T7 - Galline

T7

Galline

Myricae

In questo madrigale viene descritto un autunno sereno, diversamente da quanto accade in altre poesie di Pascoli che mostrano l’aspetto triste e malinconico di questa stagione. Il poeta esprime qui la gaia animazione della vita di campagna con un’efficacissima vivacità di immagini.


Metro Madrigale, formato da 2 terzine e 1 quartina di endecasillabi con schema di rime ABA CBC DEDE.

Al cader delle foglie, alla massaia

non piange il vecchio cor, come a noi grami:

ché d’arguti galletti ha piena l’aia;


e spessi nella pace del mattino

5      delle utili galline ode i richiami:

zeppo, il granaio; il vin canta nel tino.


Cantano a sera intorno a lei stornelli

le fiorenti ragazze occhi pensosi,

mentre il granturco sfogliano, e i monelli

10    ruzzano nei cartocci strepitosi.

DENTRO IL TESTO

I contenuti tematici

Il tono della lirica è disteso, a fronte della stagione autunnale che genera di solito inquietudini e tristezze (Al cader delle foglie, v. 1): la spannocchiatura è un’occasione di festa, l’aia è piena di galletti e galline, il granaio è colmo, il mosto fermenta, le ragazze cantano stornelli e i bambini giocano, rincorrendosi e saltando sulle foglie secche. Un velo di malinconia affiora però al v. 8: le ragazze sono sì fiorenti, ma nel loro sguardo si coglie una certa pensosità (ragazze occhi pensosi è un costrutto classicheggiante di richiamo omerico, un accusativo alla greca). È come se questo particolare increspasse la candida superficie del componimento e l’apparente serenità della scena, rendendola meno prevedibile e introducendo un elemento vago e misterioso. Quale pensiero minaccia la tranquillità delle ragazze? Che cosa le preoccupa? Non ci è dato saperlo, possiamo solo immaginarlo: forse l’amore? Oppure, più in generale, il futuro?

Le scelte stilistiche

La struttura della lirica appare sapientemente calibrata. Mentre le due terzine descrivono gli elementi della natura, la quartina focalizza l’attenzione sulla presenza umana, in particolare sulle ragazze che sfogliano le pannocchie. A loro cede il ruolo di protagoniste la massaia, che campeggiava nella prima quartina e che pure rimane presente al centro del cerchio formato dalle ragazze. La continuità fra le terzine e la quartina viene assicurata dalla ripresa, attraverso un poliptoto e un chiasmo, dello stesso verbo, “cantare”: il vin canta nel tino (v. 6); Cantano a sera intorno a lei stornelli / le fiorenti ragazze (vv. 7-8).

 >> pagina 462

VERSO LE COMPETENZE

Comprendere

1 La massaia (v. 1) è giovane o anziana? Da che cosa lo deduci?


2 Perché le galline sono dette utili (v. 5)?

Analizzare

3 Individua i vocaboli utilizzati con intento fonosimbolico.


4 Gli aggettivi usati dal poeta si adattano al contesto rustico o appartengono a un registro più elevato? Motiva la risposta.

Interpretare

5 Al v. 2 il poeta parla di sé come parte di una non meglio specificata schiera di grami. In che cosa potrebbe consistere la tristezza o l’infelicità a cui allude?

scrivere per...

confrontare

6 Conduci un puntuale confronto tra questa poesia e Il sabato del villaggio di Leopardi, individuando analogie e differenze, in un testo espositivo di circa 20 righe.

T8

Lavandare

Myricae

Il titolo del componimento lascerebbe pensare alla descrizione di un lavoro o di una scena agreste. Qui invece la tessitura sonora e i particolari elencati creano ulteriori suggestioni e alludono a significati simbolici.


Metro Madrigale, formato da 2 terzine e 1 quartina di endecasillabi.
 Asset ID: 118993 (let-altvoc-lavandare-myricae100.mp3

Audiolettura

Nel campo mezzo grigio e mezzo nero

resta un aratro senza buoi, che pare

dimenticato, tra il vapor leggiero.


 cadenzato dalla gora viene

5       lo sciabordare delle lavandare

con tonfi spessi e lunghe cantilene.


Il vento soffia e nevica la frasca,

e tu non torni ancora al tuo paese!

quando partisti, come son rimasta!

10    come l’aratro in mezzo alla maggese.

