T3 - Romagna

T3

Romagna

Myricae

Dopo la morte del padre, la famiglia Pascoli deve abbandonare la tenuta in cui viveva e più tardi, scomparsa la madre, anche la Romagna. Il poeta torna con il pensiero all’infanzia a San Mauro, cantando quella terra all’insegna del ricordo e della nostalgia in questa lirica dedicata all’amico Severino Ferrari.


METRO Quartine di endecasillabi a rima alternata (ABAB, CDCD ecc.).

a Severino


Sempre un villaggio, sempre una campagna

mi ride al cuore (o piange), Severino:

il paese ove, andando, ci accompagna

l’azzurra vision di San Marino:


5      sempre mi torna al cuore il mio paese

cui regnarono Guidi e Malatesta,

cui tenne pure il Passator cortese,

re della strada, re della foresta.


Là nelle stoppie dove singhiozzando

10    va la tacchina con l’altrui covata,

presso gli stagni lustreggianti, quando

lenta vi guazza l’anatra iridata,


oh! fossi io teco; e perderci nel verde,

e di tra gli olmi, nido alle ghiandaie,

15    gettarci l’urlo che lungi si perde

dentro il meridiano ozio dell’aie;


mentre il villano pone dalle spalle

gobbe la ronca e afferra la scodella,

e ’l bue rumina nelle opache stalle

20    la sua laboriosa lupinella.

Da’ borghi sparsi le campane in tanto

si rincorron coi lor gridi argentini:

chiamano al rezzo, alla quiete, al santo

 desco fiorito d’occhi di bambini.


25    Già m’accoglieva in quelle ore bruciate

sotto ombrello di trine una mimosa,

che fioria la mia casa ai dì d’estate

co’ suoi pennacchi di color di rosa;


e s’abbracciava per lo sgretolato

30    muro un folto rosaio a un gelsomino;

guardava il tutto un pioppo alto e slanciato,

chiassoso a giorni come un birichino.


Era il mio nido: dove, immobilmente,

io galoppava con Guidon Selvaggio

35    e con Astolfo; o mi vedea presente

l’imperatore nell’eremitaggio.


E mentre aereo mi poneva in via

con l’ippogrifo pel sognato alone,

o risonava nella stanza mia

40    muta il dettare di Napoleone;


udia tra i fieni allor allor falciati

de’ grilli il verso che perpetuo trema,

udiva dalle rane dei fossati

un lungo interminabile poema.


45    E lunghi, e interminati, erano quelli

ch’io meditai, mirabili a sognare:

stormir di frondi, cinguettìo d’uccelli,

risa di donne, strepito di mare.

Ma da quel nido, rondini tardive,

50    tutti tutti migrammo un giorno nero;

io, la mia patria or è dove si vive;

gli altri son poco lungi; in cimitero.


Così più non verrò per la calura

tra que’ tuoi polverosi biancospini,

55    ch’io non ritrovi nella mia verzura

del cuculo ozioso i piccolini,


Romagna solatìa, dolce paese,

cui regnarono Guidi e Malatesta,

cui tenne pure il Passator cortese,

60    re della strada, re della foresta.

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DENTRO IL TESTO

I contenuti tematici

Nel ripensare alla sua infanzia e alla Romagna, il poeta si sente, nello stesso tempo, felice e infelice (mi ride al cuore (o piange), v. 2), perché la tristezza che deriva dalla consapevolezza di aver abbandonato definitivamente quei luoghi vela di pianto la dolcezza dei ricordi: la calura estiva, la ricerca dell’ombra nel momento più caldo del giorno, i giochi, le fantasie di bambino, la suggestione proveniente dai suoni della natura. Egli vorrebbe tornare lì dove ha trascorso un’infanzia serena, popolata di sogni, immersa in letture favolose (i poemi cavallereschi e le avventure di Napoleone) e riassaporare quella serenità, la gioiosa spensieratezza, l’intatta innocenza. Ma la vita è stata crudele con lui, e la felicità, ormai perduta per sempre, può essere rivissuta soltanto nella memoria. Una volta lasciata la Romagna, il poeta non ha più una terra che senta come propria (io, la mia patria or è dove si vive, v. 51) e il ritorno nei luoghi del passato si rivela impossibile.

