T6 - Il naufragio della Provvidenza

T6

Il naufragio della Provvidenza

I Malavoglia, cap. 3

Il dramma era stato annunciato già nei capitoli precedenti, quando padron ’Ntoni fiutava l’aria per capire se ci sarebbe stata tempesta. Appena si fa giorno, il naufragio dell’imbarcazione su cui viaggiano Bastianazzo e Menico con il carico dei lupini diventa rapidamente una certezza per tutti gli abitanti del paese. Quella sera stessa anche Maruzza, la moglie di Bastianazzo, comprende, dalle attenzioni e dagli sguardi della comunità, che non c’è più speranza e che il marito è morto.

Dopo la mezzanotte il vento s’era messo a fare il diavolo, come se sul tetto ci fossero
tutti i gatti del paese, e a scuotere le imposte. Il mare si udiva muggire attorno
ai fariglioni1 che pareva ci fossero riuniti i buoi della fiera di S. Alfio,2 e il giorno era
apparso nero peggio dell’anima di Giuda.3 Insomma una brutta domenica di settembre,
5      di quel settembre traditore che vi lascia andare un colpo di mare fra capo
e collo, come una schioppettata fra i fichidindia.4 Le barche del villaggio erano
tirate sulla spiaggia, e bene ammarrate5 alle grosse pietre sotto il lavatoio; perciò i
monelli si divertivano a vociare e fischiare quando si vedeva passare in lontananza
qualche vela sbrindellata, in mezzo al vento e alla nebbia, che pareva ci avesse il
10    diavolo in poppa; le donne invece si facevano la croce, quasi vedessero cogli occhi
la povera gente che vi era dentro.
Maruzza la Longa non diceva nulla, com’era giusto,6 ma non poteva star ferma
un momento, e andava sempre di qua e di là, per la casa e pel cortile, che pareva
una gallina quando sta per far l’uovo. Gli uomini erano all’osteria, e nella bottega
15    di Pizzuto,7 o sotto la tettoia del beccaio,8 a veder piovere, col naso in aria. Sulla
riva c’era soltanto padron ’Ntoni, per quel carico di lupini che ci aveva in mare
colla Provvidenza e suo figlio Bastianazzo per giunta, e il figlio della Locca,9 il
quale non aveva nulla da perdere lui, e in mare non ci aveva altro che suo fratello
Menico, nella barca dei lupini. Padron Fortunato Cipolla,10 mentre gli facevano
20    la barba, nella bottega di Pizzuto, diceva che non avrebbe dato due baiocchi11 di
Bastianazzo e di Menico della Locca, colla Provvidenza e il carico dei lupini. […]
Sull’imbrunire comare Maruzza coi suoi figliuoletti era andata ad aspettare
sulla sciara,12 d’onde si scopriva un bel pezzo di mare, e udendolo urlare a quel
modo  trasaliva e si grattava il capo13 senza dir nulla. La piccina14 piangeva, e quei
25    poveretti, dimenticati sulla sciara, a quell’ora, parevano le anime del purgatorio.
Il piangere della bambina le faceva male allo stomaco, alla povera donna, le sembrava
quasi un malaugurio; non sapeva che inventare per tranquillarla, e le cantava
le canzonette colla voce tremola che sapeva di lagrime anche essa.
Le comari, mentre tornavano dall’osteria, coll’orciolino15 dell’olio, o col fiaschetto
30    del vino, si fermavano a barattare qualche parola16 con la Longa senza aver
l’aria di nulla, e qualche amico di suo marito Bastianazzo, compar Cipolla, per
esempio, o compare Mangiacarrubbe, passando dalla sciara per dare un’occhiata
verso il mare, e vedere di che umore si addormentasse il vecchio brontolone,17 andavano
a domandare a comare la Longa di suo marito, e stavano un tantino a farle
35    compagnia, fumandole in silenzio la pipa sotto il naso, o parlando sottovoce fra
di loro. La poveretta, sgomenta da quelle attenzioni insolite, li guardava in faccia
sbigottita, e si stringeva al petto la bimba, come se volessero rubargliela. Finalmente
il più duro o il più compassionevole la prese per un braccio e la condusse
a casa. Ella si lasciava condurre, e badava a ripetere: «Oh! Vergine Maria! Oh! Vergine
40    Maria!». I figliuoli la seguivano aggrappandosi alla gonnella, quasi avessero
paura che rubassero qualcosa anche a loro. Mentre passavano dinanzi all’osteria,
tutti gli avventori si affacciarono sulla porta, in mezzo al gran fumo, e tacquero
per vederla passare come fosse già una cosa curiosa.18
«Requiem eternam»,19 biascicava sottovoce lo zio Santoro,20 «quel povero
45    Bastianazzo mi faceva sempre la carità, quando padron ’Ntoni gli lasciava qualche
soldo in tasca».
La poveretta che non sapeva di essere vedova, balbettava: «Oh! Vergine Maria!
Oh! Vergine Maria!».
Dinanzi al ballatoio della sua casa c’era un gruppo di vicine che l’aspettavano,
50    e cicalavano21 a voce bassa fra di loro. Come la videro da lontano, comare Piedipapera
e la cugina Anna le vennero incontro, colle mani sul ventre, senza dir
nulla. Allora ella si cacciò le unghie nei capelli con uno strido disperato e corse a
rintanarsi in casa.
«Che disgrazia!», dicevano sulla via. «E la barca era carica! Più di quarant’onze22
55    di lupini!».
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DENTRO IL TESTO