 >> pagina 463

ANALISI ATTIVA

I contenuti tematici

In un giorno autunnale il poeta contempla un paesaggio campestre e percepisce dai rumori la presenza, lungo le rive di un vicino canale, di alcune lavandaie (lavandare è il termine popolare toscano). Sono i tonfi dei panni immersi nell’acqua e sbattuti sulle sponde della gora (v. 4), ma soprattutto il triste canto delle donne, che Pascoli trascrive quasi letteralmente da una raccolta di canti tradizionali marchigiani. Il motivo è tipico di molti stornelli popolari: il lamento di una donna abbandonata dall’amato, che è partito lasciandola sola e sconsolata.

1. Attribuisci un breve titolo a ciascuna delle tre strofe del testo.


Strofa 1


Strofa 2


Strofa 3


La rappresentazione è però solo in apparenza descrittiva: essa costituisce la proiezione di uno stato d’animo e di una condizione interiore. Le parole malinconiche della canzone chiariscono infatti il senso simbolico delle immagini presenti nel componimento: l’aratro abbandonato, il campo arato per metà e solitario, senza buoi e senza uomini, e la nebbia leggera rimandano a un’idea di privazione e di mancanza, nonché di attesa rassegnata. L’autunno della natura, ben oltre un semplice intento realistico, sembra alludere a una pena esistenziale.

2. Quale elemento distingue le due parti del campo, quella arata e quella non arata?


3. Che cosa accomuna l’aratro in mezzo al campo e quello della canzone?

Le scelte stilistiche

Il gioco dei valori fonici delle parole è funzionale alla resa delle immagini meste, oltre che al raggiungimento di suggestivi risultati musicali. Mentre la prima terzina (vv. 1-3) sviluppa impressioni di carattere visivo, scandite mediante lente cadenze e pause forti, che conferiscono ai versi un ritmo malinconico, nella seconda terzina (vv. 4-6) prevalgono le sensazioni uditive, particolarmente sollecitate dall’utilizzo di vocaboli fonosimbolici: cadenzato, gora, sciabordare, lavandare, tonfi spessi, lunghe cantilene. Infine la quartina (vv. 7-10) rovescia l’ordine sensoriale, registrando prima i dati uditivi e poi quelli visivi, e accentua al contempo il tono cantilenante, tipico dei canti popolari.

4. Individua nel testo tutti i termini che afferiscono all’area semantica dei suoni, distinguendoli tra sostantivi e aggettivi.


5. Inserisci nella tabella i vocaboli collegati alla sfera visiva e a quella uditiva.


Sfera visiva

Sfera uditiva











 >> pagina 464

Nel complesso tutta la poesia acquista, grazie alle figure retoriche sintattiche e foniche, un andamento lento che sembra riprodurre la ripetitività monotona e un po’ stanca del lavoro delle lavandaie: la presenza di enjambement (pare / dimenticato, vv. 2-3), chiasmi (tonfi spessi e lunghe cantilene, v. 6), allitterazioni (in r e t: resta… aratro, v. 2; in l e n: lunghe cantilene, v. 6), assonanze (aratro… dimenticato, vv. 2-3) e termini onomatopeici (sciabordare, v. 5) alimenta quell’atmosfera di evocazione e sospensione emotiva tipica dell’arte pascoliana.

6. Fornisci lo schema delle rime.


7. Rintraccia la similitudine presente nel testo e spiega perché essa fornisce la chiave interpretativa dell’immagine iniziale della poesia.

T9

Sorella

Myricae

Questa poesia è dedicata alla sorella Maria, che Pascoli chiamava affettuosamente Mariù. L’atmosfera familiare descritta corrisponde, ancora una volta, a quella del «nido».


Metro Quartine di decasillabi e novenari alternati, a rima alternata (ABAB CDCD ecc.).

a Maria


Io non so se più madre gli sia

la mesta sorella o più figlia:

ella dolce ella grave ella pia,

corregge conforta consiglia.


5      A lui preme i capelli, l’abbraccia

pensoso, gli dice, Che hai?

a lui cela sul petto la faccia

confusa, gli dice, Non sai?


Ella serba nel pallido viso,

10    negli occhi che sfuggono intorno,

ah! per quando egli parte il sorriso,

le lagrime per il ritorno.


Per l’assente la madia che odora

serbò la vivanda più buona;

15    e lo accoglie lo sguardo che ignora,

col bacio che sa, ma perdona.


Ella cuce; nell’ombra romita

non s’ode che l’ago e l’anello:

ecco, l’ago fra le agili dita

20    ripete, Stia caldo, sia bello!


