Le opere del periodo della "bontà"
Giovanni Episcopo e L’innocente
Pubblicati nel 1892, entrambi i romanzi sono incentrati sul motivo della colpa e del castigo, che d’Annunzio rielabora a partire dalla lettura dei capolavori russi di Lev Tolstoj e Fëdor Dostoevskij.
Poema paradisiaco
La raccolta, edita nel 1893, è divisa in 3 sezioni: Hortus conclusus (Giardino chiuso), Hortus larvarum (Giardino delle larve) e Hortulus animae (Piccolo giardino dell’anima). Il tema del giardino (richiamato già dal titolo: paràdeisos in greco significa appunto “giardino”) allude al ritorno alla natura e alla purezza degli affetti semplici, ricercati in questa fase dal poeta.
Come capita sempre nella produzione dannunziana, e qui in modo particolare, occorre però fare attenzione a questa esibita ricerca di purezza. L’intento di rientrare in un paradiso di semplicità e di pace, in contrasto con il tumulto dei sensi in cui lo scrittore ha consumato la giovinezza, è infatti dichiarato con accenti retorici troppo scoperti per non rivelarne l’ambiguità: d’Annunzio in realtà è ben lontano dal rinunciare al proprio estetismo e alla propria abilità di sperimentatore di stili ed emozioni.
L’estetismo dannunziano, cioè, non entra davvero in crisi, ma introduce un’ulteriore aggiunta all’esplorazione dell’esistenza. Il tono elegiaco e l’atmosfera stanca e malinconica che si colgono in queste pagine non cancellano dunque il sospetto della falsità: il poeta è pronto di nuovo a cambiare maschera e, mentre recita un inno alla fratellanza e ai buoni sentimenti, sta già preparando il campo a una nuova versione di sé stesso, quella del superuomo, seguace (a modo suo) di Wagner e di Nietzsche.
T4
Consolazione
Poema paradisiaco
Nel Poema paradisiaco troviamo un d’Annunzio apparentemente diverso rispetto a quello della produzione poetica precedente, caratterizzata da temi scandalosi nonché da un linguaggio estremamente aulico e raffinato. Qui il poeta ricerca un sermo prosaico in contrasto con le leziose preziosità dell’esteta: un’atmosfera languida e nostalgica avvolge l’io lirico che dopo tanti stravizi torna nei panni del “pentito” alla salvifica casa natale, per ricercarvi la purezza e l’innocenza perdute. Consolazione, composta nel gennaio del 1891, costituisce l’esempio più noto e riuscito di questa raccolta, destinato a essere apprezzato dai poeti cosiddetti “Crepuscolari” d’inizio Novecento, che ne imiteranno il tono prosastico e lo stile stanco e dimesso.
Non pianger più. Torna il diletto figlio
a la tua casa. È stanco di mentire.
Vieni, usciamo. Tempo è di rifiorire.
Troppo sei bianca: il volto è quasi un giglio.
5 Vieni; usciamo. Il giardino abbandonato
serba ancóra per noi qualche sentiero.
Ti dirò come sia dolce il mistero
che vela certe cose del passato.
Ancóra qualche rosa è ne’ rosai,
10 ancóra qualche timida erba odora.
Ne l’abbandono il caro luogo ancóra
sorriderà, se tu sorriderai.
Ti dirò come sia dolce il sorriso
di certe cose che l’oblìo afflisse.
15 Che proveresti tu se ti fiorisse
la terra sotto i piedi, all’improvviso?
Tanto accadrà, ben che non sia d’aprile.
Usciamo. Non coprirti il capo. È un lento
sol di settembre, e ancor non vedo argento
20 su ’l tuo capo, e la riga è ancor sottile.
Perché ti neghi con lo sguardo stanco?
La madre fa quel che il buon figlio vuole.
Bisogna che tu prenda un po’ di sole,
un po’ di sole su quel viso bianco.
25 Bisogna che tu sia forte; bisogna
che tu non pensi a le cattive cose...