Torna diverse volte nel testo un’idea chiave della simbologia pascoliana: il «nido». Era il mio nido, dice il poeta al v. 33, riprendendo il possessivo già utilizzato al v. 5 (il mio paese). Esso è il nucleo tematico principale della lirica: il concetto si ripresenta ai vv. 49-50 (Ma da quel nido, rondini tardive, / tutti tutti migrammo un giorno nero), che segnano un netto stacco tra la dolcezza di ieri e l’amarezza di oggi, e al v. 55 (mia verzura). Qui il ricordo trasognato si spezza: il bambino è diventato uomo e non gli resta che recuperare la coscienza della realtà.

Il «nido» rappresenta chiaramente la comunità degli affetti familiari, minacciata dall’irruzione di ciò che viene percepito come estraneo. Al mio nido (v. 33) si contrappongono così l’altrui covata (v. 10) e soprattutto i piccoli del cuculo ozioso (v. 56). Commenta Maria Pascoli: «Strano uccello il cuculo e veramente ozioso! Esso depone le uova nel nido di altri uccelli (capinere, ballerine, ecc.) e dalle uova nascono piccolini che molto spesso, più grossi e forti, gettano dal nido i nati dalle lor madri adottive. A ricordare questo l’allusione diventa, ahimè, ben chiara!». L’allusione del poeta è agli estranei che hanno preso possesso della casa che era stata della sua famiglia. Per questo egli non vuole tornare in Romagna: l’apostrofe dell’ultima quartina (vv. 57-60) è un addio più che un saluto.

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Le scelte stilistiche

La patina linguistica della lirica è indubbiamente tradizionale. Tralasciando i latinismi e le espressioni arcaiche e preziose (teco, v. 13; opache, v. 19; fioria, v. 27 ecc.), versi come cui regnarono Guidi e Malatesta, / cui tenne pure il Passator cortese, / re della strada, re della foresta (vv. 6-8, dove il verbo “regnare” è usato, al modo antico, transitivamente e cui è una forma letteraria per “che”) potrebbero sembrare parte di uno dei componimenti storici di Carducci. Di ascendenza carducciana sono ancora, per esempio, l’uso avverbiale dell’aggettivo (che perpetuo trema, v. 42) e, più in generale, il tono complessivo della rievocazione del passato. Del resto si tratta di un componimento giovanile di Pascoli, dunque è comprensibile la presenza del “maestro”.

Eppure, al di là di questi indubbi echi letterari, emerge nel testo già qualche novità. Tipicamente pascoliana è infatti la dimensione soggettiva del paesaggio, contemplato nei suoi aspetti apparentemente idillici e reso quasi animato grazie a scelte lessicali inconsuete: e così abbiamo l’espressione cromatica dell’azzurra vision di San Marino (v. 4), la tacchina che va singhiozzando (v. 9), gli stagni lustreggianti (v. 11), l’anatra iridata (v. 12), il meridiano ozio dell’aie (v. 16), l’ombrello di trine (v. 26) e i pennacchi di color di rosa (v. 28), fino al sognato alone del v. 38 per indicare la corona luminosa della Luna. In tutte queste notazioni di atmosfera, Pascoli trascende il mero dato realistico, a dispetto dell’apparente precisione dei vocaboli utilizzati. La visione pascoliana della natura è infatti percorsa dalla sensibilità personale del poeta; ogni aspetto della realtà risente del suo sguardo e della sua condizione psicologica: più che le cose in sé, conta l’impressione delle cose, e gli oggetti si caricano di sfumature simboliche, che possono essere ancora latenti nel singhiozzo della tacchina (vv. 9-10) e nel perpetuo tremare del verso dei grilli (v. 42) o diventare evidenti nell’amara allegoria della dispersione familiare contenuta nell’immagine delle rondini tardive (v. 49).