Ella prega: un lungo alito d’ave-

marie con un murmure lene…

ella prega; ed un’eco soave

ripete, Sia buono, stia bene!

 >> pagina 465

DENTRO IL TESTO

I contenuti tematici

«Tra Giovanni e Maria Pascoli vi furono rapporti intensamente affettuosi, e più volte il poeta confessò di pensare alla sorella come a una madre consolatrice o di sentirsene padre; a sua volta Maria si preoccupò del fratello con una cura così vigile ed esclusiva che finì per isolarlo da ogni altro rapporto affettivo» (Melotti). La lirica, che nasce proprio da questi sentimenti, è scritta nell’ottobre-novembre 1895, nel periodo cioè in cui si sposa l’altra sorella, Ida: un matrimonio che viene percepito dal poeta come un “tradimento” del «nido» familiare. Per questo essa costituisce un documento eloquente dello stato di incertezza psicologica di Pascoli, che esaspera ulteriormente il carattere maniacale del proprio vincolo familiare, caricando la sorella “superstite” Maria di valori affettivi e di compiti protettivi.

Il poeta fa della sorella una figura circonfusa di un alone quasi sacrale, in qualche modo assimilandola alla Vergine Maria: non è casuale la struttura ternaria del v. 3, ella dolce ella grave ella pia, nel quale vengono ripresi due aggettivi, dolce e pia, attribuiti alla Madonna in una delle più note preghiere mariane, il Salve Regina; la stessa struttura è ribadita dal trinomio verbale del v. 4, corregge conforta consiglia, che configura azioni tipiche, all’interno della tradizione cattolica, dell’intervento mariano nella vita del fedele. Come la madre di Gesù, la sorella del poeta ha preservato la propria verginità, ponendosi inoltre al servizio della famiglia d’origine, di cui rappresenta una sorta di vestale.

Le scelte stilistiche

Di Maria l’autore offre un ritratto non fermo, bensì in movimento. Sono le azioni a caratterizzare la sua figura e a far trapelare, agli occhi del lettore, i sentimenti che la animano: essa si esprime in gesti d’affetto (vv. 5-8), interessandosi alla pensosità di Giovanni in maniera materna (l’abbraccia / pensoso, vv. 5-6) e offrendogli sostegno e conforto (dunque non è solo sorella o figlia, come si dice al v. 2, ma qui – soprattutto – madre, v. 1); cerca di non far pesare al fratello la propria tristezza quando egli si allontana da casa (vv. 9-12); conserva per il suo ritorno i cibi migliori, non lo rimprovera per l’assenza e perdona maternamente i suoi difetti (vv. 13-16). Infine Maria compie due azioni tipiche del mondo femminile nella società contadina: cuce (vv. 17-20) e recita il rosario (vv. 21-24). Ma entrambe queste attività sono finalizzate allo stesso scopo: il benessere e la serenità del fratello Giovanni nell’atmosfera ovattata del «nido». In tal modo la figura di Maria si definisce attraverso una descrizione non statica, bensì dinamica.

 >> pagina 466

VERSO LE COMPETENZE

Comprendere

1 Quali azioni compie Maria?


2 Che tipo di sentimenti mostra Maria nei confronti del fratello?


3 Quali sentimenti traspaiono da parte del poeta nei confronti di Maria?

Analizzare

4 Rintraccia alcuni esempi di fonosimbolismo.


5 Quali due versi sono legati da un chiasmo? Con quale scopo espressivo?


6 Individua altre figure retoriche, oltre al chiasmo, presenti nel componimento.

Interpretare

7 Al v. 2 il poeta definisce Maria la mesta sorella. Da che cosa potrebbe derivare tale mestizia?

scrivere per...

esporre

8 Spesso i poeti dedicano testi a membri della famiglia. Individua una poesia (o una canzone) che ami in modo particolare su tale argomento: quali analogie e differenze noti con Sorella di Pascoli? Scrivi un testo espositivo di circa 20 righe.

argomentare

9 In una famosa dichiarazione lo scrittore francese André Gide (1869-1951) dice: «Famiglie, vi odio». In questo modo egli evidenzia l’impossibilità di scrivere in maniera efficace sulla famiglia, in quanto i risultati sarebbero troppo scontati, banali, viziati da un eccesso di vicinanza, in una parola retorici. Si può scrivere di argomenti che ci coinvolgono personalmente mantenendo allo stesso tempo una certa distanza, emotiva e psicologica? Che cosa pensi al riguardo? Spiegalo in un testo argomentativo di circa 20 righe.

