Il magnifico viaggio - volume 4

PROVA 2 35 40 45 50 55 60 65 70 trova resistente, e proprio il contrario di sé, si ritira tra suoi ideali, inseguito da questa coscienza, che essi non sono che ombre e apparenze del suo spirito, e questa coscienza è il disinganno, questa l uccide. Il tarlo che lo rode è appunto questo, di esser costretto a chiamare illusioni le più care sue idee, la patria, la virtù, la gloria, l amore. «Ma se l inganno ti nuoce: che monta? se il disinganno mi uccide? . L inganno lo fa divino, lo rituffa nelle fresche onde della vita, ma in fondo rimane questo pensiero omicida, che è un inganno. Alfieri è l illusione. Foscolo è il disinganno. E tutti e due sono la vuota idealità del loro secolo. L uno non ne ha coscienza, anzi ha l orgoglio e la fiducia di chi si sente nella vita; l altro ne ha una coscienza che l uccide. L uno ha tutta l energia dell illusione, quella energia che ispira i grandi pensieri e i grandi fatti. L altro ha tutte le disperazioni del disinganno, quelle disperazioni, da cui escono le nuove illusioni e le nuove speranze. Senti il vuoto in cui si dibattono in quell ingrandimento posticcio che hanno tutte le cose nella loro immaginazione. Quell ingrandimento è la realtà ancora in idea, fuori del limite o della misura, non ancora nella mobilità e varietà del suo divenire, ma fissata e cristallizzata, come è la vita nella sua astrazione, perciò monotona ed esagerata. Questi fenomeni non sono dunque capricci individuali, sono necessità psicologiche della storia. Alfieri e Foscolo sono la voce della nuova Italia in quella sua prima apparizione innanzi allo spirito; idea ancora vuota, ma non più accademica, piena di energia e destinata a vivere. Perciò il libro di Foscolo, meno perfetto artisticamente che il Werther, ha molta più importanza nella storia dello spirito. il testamento di quel gran secolo, il suo grido di dolore innanzi alla caduta di tutte le sue illusioni. Il disinganno uccide Jacopo, ma non uccide Foscolo. Se fu sua intenzione di avvezzare con quell esempio la gioventù al disprezzo della morte, scelse una via cattiva. Per giungere alla morte, non era bisogno di far tanta strada, quanta ne fece Jacopo. Il vero è che il suicidio era tradizione classica, virtù romana, divenuta cantabile in Metastasio e rifatta tragica in Alfieri. In Foscolo ha ancora un significato più moderno. la tisi dell anima, propria delle nature energiche, alle quali manchi l alimento della realtà. l idea che attraversa il cervello di un giovane a venti anni, come era Foscolo, nel primo disinganno, e non ancora entrato nella serietà della vita. L esercizio della vita scampò Foscolo da quella consunzione. Nel suo sentimentalismo ci era sempre il tribuno che ululava, lo spirito guerriero che gli ruggìa dentro. Il suo dolore ha la stessa forma; è furore, maledizione, ribellione; è forza compressa in forzato ozio, che vuol traboccare. E non mancò l occasione. Combatté per l Italia a Cento, alla Trebbia, a Novi, a Genova. Ivi, in quell ozio di caserma, troviamo già un altro Foscolo, guarito e ringiovanito. La vita militare gli rinfresca le impressioni, gli rinnova l aria. Stringe relazioni, loda e gli piace di esser lodato, si mette in comunicazione con illustri uomini, prende gusto a piccoli piaceri della vita, ha i suoi amori, i suoi duelli, le sue polemiche, ha insomma una vita comune, epilogata in quel verso: Amor, dadi, destrier, viaggi e Marte. Prove sul modello INVALSI / 513

Il magnifico viaggio - volume 4
Il magnifico viaggio - volume 4
Il primo Ottocento