Poemi conviviali

Poemi conviviali

Il titolo dell’opera, pubblicata nel 1904, richiama il nome della sede editoriale che aveva accolto i testi per la prima volta, la rivista romana “Convivio”, diretta dal poeta Adolfo De Bosis e ispirata, nella veste editoriale come nei contenuti, al gusto estetizzante che caratterizzava il Decadentismo italiano (non a caso, tra i principali collaboratori compare Gabriele d’Annunzio).

Pascoli sembra voler alzare il contenuto e la forma rispetto alle opere precedenti: non abbiamo più poemetti, ma poemi. E ancora una volta è un’epigrafe virgiliana ad annunciare una cifra stilistica e tematica diversa, più elevata: Non omnes arbusta iuvant, cioè “Non a tutti piacciono gli arbusti”, come a dire che dal mondo umile della campagna delle prime raccolte si passa ad argomenti più elevati, come era già accaduto nei Poemetti.

In effetti, i 20 testi della raccolta sono tutti incentrati su personaggi storici o mitologici del mondo antico, soprattutto greco (Omero, Alessandro Magno, Elena, Ulisse, Solone ecc.), anche se non mancano riferimenti a Roma e al cristianesimo. Su tali figure del passato Pascoli proietta la propria sensibilità, immergendole nel clima culturale del Decadentismo e della crisi del razionalismo positivistico. Non ci troviamo dunque di fronte a vincitori o a uomini saldi nei loro valori, ma al contrario ad antieroi consumati dal dubbio, tormentati, privi di certezze, minati dalla sfiducia verso sé stessi e verso l’uomo in generale.
L’antichità è per Pascoli un luogo su cui imprimere il segno del proprio sentire più profondo: lo sgomento di fronte alla realtà colma di pianto (l’amato Virgilio parlava di lacrimae rerum, le “lacrime delle cose”, ossia dell’ineluttabilità della sofferenza umana), le apparizioni inquietanti o consolatorie della natura, la vanità del desiderio di conoscere, la paura di vivere e di crescere, il rimpianto del grembo materno e degli affetti domestici, il mistero dell’esistenza; suggestioni rese ancora più acute e struggenti da un lessico raffinato e talvolta perfino estetizzante. Si tratta di un mondo perduto, sommerso dal tempo, ma che sembra vivere nella memoria delle nostre stesse attese e sofferenze: un «eterno che è sempre nuovo», come scrive il poeta, per intendere la misteriosa capacità del passato di rinnovarsi agli occhi e nei sentimenti di ogni individuo che nasce.

Il magnifico viaggio - volume 5
Il magnifico viaggio - volume 5
Dal secondo Ottocento al primo Novecento