T10

X Agosto

Myricae

È una delle liriche più celebri e sofferte della raccolta: in questi versi di straordinario nitore formale, scritti nel 1896, è ripercorso l’evento più doloroso della vita di Pascoli: l’assassinio del padre, avvenuto il 10 agosto 1867.


METRO Quartine di decasillabi e novenari alternati, a rima alternata (ABAB CDCD ecc.).
 Asset ID: 118994 (let-audlet-x-agosto-g-pascoli230.mp3

Audiolettura

San Lorenzo, io lo so perché tanto

di stelle per l’aria tranquilla

arde e cade, perché sì gran pianto

nel concavo cielo sfavilla.


5      Ritornava una rondine al tetto:

l’uccisero: cadde tra spini:

ella aveva nel becco un insetto:

la cena de’ suoi rondinini.


Ora è là, come in croce, che tende

10    quel verme a quel cielo lontano;

e il suo nido è nell’ombra, che attende,

che  pigola sempre più piano.


Anche un uomo tornava al suo nido:

l’uccisero: disse: Perdono;

15    e restò negli aperti occhi un grido:

portava due bambole in dono…


Ora là, nella casa romita,

lo aspettano, aspettano in vano:

egli immobile, attonito, addita

20    le bambole al cielo lontano.


E tu, Cielo, dall’alto dei mondi

sereni, infinito, immortale,

oh! d’un pianto di stelle lo inondi

quest’atomo opaco del Male!

 >> pagina 468

DENTRO IL TESTO

I contenuti tematici

Il tema della poesia è spiegato chiaramente da Maria Pascoli, sorella di Giovanni: «Il fatto che proprio nella sera di San Lorenzo alcuni uomini iniqui tolsero la vita, senza nemmeno un’ombra di causa che potesse spiegare tanta crudeltà, al nostro padre che lasciava otto figli, suggerisce al poeta l’immagine che il cielo pianga le sue stelle su questa terra buia e malvagia».

La sciagura familiare è quindi associata alla festività di San Lorenzo, quando si verifica il fenomeno astrale delle stelle cadenti: il dolore personale sembra riflettersi in una corrispondenza cosmica, dilatandosi fino a diventare l’allegoria del dramma universale della vita. La Terra, infatti, pur essendo un pianeta minuscolo, appare agli occhi del poeta come il regno del male (quest’atomo opaco del Male, v. 24), tanto più spietato perché gratuito e diretto a colpire creature innocenti. Ma la violenza immotivata è prodotta dall’uomo e non dalla natura, a cui – diversamente che nel pensiero di Leopardi – non vengono attribuite responsabilità: essa può apparire lontana e distante dalle sofferenze degli uomini (E tu, Cielo, dall’alto dei mondi / sereni, infinito, immortale, vv. 21-22; il motivo è anticipato dall’aria tranquilla del v. 2 e dal cielo lontano ripetuto ai vv. 10 e 20), ma in realtà piange, accendendo la volta celeste con le stelle cadenti, le quali non sono altro che le lacrime del cielo.

In tal modo si manifesta l’empatia dell’universo per le sciagure umane, una confortante, materna pietà per il male che si abbatte sulla Terra. Quella commozione della natura offre quindi un’estrema consolazione per la condizione che accomuna gli uomini e gli animali: sia il poeta sia i rondinini conoscono il trauma della protezione infranta, la tragedia dell’essere orfani, la distruzione del «nido», la precarietà e la solitudine che irrompono nella vita, spezzando per sempre la serenità innocente dell’infanzia.

Le scelte stilistiche

L’urgenza emotiva della tematica autobiografica viene riassorbita, sul piano formale, in una struttura di grande equilibrio compositivo, incentrata su una fitta serie di simmetrie e parallelismi e sull’esplicita corrispondenza dei due racconti, quello ambientato nel mondo della natura (la rondine uccisa) e quello nel mondo degli uomini (l’uomo ucciso, cioè il padre del poeta). I due universi sono tanto affini tra loro da potersi scambiare perfino i termini chiave: la rondine torna al suo tetto (v. 5) mentre l’uomo torna al suo nido (v. 13).

