T4 - "La fiumana del progresso"

T4

«La fiumana del progresso»

I Malavoglia, Prefazione

La Prefazione del romanzo costituisce un’importante pagina teorica del Verismo, nella quale Verga presenta le caratteristiche del suo metodo di rappresentazione della realtà, ma anche i princìpi fondamentali di una visione del mondo antitetica a quelle che individuano nel progresso l’unica salvezza dell’umanità. Al tempo stesso l’autore preannuncia ai lettori il ciclo narrativo di cui I Malavoglia avrebbe dovuto essere il primo capitolo: il progetto di un grande affresco sociale che, come sappiamo, non sarà ultimato.

Questo racconto è lo studio sincero e spassionato del come probabilmente devono
nascere e svilupparsi nelle più umili condizioni le prime irrequietudini1 pel
benessere; e quale perturbazione debba arrecare in una famigliuola, vissuta sino
allora relativamente felice, la vaga bramosìa dell’ignoto,2 l’accorgersi che non si
5      sta bene, o che si potrebbe star meglio.
Il movente dell’attività umana che produce la fiumana del progresso è preso
qui alle sue sorgenti, nelle proporzioni più modeste e materiali. Il meccanismo
delle passioni che la determinano in quelle basse sfere è meno complicato, e potrà
quindi osservarsi con maggior precisione. Basta lasciare al quadro le sue tinte
10    schiette e tranquille, e il suo disegno semplice. Man mano che cotesta ricerca del
meglio di cui l’uomo è travagliato3 cresce e si dilata, tende anche ad elevarsi e segue
il suo moto ascendente nelle classi sociali. Nei Malavoglia non è ancora che la
lotta pei bisogni materiali. Soddisfatti questi, la ricerca diviene avidità di ricchezze,
e si incarnerà in un tipo borghese, Mastro don Gesualdo, incorniciato nel quadro
15    ancora ristretto di una piccola città di provincia, ma del quale i colori cominceranno
ad essere più vivaci, e il disegno a farsi più ampio e variato. Poi diventerà vanità
aristocratica nella Duchessa de Leyra; e ambizione nell’Onorevole Scipioni, per arrivare
all’Uomo di lusso,4 il quale riunisce tutte coteste bramosìe, tutte coteste vanità,
tutte coteste ambizioni, per comprenderle e soffrirne, se le sente nel sangue, e ne
20    è consunto. A misura che5 la sfera dell’azione umana si allarga, il congegno della
passione va complicandosi; i tipi si disegnano certamente meno originali, ma più
curiosi, per la sottile influenza che esercita sui caratteri l’educazione, ed anche tutto
quello che ci può essere di artificiale nella civiltà.6 Persino il linguaggio tende
ad individualizzarsi, ad arricchirsi di tutte le mezze tinte dei mezzi sentimenti,7
25    di tutti gli artifici della parola onde dar rilievo all’idea, in un’epoca che impone
come regola di buon gusto un eguale formalismo8 per mascherare un’uniformità
di sentimenti e d’idee. Perché la produzione artistica di cotesti quadri sia esatta,
bisogna seguire scrupolosamente le norme di questa analisi; esser sinceri per dimostrare
la verità, giacché la forma è così inerente9 al soggetto, quanto ogni parte
30    del soggetto stesso è necessaria alla spiegazione dell’argomento generale.
Il cammino fatale, incessante, spesso faticoso e  febbrile che segue l’umanità
per raggiungere la conquista del progresso, è grandioso nel suo risultato, visto
nell’insieme, da lontano. Nella luce gloriosa che l’accompagna dileguansi10 le irrequietudini,
le avidità, l’egoismo, tutte le passioni, tutti i vizi che si trasformano
35    in virtù, tutte le debolezze che aiutano l’immane lavoro, tutte le contraddizioni,
dal cui attrito sviluppasi la luce della verità. Il risultato umanitario11 copre quanto
c’è di meschino negli interessi particolari che lo producono; li giustifica quasi
come mezzi necessari a stimolare l’attività dell’individuo cooperante inconscio a
beneficio di tutti.12 Ogni movente di cotesto lavorìo universale, dalla ricerca del
40    benessere materiale alle più elevate ambizioni, è legittimato dal solo fatto della
sua opportunità a raggiungere lo scopo del movimento incessante; e quando si
conosce dove vada quest’immensa corrente dell’attività umana, non si domanda
al certo come ci va. Solo l’osservatore, travolto anch’esso dalla fiumana, guardandosi
intorno, ha il diritto di interessarsi ai deboli che restano per via, ai fiacchi che
45    si lasciano sorpassare dall’onda per finire più presto, ai vinti che levano le braccia
disperate, e piegano il capo sotto il piede brutale dei sovravvegnenti,13 i vincitori
d’oggi, affrettati anch’essi, avidi anch’essi d’arrivare, e che saranno sorpassati
domani.
I Malavoglia, Mastro-don Gesualdo, la Duchessa de Leyra, l’Onorevole Scipioni,
50    l’Uomo di lusso sono altrettanti vinti che la corrente ha deposti sulla riva, dopo
averli travolti e annegati, ciascuno colle stimate del suo peccato,14 che avrebbero
dovuto essere lo sfolgorare della sua virtù. Ciascuno, dal più umile al più elevato,
ha avuta la sua parte nella lotta per l’esistenza, pel benessere, per l’ambizione –
dall’umile pescatore15 al nuovo arricchito16 – alla intrusa nelle alte classi17 – all’uomo
55    dall’ingegno e dalle volontà robuste, il quale si sente la forza di dominare
gli altri uomini, di prendersi da sé quella parte di considerazione pubblica che il
pregiudizio sociale gli nega per la sua nascita illegale; di fare la legge, lui nato fuori
della legge18 – all’artista che crede di seguire il suo ideale seguendo un’altra forma
dell’ambizione.19 Chi osserva questo spettacolo non ha il diritto di giudicarlo; è
60    già molto se riesce a trarsi un istante fuori del campo della lotta per studiarla senza
passione, e rendere la scena nettamente, coi colori adatti, tale da dare la rappresentazione
della realtà com’è stata, o come avrebbe dovuto essere.
Milano, 19 gennaio 1881.
 >> pagina 238