VERSO LE COMPETENZE

Comprendere

1 Che cosa rappresenta la Romagna per Pascoli?


2 Come trascorreva le sue giornate il poeta da bambino?


3 Quali sono gli attuali sentimenti dell’autore rispetto a quel passato lontano?

Analizzare

4 Compila la tabella con i nomi delle piante e degli animali nominati nel testo.


Piante

Animali









5 Rintraccia tutti gli aggettivi utilizzati dal poeta in riferimento alla sua terra d’origine. Quali sentimenti mostrano?


6 Quale figura di significato riconosci ai vv. 33-34 (immobilmente, / io galoppava)?


7 Quale figura sintattica trovi al v. 51 (io, la mia patria or è dove si vive)? A quale scopo è stata utilizzata?


8 In diversi passaggi del testo Pascoli fa ricorso al fonosimbolismo. Individuali e commentali.


9 Considera la struttura dei vv. 47-48 (stormir di frondi, cinguettìo d’uccelli, / risa di donne, strepito di mare). Che cosa puoi notare? Quale effetto determina la scelta del poeta?

Interpretare

10 La sequenza cui regnarono Guidi e Malatesta, / cui tenne pure il Passator cortese, / re della strada, re della foresta (vv. 6-8) viene ripetuta alla fine del componimento (vv. 58-60). Per quale motivo secondo te?

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scrivere per...

confrontare

11 Metti a confronto questa poesia con Davanti San Guido ( T6, p. 79) di Giosuè Carducci, evidenziando analogie e differenze in un testo espositivo di circa 30 righe.

Dibattito in classe

12 Per il poeta, il luogo e il tempo dell’infanzia sono stati i più felici della sua vita, a contatto con la natura e trasfigurati nelle fantasie fanciullesche. Ma è sempre così? Confrontati con la classe.

T4

I puffini dell'Adriatico

Myricae

Uno studio scientifico dell’ornitologo Luigi Paolucci, pubblicato tra il 1882 e il 1883 sulla “Rivista di filosofia scientifica”, sosteneva che il canto dei puffini, uccelli marini dell’Adriatico, costituisse il gradino immediatamente inferiore alla parola umana: «Le loro voci sono lunghe, tenute piuttosto basse, come quelle dei marinai che da una barca all’altra conversano per ingannare il tempo della bonaccia importuna; ovvero si ripetono interrotte e rapide come dolci oziose risate». Da tale fonte Pascoli, sempre interessato alla ricerca naturalistica, trasse lo spunto per le immagini e le suggestioni di questa poesia.


METRO Sonetto con schema di rime ABBA ABBA CDE CDE.

Tra cielo e mare (un rigo di carmino

recide intorno l’acque marezzate)

parlano. È un’alba cerula d’estate:

4      non una randa in tutto quel turchino.


Pur voci reca il soffio del garbino

con oziose e tremule risate.

Sono i puffini: su le mute ondate

8      pende quel chiacchiericcio mattutino.


Sembra un vociare, per la calma, fioco,

di marinai, ch’ad ora ad ora giunga

11    tra ’l fievole sciacquìo della risacca;


quando, stagliate dentro l’oro e il fuoco,

le paranzelle in una riga lunga

14    dondolano sul mar liscio di lacca.

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DENTRO IL TESTO

I contenuti tematici

Nell’incanto di un’alba estiva, il paesaggio sembra come addormentato, sprofondato nell’immobile solitudine di un’infinità spaziale tra cielo e mare (v. 1). All’orizzonte non c’è neppure una barca, ma dalla spiaggia, che possiamo immaginare come il punto di osservazione del poeta, mentre si percepisce appena il rumore delle onde risospinte dalla riva (’l fievole sciacquìo della risacca, v. 11), si odono versi misteriosi che paiono tremule risate (v. 6): sono gli stridi dei puffini, uccelli di mare dalle voci quasi umane. Sembrano grida lontane di marinai portate dal libeccio, quando le barche da pesca, allineate in una lunga fila, nitida sullo sfondo rosso oro del cielo, dondolano appena sul mare liscio come uno strato di vernice.

