Le altre opere poetiche e in prosa

Le altre opere poetiche e in prosa

La poesia civile

Negli ultimi anni di vita, Pascoli concepisce e in parte realizza ampi cicli poetici di ispirazione patriottica e nazionale. Questa produzione letteraria è influenzata dal fatto che egli si sente obbligato a raccogliere – contro la sua più genuina natura e con risultati, di conseguenza, piuttosto modesti – l’eredità di Giosuè Carducci, anche in qualità di poe­ta della Storia e della gloria nazionale.

In tale ambito possiamo ricordare le raccolte Odi e inni (1906), Le canzoni di re Enzio (pubblicate tra il 1908 e il 1909), i Poemi italici (1911, poi nel volume postumo Poemi italici e canzoni di re Enzio, 1914), gli incompiuti Poemi del Risorgimento (anch’essi pubblicati postumi, da Maria, nel 1913 insieme con l’Inno a Roma e l’Inno a Torino, composti in latino e dall’autore stesso tradotti in italiano).

La produzione poetica in lingua latina

Iniziata con il poemetto Veianius nel 1891 e raccolta postuma nel 1914 sotto il titolo Carmina, l’opera latina di Pascoli accompagna quella in lingua italiana, a cui l’accomunano immagini, tematiche e tecniche compositive.

Come ha scritto lo studioso Alfonso Traina, il latino pascoliano, «lungi dall’essere un prezioso giuoco umanistico», risponde «a una vitale esigenza dell’ispirazione» del poeta, che immette nella lingua, nei personaggi e negli ambienti dell’antica Roma repubblicana e imperiale e nella Storia cristiana (come nei Poemata Christiana) i suoi tipici stati d’animo, inquieti e inclini alla dimensione onirica. Da qui scaturisce l’identificazione con personaggi condannati o reietti: gladiatori, schiavi (per esempio in Thallusa), sconfitti dalla Storia (come il re numida Giugurta), con i quali Pascoli sente di condividere la dimensione del dolore e dell’ingiustizia.
Anche da un punto di vista espressivo, non vengono meno i caratteri peculiari dello stile e del simbolismo di Pascoli. Il suo è infatti un latino ben diverso da quello della tradizione classica: frequenti sono il ricorso a termini tecnici e specialistici e l’impiego di espressioni tardomedievali e perfino di calchi di vocaboli italiani. Ciò testimonia, ancora una volta, l’estrema libertà del poeta nel relazionarsi con le forme e le immagini del passato.
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La produzione in prosa

All’opera poetica Pascoli affianca anche una produzione in prosa, riservandole uno dei tre tavoli del suo studio su cui aveva l’abitudine di lavorare (gli altri due erano destinati alla poesia in italiano e a quella in latino).

Oltre che per il saggio intitolato Il fanciullino – il testo a cui ha affidato la definizione della sua poetica ( p. 437) – edito in 20 brevi capitoli nel 1897 sulle colonne della rivista fiorentina “Il Marzocco”, Pascoli occupa il tavolo della prosa soprattutto per studiare e scrivere su Dante e, in misura minore, su Leopardi. Nei volumi Minerva oscura (1898), Sotto il velame (1900) e La mirabile visione (1906), analizza in particolare la funzione allegorica della figura di Beatrice nella Vita nuova e nella Commedia. Si tratta di studi critici per molti versi innovativi, pur con qualche forzatura, tesi a esplorare l’universo dantesco nei suoi significati simbolici e religiosi più reconditi.

Alla prosa, infine, Pascoli affida anche i suoi sporadici interventi pubblici intorno a temi civili. Come abbiamo visto, egli non rinuncia a dare espressione in versi alla propria ideologia politica, nella quale si intrecciano un generico umanitarismo venato di buoni sentimenti e un amore per le glorie italiane del passato sconfinante nella celebrazione nazionalistica.

Tale componente della sua personalità intellettuale emerge in particolare nella presa di posizione imperialista espressa nell’orazione La grande proletaria si è mossa, del 1911. In questo testo, scritto in occasione della guerra libica, il poeta celebra l’impresa militare come un’opportunità per sanare la piaga epocale dell’emigrazione e garantire terre nuove da lavorare ai ceti più poveri. Non si tratta di un colonialismo infarcito, come quello dannunziano, di volontà di potenza e aggressive pulsioni bellicistiche; l’esaltazione pascoliana dell’umile Italia bisognosa di riscatto è motivata dalla convinzione che solo recuperando le nobili vestigia del passato si sarebbe potuta ripristinare la concordia tra le diverse classi sociali a difesa della “nazione contadina”.

Il magnifico viaggio - volume 5
Il magnifico viaggio - volume 5
Dal secondo Ottocento al primo Novecento