DENTRO IL TESTO

I contenuti tematici

Le espressioni che incorniciano la Prefazione al romanzo costituiscono il fulcro dell’idea verghiana di Verismo, ribadendo e sviluppando i concetti già illustrati in un’altra prefazione, quella alla novella L’amante di Gramigna ( T1, p. 206). All’inizio l’autore presenta il proprio lavoro come lo studio sincero e spassionato del come probabilmente devono nascere e svilupparsi (rr. 1-2) le irrequietudini pel benessere (rr. 2-3) fra gli umili: secondo i dettami del Naturalismo francese, che indicava come contenuto della letteratura l’analisi dei documenti umani e di fatti verosimili attraverso un metodo oggettivo e scientifico, Verga si propone di illuminare quella vaga bramosìa dell’ignoto (r. 4) che spinge la povera gente non verso un preciso oggetto del desiderio, ma verso un generico bisogno di mutar vita, alla ricerca del meglio. A sua volta, nel periodo conclusivo, viene confermata la necessità di descrivere la scena umana senza passione (rr. 60-61) e coi colori adatti (r. 61), rappresentando la realtà com’è stata o come avrebbe dovuto essere (r. 62): l’impersonalità può essere raggiunta solo rinunciando ai sentimenti di parte e sospendendo il giudizio (Chi osserva questo spettacolo non ha il diritto di giudicarlo, r. 59).

