, da qualche tempo in qua?
La madre ricordava di averlo spesso sorpreso, in quegli ultimi tempi, a specchiarsi
a lungo come una donna, a pulirsi e lucidarsi le unghie, a spazzolarsi i capelli
25    che si tirava in su dopo averli lasciati crescere, quasi cercando di nascondere
il sacro segno della tonsura.4
Egli poi usava dei profumi, si puliva i denti con polveri odorose e si passava il
pettine persino sulle sopracciglia…
Le sembrava di vederlo, adesso, come se la parete divisoria si fosse spaccata:
30    nero sullo sfondo della sua camera tutta bianca, alto, fin troppo alto, dinoccolato,
andava e veniva col suo passo distratto di ragazzo, inciampando e scivolando
spesso, ma tenendosi sempre in equilibrio. Aveva la testa un po’ grossa sul collo
sottile, e il viso pallido oppresso dalla fronte prominente che pareva costringesse
le sopracciglia ad aggrottarsi per lo sforzo di reggerla e gli occhi lunghi a star socchiusi;
35    mentre le mandibole forti, la bocca grande e carnosa e il mento duro parevano
a loro volta ribellarsi con sdegno a questa oppressione, senza però potersene
liberare.
Ma ecco che egli si fermava davanti allo specchio, e tutto il suo viso diventava
luminoso perché le palpebre si sollevavano e nella trasparenza degli occhi castanei
40    la pupilla raggiava come un diamante.
La madre si compiaceva, in fondo, nel suo cuore di madre, a vederlo così, bello
e forte; quando il passo furtivo di lui la richiamò alla sua pena.
Egli usciva, non c’era più dubbio, usciva. Aprì l’uscio della sua camera. Si fermò
di nuovo. Forse tendeva anche lui l’orecchio ai rumori intorno. Solo il vento
45    continuava a sbattersi contro la casa.
La madre tentò di alzarsi, di gridare.
«figlio, Paulo, creatura di Dio, fermati».
Ma una forza superiore alla sua volontà fermava lei. Le ginocchia tremavano,
come cercando di ribellarsi a quella forza infernale: le ginocchia tremavano, ma i
50    piedi non volevano muoversi; era come se due mani possenti li fermassero al
pavimento.
Così il suo Paulo poté scendere silenzioso la scaletta, aprire la porta e andarsene:
il vento parve portarselo via d’un colpo.
Solo allora ella riuscì ad alzarsi, a riaccendere il lume, ma anche questo con
55    difficoltà, perché gli zolfanelli lasciavano lunghe scie di luce violetta sul muro
ov’ella li sfregava ma non si accendevano.
Finalmente la piccola lucerna d’ottone sparse un velo di luce nella cameretta
nuda e povera come quella di una serva, ed ella aprì l’uscio e si sporse, ascoltando.
Tremava; eppure si muoveva tutta d’un pezzo, dura, legnosa, con la testa grossa sul
60    corpo bassotto e forte che, rivestito d’un panno nero scolorito, pareva ritagliato a
colpi di scure dal tronco d’un rovere.
Dall’alto del suo uscio ella vedeva la scaletta di ardesia, ripida fra le pareti
bianche, e in fondo la porta che il vento scuoteva sui cardini. Vide le stanghe levate
da Paulo appoggiate al muro, e fu presa da un impeto d’ira.
65    No, voleva vincere il demonio. Depose il lume sull’alto della scaletta, scese e
uscì anche lei.
Il vento la investì con violenza, gonfiandole il fazzoletto e le vesti; pareva
volesse costringerla a rientrare: ella si legò forte il fazzoletto sotto il mento, e
procedé a testa bassa come per dar di cozzo all’ostacolo:5 così rasentò la facciata
70    della parrocchia, il muro dell’orto e la facciata della chiesa: arrivata all’angolo di
questa, si fermò. Paulo aveva svoltato di là e attraversava quasi di volo, come un
grande uccello nero, con le falde del mantello svolazzanti, il prato che si stendeva
davanti ad una casa antica addossata quasi al ciglione che chiudeva l’orizzonte
sopra il villaggio.
75    Il chiarore ora azzurro ora giallo della luna travolta da grandi nuvole in corsa
illuminava il prato erboso, la piazzetta sterrata davanti alla chiesa e alla parrocchia,
e due file di casupole serpeggianti ai due lati d’una strada in pendìo che
andava a perdersi fra le macchie della vallata. E in mezzo a questa appariva, come
un’altra strada grigia e tortuosa, il fiume che a sua volta andava a confondersi tra
80    i fiumi e le strade del paesaggio fantastico che le nuvole, spinte dal vento, componevano
e scomponevano ogni tanto sull’orizzonte allo sbocco della valle.
Nel paesetto già più non si vedeva un lume, un filo di fumo. Dormivano, le
povere casette arrampicate come due file di pecore su per la china erbosa, all’ombra
della chiesetta che col suo esile campanile, riparato a sua volta sotto il ciglione,
85    pareva il pastore appoggiato al suo vincastro.6
Gli ontani in fila davanti al parapetto della piazza della chiesa, si sbattevano
furiosi al vento, neri e sconvolti come mostri; al loro fruscìio rispondeva il lamento
dei pioppi e dei canneti della valle: e a tutto quel dolore notturno, all’ansito7
del vento e al naufragare della luna fra le nuvole, si confondeva l’angoscia agitata
90    della madre che inseguiva il figlio.
Fino a quel momento ella s’era illusa nella speranza di vederlo scendere al
paesetto per visitare qualche malato: eccolo invece che correva come trasportato
dal diavolo verso la casa antica sotto il ciglione.
E nella casa antica sotto il ciglione non c’era che una donna sana, giovine e
95    sola…
Ed ecco che, invece di dirigersi alla porta come un semplice visitatore, egli
andava dritto alla porticina dell’orto e questa si apriva e si chiudeva dietro di lui
come una bocca nera che lo ingoiasse.
Allora anche lei si slanciò attraverso il prato, quasi seguendo il  solco fra l’erba
100  lasciato da lui, fino alla porticina contro la quale puntò le mani aperte spingendo
con tutta forza.
La porticina non cedette: anzi aveva come una forza di repulsione: e la donna
ebbe voglia di percuoterla, di gridare; guardò in su e palpò il muro come per
provarne la resistenza: infine, disperata, tese l’orecchio; ma si udiva solo il fruscìo
105  degli alberi dell’orto, che, anch’essi amici e complici della loro padrona, pareva:
volessero col loro8 coprire ogni altro rumore intorno.
La madre però voleva vincer lei, voleva sentire, sapere… O meglio, poiché in
fondo all’anima sapeva già la verità, voleva illudersi ancora d’ingannarsi.
Senza cercare oltre di nascondersi, andò lungo il muro dell’orto, lungo la facciata
110  della casa, e più giù ancora, fino al portone del cortile: e palpava le pietre
come cercandone una che cedesse, che lasciasse un buco per entrare.
Tutto era solido, compatto, chiuso: il portone, la porta, le finestre munite d’inferriata,
parevano le aperture d’una fortezza. […]
Ella tornò indietro, rasentando con la testa gli anelli di ferro infìssi nel muro per
115  legarvi i cavalli: si fermò di nuovo davanti alla porta, e d’un tratto, davanti a quella
porta alta su tre scalini di granito, riparata sotto un arco gotico e listata di ferro, si
sentì umiliata, impotente a vincere, più piccola di quando bambina s’indugiava lì
con gli altri ragazzi poveri del paesetto aspettando che il padrone uscisse e buttasse
loro qualche soldo.
 >> pagina 656

