4 - La riflessione sulla lingua

zo la Provvidenza trasforma il male in una serie di prove che consentono di verificare e temprare la fede dei personaggi, che la chiamano in causa a più riprese, a differenza del narratore onnisciente che non la nomina mai esplicitamente: dinanzi al mistero della Grazia divina, «un ordine che passa [supera] immensamente la nostra cognizione (come scrive nel dialogo Dell invenzione), Manzoni fa un passo indietro e sceglie per sé un silenzio reverente. DAI TEMI ai testi: T4 > p. 281 T7 > p. 300 T10 > p. 332 VISIONE STORICA MANZONIANA apertura alle masse popolari, tradizionalmente escluse dalle trattazioni storiche inizialmente pessimistica, per influsso del giansenismo l iniquità dei tempi non solleva gli individui dalle loro responsabilità gli esseri umani attraverso umiliazioni e sconfitte possono ottenere la salvezza («provvida sventura ) | 4 | La riflessione sulla lingua Tra milanese e francese Ai tempi di Manzoni erano in pochi a capire il toscano, e pochissimi in grado di parlarlo, persino fra i ceti colti. Ne dà testimonianza lo scrittore stesso in una vivace pagina del trattato Della lingua italiana: «Supponete dunque che ci troviamo cinque o sei milanesi in una casa, dove stiam discorrendo, in milanese, del più e del meno. Capita uno, e presenta un piemontese, o un veneziano, o un bolognese, o un napoletano, o un genovese; e, come vuol la creanza, si smette di parlar milanese, e si parla italiano. Dite voi se il discorso cammina come prima, dite se ci troviamo in bocca quell abbondanza e sicurezza di termini che avevamo un momento prima; dite se non dovremo, ora servirci d un vocabolo generico o approssimativo, dove prima s avrebbe avuto in pronto lo speciale, il proprio; ora aiutarci con una perifrasi, e descrivere, dove prima non s avrebbe avuto a far altro che nominare; ora tirar a indovinare, dove prima s era certi del vocabolo che si doveva usare, anzi non ci si pensava; veniva da sé; ora anche adoprar per disperati il vocabolo milanese, correggendolo con un: come si dice da noi . Nella seconda introduzione al Fermo e Lucia, addirittura, Manzoni riconosce nel milanese l unica lingua «nella quale ardirei promettermi di parlare [ ] tanto da stancare il più paziente uditore, senza proferire un barbarismo [vocabolo straniero]; e di avvertire immediatamente qualunque barbarismo che scappasse altrui . In realtà l autore conosce molto bene anche il francese, perfezionato negli anni trascorsi a Parigi e periodicamente esercitato nelle lettere. In una di esse, scritta all amico Claude Fauriel nel 1806, confessa di aver visto «con un piacere misto d invidia il popolo di Parigi intendere ed applaudire alle commedie di Molière , mentre in Italia l eccessivo scarto fra lingua scritta e lingua parlata rende impossibile agli scrittori l effetto di erudire «la moltitudine, di farla invaghire del bello e dell utile, e di rendere in questo modo le cose un po più come dovrebbono essere . L AUTORE / ALESSANDRO MANZONI / 261

Il magnifico viaggio - volume 4
Il magnifico viaggio - volume 4
Il primo Ottocento