Tuttavia, la scelta del contenuto adottata dall’autore pare contrastare una concezione asettica del Verismo come imparziale metodo di lavoro. Verga si sofferma infatti sui deboli che restano per via (r. 44), cioè gli sconfitti nella lotta per la vita, ai quali concede la solidarietà umana e una chiara vicinanza emotiva. D’altra parte, a dispetto della dichiarazione di neutralità nei confronti dei fatti narrati, egli fa balenare da subito la propria interpretazione ideologica del romanzo. In un primo momento, sembra avallare il mito positivo, quasi provvidenziale del progresso (mito dominante nel pensiero evoluzionistico del suo tempo), ammantandolo di una luce gloriosa (r. 33). Addirittura tutti i vizi […] si trasformano in virtù (rr. 34-35) e gli egoismi dei singoli individui possono produrre un bene comune, capace di annullare le meschinità e i soprusi dei più forti generando benefici per tutta la società. Ma l’idea che il futuro apparecchi per l’umanità una bella marcia trionfale è un’utopia che può coltivare solo chi guarda l’esistenza degli uomini da lontano. Da vicino, invece, la sorte dei singoli non ammette speranze, destinata com’è a essere stritolata dagli ingranaggi spietati del progresso.

Così l’atteggiamento dell’autore esclude ogni ottimismo positivistico. La sconfitta che attende i protagonisti del romanzo, la famiglia dei Malavoglia, è il risultato di una autolesionistica ambizione di scalata sociale: se avesse continuato a rimanere abbarbicata al suo scoglio, senza sperare di arricchirsi (con il capostipite padron ’Ntoni) e senza tradire la morale degli avi (con il giovane nipote ’Ntoni), essa avrebbe potuto continuare a vivere relativamente felice (r. 4). La stessa sorte, del resto, attende gli altri protagonisti del progettato ciclo narrativo dei Vinti: cambiano gli uomini, i contesti sociali e le ambizioni, ma dalla lotta per l’esistenza (r. 53) nessuno può uscire vincitore.

VERSO LE COMPETENZE

COMPRENDERE

1 Qual è il tema che accomuna tutti i romanzi del Ciclo dei Vinti?


2 Perché i protagonisti del ciclo progettato dall’autore sono considerati Vinti?


3 Completa la tabella a lato riferita al Ciclo dei Vinti.


Titolo del romanzo

Classe sociale

Passione descritta
















 >> pagina 239

ANALIZZARE

4 A quali aspetti ed effetti del progresso allude la metafora della fiumana (r. 6)?


5 Il movente dell’attività umana che produce la fiumana del progresso è preso qui alle sue sorgenti, nelle proporzioni più modeste e materiali (rr. 6-7): spiega il significato di questa espressione metaforica.


6 Quale funzione viene attribuita all’educazione e alla civiltà?


7 Che rapporto c’è tra il destino del singolo e quello dell’umanità?

INTERPRETARE

8 Quale visione complessiva della realtà emerge da questo passo?


9 Come cambia, a giudizio di Verga, la dinamica delle passioni, a seconda che siano vissute dalle classi umili o da quelle più elevate? E che cosa invece rimane immutato?


10 Quale deve essere, secondo Verga, l’atteggiamento dello scrittore verso la realtà descritta?

scrivere per...

esporre

11 Alla luce della lettura delle novelle verghiane da te lette, ritieni che i precetti contenuti in questa Prefazione siano stati applicati e in che misura? Motiva la tua opinione in un testo di circa 20 righe.

argomentare

12 Chi sono, secondo te, oggi i “vinti”? Esiste una categoria sociale, culturale o antropologica costretta più di altre a un destino di sofferenza e di esclusione? Sviluppa il tuo pensiero in un testo di circa 40 righe.


13 Prova a capovolgere il punto di vista verghiano e descrivi in un testo di circa 30 righe le conseguenze positive apportate alla vita umana dal progresso.

T5

La famiglia Malavoglia

I Malavoglia, cap. 1

Fedele al canone dell’impersonalità, Verga dà inizio al romanzo in medias res, con la presentazione dei Malavoglia. Non viene data nessuna coordinata spazio-temporale: il lettore si trova messo di fronte a una folla di uomini e donne che dovrà imparare a conoscere da solo.

