LE OPERE
Il fanciullino Il testo a cui Pascoli ha affidato la definizione della sua poetica esce in 20 brevi capitoli nel 1897, sulle colonne della rivista fiorentina “Il Marzocco”. L’idea principale è che in ogni individuo sopravviva un ▶ «fanciullino» che osserva il mondo e «vede tutto con meraviglia, tutto come per la prima volta». Questa parte infantile e irrazionale che l’io del poeta riesce a scovare si esprime in una lingua «ingenua», pre-grammaticale e immaginativa. La verità nascosta nel ▶ mistero delle cose si rivelerà allora autentica, finalmente libera da ogni condizionamento culturale.
Myricae È la prima raccolta poetica di Pascoli. Pubblicata nel 1891, avrà numerose successive edizioni, tutte riviste e integrate dall’autore. I temi della raccolta ruotano attorno ad argomenti umili e quotidiani come le tamerici del titolo. La natura rappresenta il luogo dell’innocenza perduta da cui ricavare, con stupore infantile, risonanze interiori e valori simbolici. L’infanzia costituisce uno dei temi fondamentali della raccolta: il ▶ «nido», come luogo sicuro degli affetti domestici, viene riportato alla memoria con rimpianto e angoscia. Al centro della riflessione pascoliana si trova la realtà nella sua dimensione misteriosa e imperscrutabile: l’ignoto è un territorio da esplorare attraverso la meditazione poetica. Il dolore e la sofferenza non sono generati dalla natura ma dall’intervento dell’uomo sociale, responsabile dell’odio e della violenza. Anche il tema della morte trova spazio tra i motivi della raccolta: il poeta cerca di instaurare una relazione affettiva con i propri cari defunti, all’interno dello spazio della poesia. La ricerca di genuinità e purezza teorizzata nel Fanciullino trova qui la sua più piena realizzazione. La semplicità delle cose rappresentate trova un riscontro nello stile: nel lessico, precisissimo, ricco di onomatopee; nella sintassi, spezzata ed ellittica; nell’impiego diffuso di analogie, assonanze, sinestesie; nel ricorso al fonosimbolismo. Si è detto a ragione che con Myricae è iniziata una «rivoluzione stilistica» destinata a influenzare fortemente la produzione lirica italiana del Novecento.
Poemetti Pubblicati nel 1897 e poi suddivisi in Primi poemetti (1904) e Nuovi poemetti (1909), celebrano la natura quale rifugio dalla realtà brutale e artificiosa della civiltà industriale ed esaltano il «nido», ancorato all’immutabile semplicità di azioni, riti e pratiche quotidiane. Sul piano linguistico, i Poemetti sono caratterizzati da innovazione e sperimentazione: Pascoli attinge da vari registri formali e li contamina con termini dialettali e vocaboli “speciali”, come l’inglese italianizzato degli emigrati.
Canti di Castelvecchio Sono una raccolta di 69 componimenti dedicati alla madre e pubblicati per la prima volta nel 1903. Il tema dominante è autobiografico. Riaffiora il passato, in particolare il ricordo dell’uccisione del padre: il doloroso ricordo della violenza e del male subiti si vela di malinconia e i motivi della memoria e del rapporto uomo-natura diventano riflessione esistenziale.
Poemi conviviali L’opera, pubblicata nel 1904, raccoglie 20 testi dedicati a personaggi dell’antichità grecoromana e cristiana, di cui il poeta rappresenta il lato antieroico. La classicità è vista come un mondo perduto, che però vive le stesse nostre sofferenze di fronte alla realtà. Nelle grandi figure del passato il poeta ritrova le inquietudini e i dubbi che lacerano il suo stesso animo. Il lessico è raffinato.
Le altre opere poetiche e in prosa Pubblicati postumi nel 1914 sotto il titolo Carmina, i componimenti in latino trattano di ambienti e personaggi dell’antica Roma. Le figure che Pascoli sceglie di rappresentare sono tutt’altro che eroiche: condannati o reietti, gladiatori, schiavi, sconfitti dalla Storia, con cui egli sembra condividere un destino di dolore. Oltre al suo saggio più famoso, Il fanciullino, Pascoli ha scritto in prosa saggi su Dante e su Leopardi, raccolti nei volumi Minerva oscura (1898), Sotto il velame (1900) e La mirabile visione (1906). Nel 1911 con l’orazione La grande proletaria si è mossa celebra l’impresa militare di Libia, declamata quale opportunità per garantire ai ceti più poveri nuove terre da lavorare.