ANALISI ATTIVA

I contenuti tematici

Notando che il figlio, in maniera inusuale, si abbandona a una cura di sé che sconfina nella vanità, la madre di don Paulo intuisce il motivo che spinge il prete ventottenne alla sortita notturna: ad aspettarlo c’è una donna sana, giovine e sola (rr. 94-95). A poco serve per lei cercare di illudersi: è evidente che il figlio sta tradendo la promessa di castità legata al sacerdozio. La madre, in preda all’angoscia, lo segue. Vorrebbe impedire il peccato di Paulo, salvarlo dall’abiezione nella quale sta per cadere, ma di fronte alla forza del male sente di essere impotente: è come trattenuta da una forza infernale (r. 49), da una forza superiore alla sua volontà (r. 48).

Il brano è attraversato da diversi temi e motivi tipici della narrativa della Deledda: la lotta tra lo spirito e la carne, la suggestione mistica e la seduzione della sensualità, la paura ma anche il fascino del peccato, il senso del dovere e il peso della colpa. La descrizione della notte ventosa e demoniaca accentua il senso di cupa fatalità dell’“errore” a cui don Paulo sta andando incontro.

1. Riassumi il contenuto del brano in circa 10 righe, limitandoti ai dati oggettivi e trascurando la lettura soggettiva e volutamente poco realistica offerta dalla scrittrice.


2. Individua nel testo i riferimenti alle dimensioni del male e del demoniaco.

La vera protagonista del brano e dell’intero romanzo è, sin dal titolo dell’opera, la madre, della quale si indagano la condizione interiore, gli stati d’animo e i tormenti. Nella sua visione – che è quella di una Sardegna rurale e arcaica, con le sue severe norme etiche e sociali – il cedimento al richiamo dei sensi da parte del figlio e il suo desiderio di una relazione con una donna corrispondono al tradimento della sua missione religiosa e della sua stessa identità di prete.

Le parole che, più avanti nel romanzo, le rivolgerà il fantasma, venuto dall’inferno, del vecchio parroco di Aar (il quale la invita a rassegnarsi e a lasciare che Paulo segua il suo destino) sono per lei inaccettabili: «Il Paradiso è in terra». Perciò essa respinge con fermezza quella visione: il suo orizzonte ideale rimarrà immutato e il suo obiettivo sarà quello di salvare il figlio dal baratro del peccato.

3. Qual è l’indizio certo, nel comportamento del sacerdote, che il motivo per cui egli sta facendo visita ad Agnese è poco onesto?


4. Elenca i comportamenti e i pensieri della madre di don Paulo descritti nel brano.

Le scelte stilistiche

Anche in questo brano, come nel precedente, la natura sembra animata da misteriose presenze. In particolare la narratrice si sofferma qui sul vento. È lo stesso vento il quale, una volta che la donna è uscita di casa per seguire il figlio, la investe con violenza, gonfiandole il fazzoletto e le vesti; pareva volesse costringerla a rientrare (rr. 67-68). Sembra dunque che la natura possieda una propria autonoma volontà, che si contrappone a quella degli esseri umani. Al tempo stesso, però, la condizione atmosferica pare per certi versi anche accordarsi allo stato d’animo dei personaggi.

5. Di che cosa sembra essere simbolo qui il vento?


6. Trova nel testo esempi di una raffigurazione umanizzata degli elementi naturali.

Il magnifico viaggio - volume 5
Il magnifico viaggio - volume 5
Dal secondo Ottocento al primo Novecento