Un tempo i Malavoglia erano stati numerosi come i sassi della strada vecchia di
Trezza;1 ce n’erano persino ad Ognina, e ad Aci Castello,2 tutti buona e brava gente
di mare, proprio all’opposto3 di quel che sembrava dal nomignolo, come dev’essere.
Veramente nel libro della parrocchia4 si chiamavano Toscano, ma questo
5      non voleva dir nulla, poiché da che il mondo era mondo, all’Ognina, a Trezza e
ad Aci Castello, li avevano sempre conosciuti per Malavoglia, di padre in figlio,
che avevano sempre avuto delle barche sull’acqua, e delle tegole5 al sole. Adesso
a Trezza non rimanevano che i Malavoglia di padron ’Ntoni, quelli della casa del
nespolo, e della Provvidenza ch’era ammarrata6 sul greto, sotto il lavatoio,7 accanto
10    alla Concetta dello zio Cola, e alla paranza8 di padron Fortunato Cipolla.
Le burrasche che avevano disperso di qua e di là gli altri Malavoglia, erano
passate senza far gran danno sulla casa del nespolo e sulla barca ammarrata sotto
il lavatoio; e padron ’Ntoni, per spiegare il miracolo, soleva dire, mostrando il
pugno chiuso – un pugno che sembrava fatto di legno di noce «Per menare9 il remo
15    bisogna che le cinque dita s’aiutino l’un l’altro».
Diceva pure, «Gli uomini son fatti come le dita della mano: il dito grosso deve
far da dito grosso, e il dito piccolo deve far da dito piccolo».
E la famigliuola di padron ’Ntoni era realmente disposta come le dita della
mano. Prima veniva lui, il dito grosso, che comandava le feste e le quarant’ore;10
20    poi suo figlio Bastiano, Bastianazzo, perché era grande e grosso quanto il San Cristoforo
che c’era dipinto sotto l’arco della pescheria della città; e così grande e
grosso com’era filava diritto alla manovra comandata,11 e non si sarebbe soffiato
il naso se suo padre non gli avesse detto “sòffiati il naso» tanto che s’era tolta in
moglie12 la Longa quando gli avevano detto “pìgliatela”. Poi veniva la Longa, una
25    piccina che badava a tessere, salare le acciughe, e far figliuoli, da buona massaia;
infine i nipoti, in ordine di anzianità: ’Ntoni, il maggiore, un  bighellone di
vent’anni, che si buscava tutt’ora qualche scappellotto dal nonno, e qualche pedata
più giù per rimettere l’equilibrio, quando lo scappellotto era stato troppo forte;
Luca, “che aveva più giudizio del grande” ripeteva il nonno; Mena (Filomena)
30    soprannominata “Sant’Agata”13 perché stava sempre al telaio, e si suol dire “donna
di telaio, gallina di pollaio, e triglia di gennaio”;14 Alessi (Alessio) un moccioso15
tutto suo nonno colui!; e Lia (Rosalia) ancora né carne né pesce. – Alla domenica,
quando entravano in chiesa, l’uno dietro l’altro, pareva una processione.
Padron ’Ntoni sapeva anche certi motti e proverbi che aveva sentito dagli antichi,16
35    “perché il motto degli antichi mai mentì”: – “Senza pilota barca non cammina”
– “Per far da papa bisogna saper far da sagrestano” – oppure – “Fa’ il mestiere
che sai, che se non arricchisci camperai” – “Contentati di quel che t’ha fatto tuo
padre; se non altro non sarai un birbante” ed altre sentenze giudiziose.
Ecco perché la casa del nespolo prosperava, e padron ’Ntoni passava per testa
40    quadra,17 al punto che a Trezza l’avrebbero fatto consigliere comunale, se don
Silvestro, il segretario,18 il quale la sapeva lunga, non avesse predicato che era un
codino19 marcio, un reazionario di quelli che proteggono i Borboni, e che cospirava
pel ritorno di Franceschello,20 onde poter spadroneggiare nel villaggio, come
spadroneggiava in casa propria.
45    Padron ’Ntoni invece non lo conosceva neanche di vista Franceschello, e badava
agli affari suoi, e soleva dire: «Chi ha carico di casa non può dormire quando
vuole» perché «chi comanda ha da dar conto».
 >> pagina 241