Le immagini iniziali della poesia ricordano le pennellate di un pittore impressionista: un rigo di carmino (v. 1), l’acque marezzate (v. 2), un’alba cerula (v. 3), il turchino del mare (v. 4) nel quale non si scorge neppure la sagoma lontana di una vela. Ma queste indicazioni cromatiche e visive sono inserite in un clima suggestivo che conferisce loro echi più profondi; l’atmosfera, infatti, appare come incantata, sospesa in una dimensione onirica che la rende sfuggente e inafferrabile.

Il carattere apparentemente descrittivo della poesia è dunque contraddetto dalla sua visionarietà: il suono animale si confonde con la lingua umana, le voci dei puffini – creature aeree, prive di legami con la terra – sembrano quasi lanciare arcani messaggi da un indefinito “al di là”, il piano della realtà oggettiva sconfina in quello, enigmatico, dei sensi e nella sfera dell’io, così che l’ambiente raffigurato si trasforma in una sorta di puro e misterioso paesaggio mentale. Come sempre in Pascoli, la rappresentazione è soltanto uno scenario capace di definire uno stato d’animo, che si trasmette dal poeta al lettore e lo avvolge nell’intricato mistero delle cose.

Le scelte stilistiche

Mentre la prima quartina (vv. 1-4) e la seconda terzina (vv. 12-14) sono incentrate su sensazioni visive, i versi centrali del sonetto (vv. 5-11) puntano invece sulla percezione acustica, restituendo l’impressione sonora del chiacchiericcio (v. 8) dei puffini, ma anche dello sciacquìo (v. 11) del mare. Questi citati sono sostantivi dalla forte valenza fonosimbolica, vocaboli cioè, già presenti nei repertori lessicali, che vengono scelti dal poeta per l’intrinseco potenziale onomatopeico. Il loro utilizzo non è però finalizzato a una maggiore resa mimetica della realtà; anzi, l’effetto è esattamente opposto, dal momento che la componente evocativa che è insita nei loro suoni accresce la carica simbolica del linguaggio della natura, che il poeta tenta di cogliere e decifrare.

Del resto, non mancano neppure effetti fonici più tradizionali quali l’allitterazione della vocale a, ricorrente in particolare nella prima quartina per accentuare la sensazione di infinitezza (acque marezzate; parlano; alba cerula d’estate; randa), e della i, che richiama nella seconda quartina i suoni acuti degli uccelli (chiacchiericcio mattutino, v. 8), nonché delle consonanti s e l, che riproducono nelle due terzine rispettivamente il rumore del mare (sciacquìo della risacca, v. 11) e la calma liquida dell’acqua (liscio di lacca, v. 14).

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VERSO LE COMPETENZE

Comprendere

1 Fai la parafrasi del sonetto.

Analizzare

2 Qual è il soggetto del verbo parlano (v. 3)?


3 Individua nel componimento i vocaboli tecnici del gergo marinaresco.

Interpretare

4 Come definiresti lo stato d’animo del poeta che descrive la scena?

sviluppare il lessico

5 Nel componimento, Pascoli utilizza termini che indicano modi e toni diversi del parlare (chiacchiericcio, vociare). Di seguito ne elenchiamo altri: dopo aver controllato il significato sul dizionario, usali in una frase.

parlottìo sbraitare bisbiglìo vocìo sproloquio schiamazzo latrato

T5

Orfano

Myricae

Un’anziana donna canta la ninna nanna a un bimbo nella culla, e il mondo di fiaba creato dalla cantilena – un paesaggio fiorito, così diverso dall’atmosfera invernale in cui si svolge la scena – si tramuta nella sicurezza del «nido» familiare.