Se noi andiamo verso quelle rose,
io parlo piano, l’anima tua sogna.
Sogna, sogna, mia cara anima! Tutto,
30 tutto sarà come al tempo lontano.
Io metterò ne la tua pura mano
tutto il mio cuore. Nulla è ancor distrutto.
Sogna, sogna! Io vivrò de la tua vita.
In una vita semplice e profonda
35 io rivivrò. La lieve ostia che monda
io la riceverò da le tue dita.
Sogna, ché il tempo di sognare è giunto.
lo parlo. Di’: l’anima tua m’intende?
Vedi? Ne l’aria fluttua e s’accende
40 quasi il fantasma d’un april defunto.
Settembre (di’: l’anima tua m’ascolta?)
ha ne l’odore suo, nel suo pallore,
non so, quasi l’odore ed il pallore
di qualche primavera dissepolta.
45 Sogniamo, poi ch’è tempo di sognare.
Sorridiamo. E la nostra primavera,
questa. A casa, più tardi, verso sera,
vo’ riaprire il cembalo e sonare.
Quanto ha dormito, il cembalo! Mancava,
50 allora, qualche corda; qualche corda
ancóra manca. E l’ebano ricorda
le lunghe dita ▶ ceree de l’ava.
Mentre che fra le tende scolorate
vagherà qualche odore delicato,
55 (m’odi tu?) qualche cosa come un fiato
debole di viole un po’ passate,
sonerò qualche vecchia aria di danza,
assai vecchia, assai nobile, anche un poco
triste; e il suon sarà velato, fioco,
60 quasi venisse da quell’altra stanza.
Poi per te sola io vo’ comporre un canto
che ti raccolga come in una cuna,
sopra un antico metro, ma con una
grazia che sia vaga e negletta alquanto.
65 Tutto sarà come al tempo lontano.
L’anima sarà semplice com’era;
e a te verrà, quando vorrai, leggera
come vien l’acqua al cavo de la mano.
DENTRO IL TESTO
I contenuti tematici
Il giardino appassito, le viole sfatte, le stanze vuote, le tende scolorate (v. 53), un vecchio cembalo: sono piccole cose abbandonate ad accogliere il poeta, figliol prodigo atteso dalla madre ormai pallida e sfiorita. Una stagione ambigua e velata sembra complice di questo ritorno al nido familiare: è settembre, sì, ma l’aria ha la molle dolcezza della primavera, benché di una primavera dissepolta (v. 44) e di un april defunto (v. 40). Ovunque campeggiano segni di morte, trame di oggetti consunti che ricordano il precipitare lento delle cose e dei ricordi verso il nulla: il recupero dell’innocenza che l’io lirico insegue, promettendo alla madre di tornare buono e pio dopo tante falsità e ipocrisie, si scontra con il dilagare della decadenza e con i simboli di disfacimento che pervadono il componimento.
È possibile dunque rifiorire davvero? Ora che la città, la mondanità e le sue tentazioni sono lontane, c’è da credere alla conversione spirituale del poeta? Le allusioni religiose estetizzanti ci inducono a sospettare della sincerità di questa regressione all’infanzia: la madre assume la finzione di sacerdotessa di un rito; è lei che offre al figlio la comunione di un’ostia rigeneratrice. Ma tra i due, in realtà, non c’è dialogo: il poeta, che le assicura di essere cambiato (e per questo, le chiede di non pensare più a le cattive cose, v. 26), le domanda se lo sta capendo (Di’: l’anima tua m’intende?, v. 38), ascoltando (di’, l’anima tua m’ascolta?, v. 41) o almeno sentendo (m’odi tu?, v. 55). In fondo, la presenza della donna è eterea, forse solo immaginata (è un’anima, v. 29, più che una creatura in carne e ossa), mentre piano piano la figura dell’io poetico, in un primo momento distanziata dalla terza persona, diventa l’unico elemento dominante (io parlo, v. 28; Io metterò, v. 31; Io vivrò, v. 33).