La prima strofa (vv. 1-4) e l’ultima (vv. 21-24) incorniciano il dramma di violenza e di morte nel pianto di stelle (v. 23, che riprende il gran pianto del v. 3): una suggestiva analogia che indica le stelle cadenti della notte di San Lorenzo e insieme introduce il motivo del dolore e del lutto (come piangono gli uomini, così piange il cielo), poi sviluppato nelle quartine centrali (vv. 5-20).

La seconda e la terza quartina (vv. 5-12) descrivono l’uccisione di una rondine che portava il cibo ai suoi piccoli, mentre la quarta e la quinta (vv. 13-20) rappresentano l’assassinio dell’uomo, che non potrà più portare alle sue figlie le bambole che aveva comprato per loro.

Anche l’immagine della rondine introduce un’analogia: la sua morte anticipa e richiama quella del padre del poeta; il tetto (v. 5) della rondine diventa poi il nido (v. 13) dei Pascoli; l’uccello portava il sostegno materiale alla sua famiglia (la cena de’ suoi rondinini, v. 8), così come il padre di Pascoli era l’unico sostegno economico per la moglie e gli otto figli.

Oltre alla similitudine esplicita fra la rondine e il padre, la critica ne ha individuato una implicita con il martirio di Cristo: il sacrificio di Ruggero Pascoli per la propria famiglia viene assimilato a quello di Gesù per l’umanità intera. Tale interpretazione si basa su alcuni elementi presenti nel testo: la rondine abbattuta rimane con le ali aperte come in croce (v. 9); gli spini del v. 6 sembrano rimandare alla corona di spine portata da Cristo nella Passione; inoltre le rondini, nella leggenda popolare, sono gli uccelli che consolarono Gesù in croce. Anche il perdono offerto ai carnefici (Perdono, v. 14) ricorda le parole di Cristo morente: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno».

Tuttavia, al di là di questi riferimenti più o meno espliciti alla tradizione cristiana, è assente in Pascoli qualsiasi tipo di consolazione religiosa: se la morte di Cristo è, nella visione del credente, fonte di salvezza per tutti gli uomini, l’uccisione del padre del poe­ta resta un fatto assurdo e privo di significato salvifico; è un sacrificio inutile poiché le tenebre non sono dissipate da alcuna luce divina e la morte crudele non apre ad alcuna forma di redenzione.

 >> pagina 469

VERSO LE COMPETENZE

Comprendere

1 Riassumi brevemente il contenuto del componimento.


2 Da quale evento sono accomunati la rondine e l’uomo?


3 In che senso la conclusione della poesia ci illumina sulla visione pascoliana dell’esistenza umana?

Analizzare

4 Quale figura retorica possiamo individuare nell’espressione restò negli aperti occhi un grido (v. 15)? Spiegane il significato.


5 Individua almeno due anafore e spiegane l’effetto sul piano semantico.


6 Il lessico della lirica è per lo più semplice e immediato. Ciò tuttavia non esclude il ricorso occasionale a un registro più elevato (per esempio gli aggettivi immobile, attonito, al v. 19, sembrano essere riprese manzoniane dalla prima strofa del Cinque maggio). Individua vocaboli e costrutti che rimandano a questo registro più letterario.


7 Sottolinea nel testo tutti i vocaboli e le espressioni che appartengono al campo semantico del «nido».


8 Analizza la sintassi del componimento. Trovi una prevalenza di asindeti o di polisindeti? Con quale effetto espressivo?


9 Completa la tabella, trovando i rimandi che ricorrono tra la prima e l’ultima strofa.


Prima strofa

Ultima strofa

concavo cielo

Cielo


dall’alto dei mondi / sereni

gran pianto

 


atomo opaco

sfavilla

 


10 Completa la tabella con i rimandi relativi alle strofe centrali.


Seconda e terza strofa

Quarta e quinta strofa

Ritornava

tornava

tetto

 

l’uccisero

 

aveva un insetto

 


dono

quel verme

 


casa romita

Interpretare

11 Perché, a tuo parere, al v. 13 la casa dei Pascoli viene detta nido?


12 Quale immagine del «nido» pascoliano emerge complessivamente da questa lirica?

Dibattito in classe

13 In questo componimento Pascoli definisce la terra atomo opaco del Male (v. 24): ti sembra che questa visione pessimistica sia confermata anche dagli altri testi che hai letto? Discutine con la classe.

Il magnifico viaggio - volume 5
Il magnifico viaggio - volume 5
Dal secondo Ottocento al primo Novecento