Il poeta professore e la passione politica
Nel 1856 Carducci trova lavoro come insegnante nel ginnasio di San Miniato (cittadina tra Firenze e Pisa), ma l’esperienza è dura: come scrive all’amico Felice Tribolati (4 dicembre 1856), il paese è piccolo e senza opportunità, la sua residenza è «un sepolcro», «una prigione», la società gli appare come un insieme di leggi e divieti, fatti apposta per attentare alla sua libertà. Scrive che le uniche consolazioni sono mangiare, bere “ponci” (una bevanda alcolica livornese) e fumare. Tuttavia la sua vita non è solo ▶ sregolatezza e goliardia: nel 1857 pubblica infatti il primo libro di versi, Rime, e inizia a collaborare con l’editore fiorentino Barbèra curando edizioni critiche di classici italiani (Poliziano, Tassoni, Alfieri). I primi successi letterari di Carducci sono però funestati da una serie di eventi dolorosi: il più grave è il suicidio del fratello Dante, nel 1857, provocato – sembra – da un alterco con il padre, che morirà a sua volta l’anno successivo.
La fama di rivoluzionario che il poeta si è fatto durante il primo periodo di insegnamento porta alla sua sospensione per «condotta immorale e irreligiosa» ma, caduto il governo granducale che regge la Toscana, egli viene riammesso alla docenza presso il liceo Forteguerri di Pistoia, dove insegna prima latino e greco, poi italiano. Dopo essersi sposato nel 1859 con Elvira Menicucci, da cui avrà cinque figli, nel 1860 è nominato docente di Letteratura italiana all’Università di Bologna, cattedra che terrà fino al 1904. Non si tratta di un’esperienza facile: il professore, appena venticinquenne, è oggetto di invidie, trova un’accoglienza freddissima, ma il suo temperamento energico e il crescente prestigio della sua opera lo impongono alla stima di allievi e colleghi. L’investitura, all’inizio criticata, è stata favorita dall’attività poetica dei mesi precedenti, nell’ambito della quale Carducci aveva celebrato gli eventi della Seconda guerra d’indipendenza, acquistando una certa notorietà di poeta civile e politico.
Lo spirito ribelle del poeta comunque non si acquieta: egli frequenta i mazziniani romagnoli, professa sentimenti repubblicani e per questo è sottoposto dal ministero dell’Istruzione a frequenti provvedimenti disciplinari, come la sospensione dallo stipendio. Nel marzo 1868 viene interdetto per due mesi e mezzo dall’insegnamento per aver celebrato il ventennale della Repubblica romana, l’esperimento di governo democratico messo in atto da Mazzini nel 1849: tale celebrazione è recepita come un atto di sfida nei confronti del governo italiano, accusato di non rivendicare Roma con sufficiente convinzione.
Ai dispiaceri politici si aggiungono, inoltre, nuovamente i dolori privati: nel 1870 muoiono la madre e il figlioletto Dante, di soli tre anni, a cui dedica nell’anno successivo il sonetto Funere mersit acerbo e l’ode Pianto antico (▶ T4, p. 72). La crisi depressiva in cui il poeta sprofonda, e di cui sono traccia le poesie scritte in questo periodo, è mitigata dall’incontro con Carolina Cristofori, moglie del garibaldino Domenico Piva e ispiratrice di molte poesie sotto il nome oraziano di Lidia.