Metro Rispetto (forma popolare di lirica monostrofica) di endecasillabi con schema di rime ABABCCDD.

Lenta la neve fiocca, fiocca, fiocca.

Senti: una zana dondola pian piano.

Un bimbo piange, il piccol dito in bocca;

canta una vecchia, il mento sulla mano.

5      La vecchia canta: Intorno al tuo lettino

c’è rose e gigli, tutto un bel giardino.

Nel bel giardino il bimbo s’addormenta.

La neve fiocca lenta, lenta, lenta…

DENTRO IL TESTO

I contenuti tematici

Il breve componimento sembra quasi una ninna nanna, ma il titolo, Orfano, allude a un tema centrale nella poesia pascoliana, quello del «nido» violato e dell’abbandono. Possiamo ipotizzare che la vecchia e il bambino condividano la perdita di una medesima persona, figlia della prima e madre del secondo.

La serenità del «nido», rappresentata comunque dalla placida compagnia di una voce rassicurante, potrà nascondere infatti solo per poco la reale condizione del bambino ora ignaro, destinato però a conoscere presto il dramma di essere orfano. Tuttavia il motivo doloroso è accennato soltanto nel titolo: per il resto prevalgono i toni di un quadretto raccolto e sereno.

 >> pagina 458

Le scelte stilistiche

Il periodare del testo è di tipo paratattico. La lirica procede infatti per frasi giustapposte, in una perfetta corrispondenza tra sintassi e schema metrico: ogni frase si esaurisce in un solo verso ed è bipartita dalla cesura in due emistichi equivalenti. Da ciò risulta un ritmo lento e cadenzato, monotono come la nevicata e il canto della vecchia, nel chiasmo (canta una vecchia; la vecchia canta) che lega strettamente tra loro i vv. 4 e 5. L’aggettivo lenta (v. 1 e v. 8, qui ripetuto tre volte in epanalessi), usato con valore avverbiale (“lentamente”), incornicia il componimento all’interno di una circolarità ritmica di notevole efficacia.

VERSO LE COMPETENZE

Comprendere

1 Descrivi gli atteggiamenti dei due personaggi del componimento.

Analizzare

2 Rintraccia le anafore presenti nel testo e spiegane la funzione espressiva.


3 Individua nel testo altre figure retoriche.

Interpretare

4 Quali sentimenti trasmette questo testo? perché?


5 Ha scritto il critico Giampaolo Borghello: «Orfano rappresenta una sottile e perfetta compenetrazione di quadro paesistico, attenzione sonora e sensibilità ritmica». Su quali elementi si basa, secondo te, questo giudizio? Motiva la tua risposta.

sviluppare il lessico

6 Le parole che indicano legami di parentela dicono molto sulla cultura da cui esse vengono: in italiano, per esempio, esiste un termine, orfano, per indicare chi ha perso uno o entrambi i genitori, mentre non esiste un corrispettivo per indicare chi ha perso un figlio. Alcune lingue distinguono in modo molto preciso i legami genitore-figlio, indicando con termini differenti – per esempio – figli della stessa madre o dello stesso padre. Fai una ricerca su questo argomento, soffermandoti soprattutto sulle lingue che conosci e sul dialetto parlato nella tua zona.

scrivere per...

argomentare

7 Il componimento descrive un esempio del ripetersi di gesti millenari legati alla cura dell’adulto per il bambino. A tuo giudizio, nella frenetica società di oggi c’è ancora spazio per gesti come questi condotti con altrettanta “lentezza”? E se i ritmi lavorativi degli adulti spesso non consentono loro di avere tempo e attenzione per i figli, che cosa rischiano di perdere questi ultimi? Scrivi un testo argomentativo di circa 30 righe.

Il magnifico viaggio - volume 5
Il magnifico viaggio - volume 5
Dal secondo Ottocento al primo Novecento