Il miracolo – egli ci dice – alla fine si compirà: il rito della purificazione avverrà per mezzo dell’acqua che monda i peccati, secondo una precisa simbologia liturgica e sacramentale. Ma la cerimonia della rinascita non può che essere officiata con i soli strumenti che d’Annunzio conosce e sublima: la parola, la musica (grazie al cembalo, memoria del clima domestico che fu) e la poesia, prodotta da una grazia che sia vaga e negletta alquanto (v. 64).
Le scelte stilistiche
Come il contenuto, anche l’aspetto formale del testo ha molto di ambiguo. L’abbassamento di tono e di registro è ottenuto attraverso molteplici espedienti: la quotidianità del lessico, il ritmo colloquiale scandito da frasi brevissime e dalla punteggiatura che interrompe il fluire del discorso, l’ossessiva presenza delle figure di ripetizione come anafore (vv. 3-5; vv. 7-13; vv. 9-10; vv. 30-32; vv. 33-37) e anadiplosi (vv. 23-24; vv. 28-29; vv. 29-30) che danno al componimento l’andamento della cantilena, la frequenza delle interrogazioni e delle forme esortative (Non pianger più, v. 1; Vieni, usciamo, vv. 3 e 5; Sogna, sogna!, v. 33; Sogniamo, v. 45; Sorridiamo, v. 46), le forti pause che spezzano il verso in diversi periodi conferendo all’endecasillabo il ritmo modesto della conversazione.
Questi artifici tuttavia non sono l’effetto di una poetica spontanea o immediata: al contrario, essi sono il frutto di una tecnica finalizzata a generare una melodia estenuata che trasmetta la sensazione di una voluttuosa convalescenza. Le continue riprese, le simmetrie e i parallelismi rintracciabili nella lirica (dal pallore della madre, su cui il poeta indugia nella prima e nella sesta strofa, all’insistenza sul tema della rinascita, che innerva tutto il componimento) contribuiscono a creare un’atmosfera di malìa e di arcano sortilegio: la bontà e l’innocenza sono immersi – inevitabilmente – nella dimensione, favolosa ma anche fittizia, della letteratura. Al potere dell’arte d’Annunzio non rinuncia neanche ora.
VERSO LE COMPETENZE
COMPRENDERE
1 Qual è il significato del titolo?
2 Riassumi il componimento in 10 righe.
Analizzare
3 L’aggettivo dolce è ripetuto due volte, a poca distanza, al v. 7 e al v. 13, prima a definire il mistero e poi il sorriso. In entrambi i casi, quale figura retorica riconosci e quale funzione essa svolge?
4 Come abbiamo indicato in nota, l’ebano (v. 51) sta a indicare i tasti neri del cembalo. Quale figura retorica usa in questo caso d’Annunzio?
- a Personificazione.
- b Metonimia.
- c Metafora.
- d Analogia.
5 Il testo presenta un numero cospicuo di enjambement, ma quello che trovi ai vv. 63-64 è davvero particolare. Perché?
6 Insieme ai termini più quotidiani e dimessi che caratterizzano il lessico della poesia, compaiono anche vocaboli più preziosi. Quali sono e quali effetti determinano?
7 Individua le espressioni che conferiscono al componimento sfumature funebri.
8 Quali scelte espressive vengono privilegiate dal poeta nel comporre l’immagine materna?
9 Un altro motivo centrale della poesia è il ricordo. Quali immagini rimandano al passato del poeta?
Interpretare
10 Che cosa significa, a tuo giudizio, che l’io lirico è stanco di mentire (v. 2)?
11 Il suono del cembalo che il poeta promette di usare sarà così poco percettibile che parrà giungere da quell’altra stanza (v. 60). Che cosa sta a significare questa metafora?
