2 - Il peso del destino

2 Il peso del destino

I temi e i toni drammatici della narrativa deleddiana – letti un tempo come la reazione di una sensibilità verista di fronte alla crisi socioeconomica che, sul finire dell’Ottocento, dà inizio alla dissoluzione della società tradizionale sarda sotto i colpi dell’avanzante industrializzazione – vanno piuttosto attribuiti a una visione esistenziale tragica e religiosa. Se l’autrice ha insistito tanto a lungo su modi solo in apparenza veristi, è perché in quella direzione si attardava la moda letteraria del tempo; nel corso del Novecento, essa cercherà invece di adattarsi alle mutate esigenze del gusto.

Il già citato Cosima contiene in sintesi tutta l’ideologia poetica cara alla scrittrice sarda. Vi domina terribile, con compiaciuta insistenza, il suo pensiero primordiale: «La vita segue il suo corso fluviale, inesorabile: vi sono tempi di calma e tempi torbidi, a cui nulla può mettere riparo: e invano si tenta di arginarla, di mettersi anche di traverso nella corrente per impedire che altri ne venga travolto. Forze occulte, fatali, spingono l’uomo al bene o al male; la natura stessa, che sembra perfetta è sconvolta dalle violenze di una sorte ineluttabile». Per questo si può affermare che il fatalismo è il sentimento viscerale più forte dei personaggi deleddiani. Essi accettano gli eventi negativi e addirittura tragici dell’esistenza, poiché sono convinti che l’uomo non possa mutare ciò che il destino ha stabilito per loro. La statura morale dell’essere umano si misura semmai sulla sua capacità di accettazione della sorte assegnatagli, nel suo piegarsi, umile e docile, come una canna al soffio del vento.

Spesso nella narrativa della scrittrice al motivo del destino è associato quello della colpa: nella religiosità deleddiana, il destino finisce così con il confondersi con la volontà di Dio. In Canne al vento Efix è il personaggio che rappresenta più compiutamente tale visione del mondo, nella quale la concezione pagana (del destino) e quella cristiana (della Provvidenza) si intrecciano e si confondono su un piano di sostanziale sincretismo: «Non voleva, a sua volta, forzare la sorte, e pensava ch’era peccato cercare di opporsi ai voleri della provvidenza. Bisogna abbandonarsi a lei, come il seme al vento. Dio sa quel che fa».

Tuttavia a un mondo del peccato e del male, sentito come fatalità, e rappresentato con accenti cupi, si accompagna o piuttosto si contrappone, nell’opera di Grazia Deledda, un’ansia di liberazione e di riscatto che trova espressione soprattutto nella dimensione del sogno, nel vagheggiamento di una possibile evasione e nella rappresentazione idillica e romantica del paesaggio.

Il magnifico viaggio - volume 5
Il magnifico viaggio - volume 5
Dal secondo Ottocento al primo Novecento