ANALISI ATTIVA

I contenuti tematici

Nell’aprire il romanzo, Verga evita accuratamente di introdurre gli avvenimenti: la vicenda è collocata in un passato indefinito e quasi astorico, simile a quello delle fiabe (Un tempo, r. 1), e raccontata attraverso la voce di un narratore popolare che si pone sullo stesso piano dei protagonisti.

Anche i luoghi non vengono descritti, ma citati con precisione giacché si finge di dare per scontato che il lettore li conosca già e sia anch’egli perfettamente organico alla ristretta dimensione della comunità di Aci Trezza.

1. Quali luoghi vengono menzionati nel testo?


2. Dove è ammarata la barca dei Malavoglia? Quali elementi linguistico-grammaticali indicano che si tratta di un luogo che si dà per scontato essere noto a tutti?

All’interno di questo orizzonte chiuso, i personaggi sono presentati secondo un ordine gerarchico: su tutti campeggia la figura patriarcale di padron ’Ntoni, l’instancabile lavoratore del mare, il garante della tradizione e della religione di famiglia, che comanda sul figlio Bastianazzo, sulla nuora Maruzza e sui cinque nipoti. La sua autorità è indiscutibile ed è suggellata dalla conoscenza dei proverbi, da subito citati dal narratore come la sintesi di un’atavica sapienza popolare.

Sarà proprio la violazione di questa saggezza antica a corrodere un sistema etico basato sull’unità e sull’immutabilità dei ruoli all’interno della società: la smania di adeguarsi al progresso e alla modernità porterà i Toscano alla lunga e drammatica discesa agli inferi che tocca tutti coloro i quali, invece di accontentarsi di ciò che hanno, inseguono il miraggio del benessere.

3. Quale immagine viene usata da padron ’Ntoni per indicare l’unità della famiglia?


4. Tra i nipoti, uno in particolare si distingue: chi e perché?


5. Che tipo di morale si evince dai proverbi citati da padron ’Ntoni?

Le scelte stilistiche

Le tecniche sperimentate da Verga nelle novelle di Vita dei campi trovano nel romanzo un’applicazione coerente e sistematica. La regressione del narratore colto al livello dei personaggi si coglie immediatamente quando i Toscano vengono indicati come “Malavoglia”: una ’ngiuria – ovvero un soprannome offensivo, che ha valore antifrastico – usata per sottolineare il difetto opposto alla qualità posseduta di famiglia laboriosa. La mentalità espressa dalla comunità non viene messa in discussione né tanto meno è riprodotta con atteggiamento di superiore paternalismo: tra il modo di esprimersi dei personaggi e quello del narratore c’è una perfetta fusione.

Come si evince, per esempio, dai modi di dire che fissano le caratteristiche peculiari dei personaggi (padron ’Ntoni comandava le feste e le quarant’ore, r. 19; Bastianazzo era grande e grosso quanto il San Crostoforo che c’era dipinto sotto l’arco della pescheria della città, rr. 20-21) e dalle massime proverbiali, non è possibile distinguere le voci di chi racconta e di chi è raccontato, che finiscono in tal modo per amalgamarsi in una lingua armonizzata e polifonica.

6. Quale altro soprannome, oltre a “Malavoglia”, è antifrastico?


7. Individua nel testo i proverbi, le similitudini e almeno un paio di esempi di linguaggio parlato e popolare.


8. scrivere per confrontare L’incipit dei Malavoglia è assai diverso da quello dei Promessi sposi manzoniani. Evidenzia le differenze legate al ruolo del narratore, alla rappresentazione del mondo descritto e al linguaggio usato.

Il magnifico viaggio - volume 5
Il magnifico viaggio - volume 5
Dal secondo Ottocento al primo Novecento