12 Nella penultima quartina è possibile leggere una precisa dichiarazione di poetica, con la quale l’autore definisce le proprie scelte stilistiche. Spiegane il significato.
scrivere per...
confrontare
13 Il componimento appare come un inno alla purezza e agli affetti della casa e della famiglia: temi, questi, tradizionalmente considerati tipici di Pascoli. Metti in evidenza in un testo di circa 30 righe le analogie e le differenze tra la visione pascoliana e quella dannunziana.
14 Alcuni critici hanno individuato precise rispondenze simboliche tra Consolazione e Languore dell’autore francese Verlaine (▶ T8, p. 383). Sviluppa il confronto tra questi testi in circa 20 righe.
T5
O giovinezza!
Poema paradisiaco
La giovinezza è giunta al tramonto e il poeta sente, accanto al venir meno del turbine delle passioni, un bisogno di serenità e di riconciliazione con il mondo. Inserito nella sezione di chiusura (Epilogo) del Poema paradisiaco, questo sonetto ne esprime a pieno l’atmosfera di pace ed estenuata malinconia.
O Giovinezza, ahi me, la tua corona
su la mia fronte già quasi è sfiorita.
Premere sento il peso de la vita,
4 che fu sì lieve, su la fronte prona.
Ma l’anima nel cor si fa più buona,
come il frutto maturo. Umile e ardita,
sa piegarsi e resistere; ferita,
8 non geme; assai comprende, assai perdona.
Dileguan le tue brevi ultime aurore,
o Giovinezza; tacciono le rive
11 poi che il tonante vortice dispare.
Odo altro suono, vedo altro bagliore.
Vedo in occhi fraterni ardere vive
14 lacrime, odo fraterni petti ansare.
DENTRO IL TESTO
I contenuti tematici
Il poeta sente che la giovinezza sfiorisce, ma le passioni e la spensieratezza che sta perdendo sono sostituite da un bene prezioso, acquistato con il maturare dell’età: la bontà d’animo. Ora il suo cuore, lontano dall’impetuoso tumulto dei piaceri sensuali, si acquieta, rifiutando inutili ribellioni (Umile, v. 6), resistendo alle ultime illusioni (ardita, v. 6), capace di soffrire in silenzio (ferita, / non geme, vv. 7-8). La tranquillità raggiunta gli permette così di prestare ascolto al prossimo e di comprendere, grazie a un nuovo sentimento di fratellanza, il dolore e l’infelicità degli altri uomini.
Le scelte stilistiche
L’estenuazione del poeta è resa anche a livello ritmico dall’andamento cantilenante, ottenuto mediante la sintassi frammentata e la ripetizione delle immagini e delle espressioni (assai, v. 8; altro, v. 12; odo, vv. 12 e 14; fraterni, vv. 13 e 14; l’apostrofe o Giovinezza, vv. 1 e 10; l’epanalessi di vedo, vv. 12 e 13). Il sonetto è giocato sul registro più adatto all’espressione di una dimessa senilità: all’esteta paganeggiante della giovinezza subentra qui l’umile filantropo che adotta il linguaggio semplice della quiete spirituale (da qui gli aggettivi e i verbi di ascendenza quasi francescana quali buona, umile, perdona, fraterni).
VERSO LE COMPETENZE
COMPRENDERE
1 Fai la parafrasi del sonetto.
2 Analizza la disposizione dei contenuti all’interno del sonetto: a che cosa è dedicata ciascuna strofa?
ANALIZZARE
3 Perché la fronte del poeta è prona (v. 4)?
4 Illustra le caratteristiche della sintassi del componimento.
INTERPRETARE
5 Per quale motivo la Giovinezza è rappresentata come coronata di fiori?
6 Perché il poeta chiama metaforicamente gli ardori delle passioni brevi ultime aurore (v. 9)?
7 Quale rapporto si instaura tra giovinezza ed età matura?
8 Con quale atteggiamento il poeta guarda alla fine della giovinezza?
Il magnifico viaggio - volume 5
Dal secondo Ottocento al primo Novecento