Il magnifico viaggio - volume 4

Prove sul modello INVALSI Saggi critici PROVA 2 IL SUICIDIO DI JACOPO ORTIS Francesco De Sanctis, Saggi e scritti critici e vari, vol. IV, Saggi critici, a cura di Luigi Galeazzo Tenconi, Milano, Barion, 1947 Francesco De Sanctis (1817 - 1883) riflette sulle ragioni del suicidio di Jacopo Ortis, protagonista del romanzo epistolare Ultime lettere di Jacopo Ortis di Ugo Foscolo. Posto che tali ragioni risiedono nella mancata soddisfazione delle sue passioni più profonde, per una donna e per la patria, rimane da chiedersi quale rapporto leghi il personaggio al suo autore che, diversamente da Jacopo, sceglie di vivere. E su questo suggestivo interrogativo il grande critico letterario si sofferma, offrendoci le sue argomentazioni che ruotano attorno a concetti centrali nelle opere foscoliane come idealità e disinganno. 5 10 15 20 25 30 Se Jacopo potea avere una storia, cioè tanta fede e attività interiore da poter prendere sul serio la vita e rituffarvisi, sarebbe guarito, sarebbe rinato alla vita. Il suo male è appunto che non può vivere; la sua vita interiore è sviluppatissima, perché non ha più forza di spandersi al di fuori: perciò è condannato al suicidio. Questa vita ritirata al di dentro non per eccesso e soprabbondanza di forza, ma per impotenza non può produrre che sé stessa, caratteri ideali così perfetti e soprabbondanti nella loro idea, come incompiuti e manchevoli nella loro esistenza reale, essenze più che individui. Tale è Teresa e tale è Jacopo; tali Odoardo e Lauretta, o il padre di Teresa: ombre di uomini e di donne. Tutti i personaggi sono presi della stessa malattia: appariscono sulla scena, come i primi schizzi su di un cartone, disegni appena abbozzati e rimasti in idea. [...] Questo mondo di Foscolo, così com è, rimane una vuota idealità, a cui manca il naturale nutrimento della vita reale, e che si nutre di sé fino alla consunzione. Questa vuota idealità già la senti in Alfieri, che si edifica essa il suo mondo e se lo figura e atteggia a sua guisa, senza trovarvi riposo o soddisfazione, perché quel mondo è sempre lei, e più vi si dimena e grida, più scopre la sua generalità. Gli è che Alfieri non riassume un mondo, come Omero, o Dante, ma sta all ingresso di un mondo da venire. La realtà che vagheggia, è ancora vuota idealità, ma vogliosa, impaziente, credula, confidente, che, non potendo ancora avere un corpo, se ne forma uno di sé stessa, e concepisce la vita come un suo vapore. [...] Questa prima vita non è che la sua stessa ombra; è la sposa non vista ancora, ancora in balìa della sua immaginazione. Questo che è la tua creatura, tu la chiami realtà. Illusione facile de tempi nuovi, quando l avvenire si affaccia inviluppato da vapori della tua immaginazione. Illusione seguita presto dal disinganno, alla prima esperienza. Che avviene allora? In luogo di accusare la tua credulità, tu accusi la realtà che non ci ha colpa, e la getti da te e ti ritiri in te stesso, inconscio che il tuo male è appunto questo vivere in te e di te, questa tua impotenza ad uscirne. Tu non comprendi che questa tua riflessione in te stesso è appunto la tua morte, il suicidio, e che, se vuoi salvarti, se vuoi vivere, devi dimenticarti in quella realtà che trovi tanto diversa dalla creatura alla quale avevi dato il suo nome; devi quella studiare, in quella vivere, in quella cercare e trovare te stesso; tu non comprendi che la tua idea solo passando attraverso alle contraddizioni e a dolori dell esistenza può realizzare sé stessa. Tu nol comprendi e nol puoi ancora comprendere perché sei troppo giovane, e sei appena alla prima esperienza. Questo è il primo fenomeno del disinganno. L idea, urtata dalla realtà, non ha la forza di penetrarvi, e si ritira in sé, maledicendola. Foscolo rappresenta questo primo momento dello spirito. Il mondo di Jacopo è il suo riflesso, la sua creatura; e quando lo 512 / LA COMPETENZA DI LETTURA

Il magnifico viaggio - volume 4
Il magnifico viaggio - volume 4
Il primo Ottocento