Grazia Deledda

I GRANDI TEMI

1 La Sardegna arcaica

Scriveva una giovane Grazia Deledda: «Avrò tra poco vent’anni; a trenta voglio aver raggiunto il mio radioso scopo quale è quello di creare da me sola una letteratura completamente ed esclusivamente sarda» (lettera a Maggiorino Ferraris, 1890). Effettivamente ci sarebbe riuscita: tramite il suo lavoro artistico, la Sardegna sarebbe entrata a far parte dell’immaginario europeo.

La narrativa della Deledda muove in effetti dal Verismo a fondo regionale e folcloristico: cronache e leggende paesane, storie di passioni elementari e di esseri primitivi costituiscono il materiale di fondo delle sue prove narrative. I personaggi dei suoi primi racconti e romanzi sono i servi pastori delle  tancas, i garzoni delle remote fattorie alle falde del Gennargentu o dell’Ortobene, le operose massaie del Nuorese.

La scrittrice inizia infatti «il suo percorso di formazione nella temperie culturale e morale tipica del villaggio, del microcosmo antropologicamente connotato, con proprie lingue, propri saperi, proprie consuetudini», muovendo «i primi passi dentro una comunità educante i cui tipi, miti e archetipi» diventano per lei quasi subito «fonte di ispirazione e oggetto inesauribile di scrittura» (Manca). Lei stessa, rievocando gli anni della sua formazione, ebbe modo di affermare in un’intervista del 1933: «Ho vissuto coi venti, coi boschi, colle montagne. Ho guardato per giorni, mesi ed anni il lento svolgersi delle nuvole sul cielo sardo. Ho mille e mille volte poggiato la testa ai tronchi degli alberi, alle pietre, alle rocce per ascoltare la voce delle foglie, ciò che dicevano gli uccelli, ciò che raccontava l’acqua corrente. Ho visto l’alba e il tramonto, il sorgere della luna nell’immensa solitudine delle montagne, ho ascoltato i canti, le musiche tradizionali e le fiabe e i discorsi del popolo». Per poi aggiungere: «Così si è formata la mia arte, come una canzone, o un motivo che sgorga spontaneo dalle labbra di un poeta primitivo».

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Fin quasi ai trent’anni, del resto, l’autrice aveva vissuto in un mondo in cui superstizione e magia, lungi dall’essere demonizzati (come accade nei contesti urbano-industriali), facevano parte dell’orizzonte quotidiano, all’interno del quale erano pienamente accettate e assorbite. Nell’ambito delle ricerche etnografiche condotte per la “Società italiana del folklore” Grazia Deledda aveva raccolto e studiato molti usi e costumi del Nuorese, con una particolare attenzione ai rituali magici. In un suo articolo intitolato Magie e incantesimi si legge di preti che evocavano diavoli per farsi da loro servire e di sacerdoti che erano anche un po’ maghi, capaci com’erano – nella credenza comune – di disperdere le cavallette, i bruchi, gli insetti e di annientare le epidemie e le pestilenze.

La Sardegna arcaica della Deledda è un ambiente barbarico in cui domina una spiccata tendenza al meraviglioso e al miracolistico. Ponendosi a cavallo tra Verismo e Decadentismo, del resto, l’arte della scrittrice è difficile da collocare in modo univoco nel panorama letterario italiano. Le stesse definizioni di autrice verista o decadente sono problematiche; da una parte, infatti, l’interesse per il folclore e il regionalismo sembra essere l’espressione, più che di un approccio verista, di un romanticismo di fondo, che mira a una rappresentazione lirica di ambienti, paesaggi e personaggi, raffigurati in modo pittoresco e stilizzato come parte di un mondo primitivo e favoloso; sull’altro versante, il suo lirismo deriva da una concezione della vita intrisa di superstizione, religione e senso della magia.

Nell’ultima fase della sua produzione, Grazia Deledda presenta la Sardegna come una sorta di luogo archetipico: la terra del mito diventa metafora di una condizione esistenziale, quella “primitiva”, che la cultura del Novecento cercherà di recuperare come soluzione all’angoscia e al disagio derivanti dal difficile rapporto con la società industriale e dalle conseguenze del progresso scientifico.

Il magnifico viaggio - volume 5
Il magnifico viaggio - volume 5
Dal secondo Ottocento al primo Novecento