I contenuti tematici

Alcuni indizi premonitori sembrano annunciare la tragedia incombente, che determina l’inizio delle disgrazie della famiglia di padron ’Ntoni: l’improvviso cambiamento del tempo getta una luce sinistra sulla sorte della Provvidenza, che ha sfidato la burrasca mentre tutte le altre barche del paese sono ormeggiate. Inoltre le metafore dell’immaginario religioso (il vento che s’era messo a fare il diavolo, r. 1; il giorno che era apparso nero peggio dell’anima di Giuda, rr. 3-4) conferiscono sin da subito all’evento un carattere sovrannaturale che lo rende ineluttabile.

Verga non narra direttamente la triste sorte della barca e di Bastianazzo, ma la fa intravedere nelle parole e nei gesti degli abitanti del borgo: è infatti la visione d’assieme che interessa il narratore, la gestualità collettiva, la coralità delle reazioni del popolo. Tra un rosario e l’altro, le comari snocciolano pettegolezzi e rimproveri per l’ingordigia dei Malavoglia, colpevoli di un azzardo imperdonabile: aver tentato la fortuna. La Longa, priva di una parola di compassione, attorniata dai figli, è sola, sia fisicamente sia moralmente, chiusa in un dignitoso dolore; quando capisce di essere rimasta vedova, esplode in un urlo disperato, prima di correre a rintanarsi in casa (rr. 52-53).

 >> pagina 245

Il coro paesano evidenzia l’assoluta distanza di Verga da un atteggiamento populistico. I membri del villaggio ragionano esclusivamente in un’ottica legata al profitto, e neanche nella sciagura sono capaci di esprimere altri sentimenti che non siano connessi al guadagno e all’interesse. La centralità del motivo economico si vede, attraverso la tecnica dello straniamento, in una frase apparentemente posta quasi come un inciso, ma in realtà brutale nell’idea che sottintende. Alle rr. 18-19 leggiamo infatti che il figlio della Locca non aveva nulla da perdere lui, e in mare non ci aveva altro che suo fratello Menico, nella barca dei lupini. È come se, dal punto di vista degli abitanti del villaggio, la sua preoccupazione fosse meno intensa di quella dei Malavoglia, perché può perdere solo il fratello (Menico); i Malavoglia, invece, oltre a un parente (Bastianazzo), rischiano di veder naufragare anche e soprattutto la barca con i lupini. In altre parole, la vita di un familiare conta altrettanto se non addirittura meno delle cose materiali. Espressione della stessa mentalità è il commento della gente su cui si chiude il passo: «Che disgrazia!», dicevano sulla via. «E la barca era carica! Più di quarant’onze di lupini!» (rr. 54-55). Nella visione di tutti, la morte delle persone è una sola cosa con la perdita della barca e del suo carico.
Emerge però anche un certo senso della comunità, che si esprime in alcune manifestazioni, in verità piuttosto rozze e impacciate, di interessamento e di solidarietà da parte dei paesani nei confronti di Maruzza, che attende gli eventi scrutando ansiosa il mare. Subito dopo, comunque, ciascuno rientra a casa propria: le attenzioni sono insolite (r. 36) perché il coinvolgimento nelle vicende altrui può essere solo occasionale; poi conviene pensare di nuovo a sé stessi per non mettere a repentaglio i propri interessi. Cosa che accadrebbe, per esempio, se la solidarietà dovesse tradursi in gesti concreti di aiuto e di sostegno materiale; ma questo non è contemplato nella logica economica narrata da Verga. Si nota infine, sottinteso ma ben presente, un certo fatalismo: la gente del luogo sa che chi va in mare rischia la vita. Uno dei proverbi più ripetuti nel romanzo dice con più di un bisticcio: «Il mare è amaro, e il marinaio muore in mare».

Le scelte stilistiche

L’episodio è fondamentale ai fini della trama, essendo all’origine dei successivi rovesci di fortuna che i Malavoglia si troveranno ad attraversare, ma Verga non ne fa la “scena madre” del romanzo, come avrebbe fatto invece uno scrittore romantico, magari rappresentandola con toni epici o patetici. Lo scrittore verista, al contrario, tratta l’argomento con estrema freddezza e distacco, tanto che la notizia della morte di Bastianazzo viene data al lettore in un inciso riferito a Maruzza, che non sapeva di essere vedova (r. 47). La voce narrante segue lo sviluppo dei fatti come se si trovasse accanto agli abitanti del borgo; la drammaticità è nelle cose, si manifesta nello sconvolgimento interiore di Maruzza, che ripete Vergine Maria, come in trance; anche al termine della scena non c’è bisogno di aggiungere parole oltre a quelle, ciniche e indifferenti, pronunciate dal coro paesano.

L’impressione che il lettore ne ricava è quella di una trascrizione fedele, la quale non si concede commenti personali non in linea con la mentalità comune. Lo spazio dell’invenzione è annullato dalla riproduzione mimetica delle voci e dei pensieri che utilizzerebbe la gente di Aci Trezza. Così, già nelle prime righe, il vento s’era messo a fare il diavolo, come se sul tetto ci fossero tutti i gatti del paese (rr. 1-2), il mare muggiva che pareva ci fossero riuniti i buoi della fiera di S. Alfio (r. 3), e il giorno era apparso nero peggio dell’anima di Giuda (rr. 3-4). Quest’ultima è un’immagine familiare al popolo che conosce la storia sacra dalle prediche domenicali, essendo la religione un elemento non secondario dell’identità collettiva di questo microcosmo. Anche la similitudine che troviamo poco dopo, come una schioppettata fra i fichidindia (r. 6), è un’immagine paesana, giacché i fichidindia sono caratteristici della vegetazione siciliana.
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VERSO LE COMPETENZE

Comprendere

1 Perché Maruzza nella prima parte del brano è inquieta?


2 Che cosa significa che Padron Fortunato Cipolla […] diceva che non avrebbe dato due baiocchi di Bastianazzo e di Menico della Locca, colla Provvidenza e il carico dei lupini (rr. 19-21)?


3 Chi sono quei poveretti alle rr. 24-25?

ANALIZZARE

4 Individua nel testo altri esempi di regressione oltre a quelli indicati nell’analisi del testo.


5 Quali stati d’animo indica l’interiezione Oh! Vergine Maria! Oh! Vergine Maria! (rr. 39-40 e rr. 47-48)?

interpretare

6 Perché i figli di Maruzza vengono descritti come anime del purgatorio (r. 25)?


7 Perché chi decide di riportare a casa Maruzza viene definito il più duro o il più compassionevole (r. 38)? Spiega l’apparente contraddizione.

sviluppare il lessico

8 Il mare si udiva muggire attorno ai fariglioni (rr. 2-3): che tipo di suono indica, in senso figurato, il verbo “muggire”? Trova almeno altri tre verbi che, usati in senso figurato, possano indicare un suono e scrivi una frase per ciascuno di essi, indicando la qualità del suono descritto.

scrivere per...

raccontare

9 Gli uomini erano all’osteria, e nella bottega di Pizzuto, o sotto la tettoia del beccaio, a veder piovere, col naso in aria (rr. 14-15). Verga non riferisce i dialoghi tra questi uomini, se non in un cenno alle rr. 19-21: Padron Fortunato Cipolla […] diceva che non avrebbe dato due baiocchi di Bastianazzo e di Menico della Locca, colla Provvidenza e il carico dei lupini. Prova a immaginarli scrivendo una serie di discorsi diretti in un testo narrativo di circa 20 righe.

Il magnifico viaggio - volume 5
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Dal secondo Ottocento al primo Novecento