T11 - Addio, monti

T11

Addio, monti

I promessi sposi, cap. 8

Fallito il matrimonio a sorpresa, sventato il tentativo di rapimento di Lucia, i promessi sposi su consiglio di fra Cristoforo fuggono in barca dal paese. Alla movimentata «notte degli imbrogli» (quella in cui i due giovani hanno provato – inutilmente – a sposarsi con l’inganno davanti a don Abbondio, nello stesso momento in cui i bravi irrompevano in casa di Lucia per rapirla) fa seguito una silenziosa scena al chiaro di luna. Lucia voltandosi vede sulla sponda il torvo palazzotto di don Rodrigo, che incombe sul paese. Riconosce la propria casa, la finestra della sua stanza, e si abbandona a un segreto pianto in cui formula interiormente un commosso addio. È la pagina più celebre del romanzo.

Insieme alla versione definitiva ne diamo la prima stesura: il confronto fra il punto di partenza (il Fermo e Lucia) e il punto d’arrivo (la “quarantana”) consente di misurare l’evoluzione dello stile e delle tecniche narrative di Manzoni.

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Audiolettura

Versione del 1840
Addio, monti sorgenti dall’acque, ed elevati al
cielo; cime inuguali,1 note a chi è cresciuto tra
voi, e impresse nella sua mente, non meno che
lo sia l’aspetto de’ suoi più familiari; torrenti, de’
5      quali distingue lo scroscio, come il suono delle
voci domestiche; ville2 sparse e biancheggianti sul
pendìo, come branchi di pecore pascenti;3 addio!
Quanto è tristo il passo di chi, cresciuto tra voi, se
ne allontana! Alla fantasia di quello stesso che se
10    ne parte volontariamente, tratto dalla speranza di
fare altrove fortuna, si disabbelliscono,4 in quel
momento, i sogni della ricchezza; egli si maraviglia
d’essersi potuto risolvere,5 e tornerebbe allora
indietro, se non pensasse che, un giorno, tornerà
15    dovizioso.6 Quanto più si avanza nel piano, il suo
occhio si ritira, disgustato e stanco, da quell’ampiezza
uniforme; l’aria gli par gravosa e morta;7
s’inoltra mesto e disattento nelle città tumultuose;
le case aggiunte a case, le strade che sboccano nelle
20    strade, pare che gli levino il respiro; e davanti
agli edifizi ammirati dallo straniero, pensa, con
desiderio inquieto, al campicello del suo paese,
alla casuccia a cui ha già messo gli occhi addosso,
da gran tempo, e che comprerà, tornando ricco a’
25    suoi monti.
Ma chi non aveva mai spinto al di là di
quelli neppure un desiderio fuggitivo, chi aveva
composti in essi tutti i disegni dell’avvenire,8
e n’è sbalzato lontano, da una forza perversa!
30    Chi, staccato a un tempo9 dalle più care
abitudini, e disturbato nelle più care speranze,
lascia que’ monti, per avviarsi in traccia di sconosciuti
che non ha mai desiderato di conoscere,
e non può con l’immaginazione arrivare
35    a un momento stabilito per il ritorno!10 Addio,
casa natìa, dove, sedendo, con un pensiero occulto,
s’imparò a distinguere dal rumore de’
passi comuni il rumore d’un passo aspettato
con un misterioso timore.11 Addio, casa ancora
40    straniera,12 casa sogguardata tante volte alla
sfuggita, passando, e non senza rossore; nella
quale la mente si figurava un soggiorno tranquillo
e perpetuo di sposa. Addio, chiesa, dove
l’animo tornò tante volte sereno, cantando le
45    lodi del Signore; dov’era promesso, preparato
un rito;13 dove il sospiro segreto del cuore doveva
essere solennemente benedetto, e l’amore
venir comandato, e chiamarsi santo; addio!
Chi dava a voi tanta giocondità14 è per tutto;15
50    e non turba mai la gioia de’ suoi figli, se non
per prepararne loro una più certa e più grande.
Di tal genere, se non tali appunto, erano i
pensieri di Lucia, e poco diversi i pensieri degli
altri due pellegrini, mentre la barca gli16 andava
55    avvicinando alla riva destra dell’Adda.
Versione del Fermo e Lucia
Addio, monti posati sugli abissi dell’acque ed elevati
al cielo; cime ineguali, conosciute a colui che fissò
sopra di voi i primi suoi sguardi, e che visse fra voi,
come egli distingue all’aspetto l’uno dall’altro i suoi
5      famigliari, valli segrete, ville sparse e biancheggianti
sul pendio come branco disperso di pecore pascenti,
addio! Quanto è tristo il lasciarvi a chi vi conosce
dall’infanzia! quanto è nojoso1 l’aspetto della pianura
dove il sito a cui si aggiunge2 è simile a quello che
10    si è lasciato addietro, dove l’occhio cerca invano nel
lungo spazio, dove riposarsi e contemplare, e si ritira
fastidito come dal fondo d’un quadro su cui l’artefice
non abbia ancor figurata alcuna immagine della
creazione. Che importa che nei piani deserti sorgano
15    città superbe ed affollate? il montanaro che le
passeggia avvezzo alle alture di Dio, non sente il
diletto della maraviglia nel mirare edificj che il cittadino
chiama elevati perché gli ha fatti egli ponendo
a fatica pietra sopra pietra. Le vie, che hanno vanto
20    di ampiezza, gli sembrano valli troppo anguste, l’afa
immobile lo opprime, ed egli che nella vita operosa
del monte non aveva forse provato altro malore che
la fatica, divenuto timido e delicato come il cittadino,
si lagna del clima e della temperie, e dice che
25    morrà se non torna ai suoi monti. Egli che sorto col
sole, non riposava che al mezzo giorno e al cessare
delle fatiche diurne, passa le ore intere nell’ozio malinconico
ripensando alle sue montagne.
Ma questi sono piccioli dolori. L’uomo sa tormentar l’uomo
30    nel cuore; e amareggiargli il pensiero di modo che
anche la memoria dei momenti passati lietamente affacciandosi
ad esso perde ogni bellezza, e porta un rancore
non temperato da alcuna compiacenza; è tutta dolorosa:
reca all’afflitto una certa maraviglia che abbia potuto altre
35    volte godere, e non desidera più quelle contentezze
delle quali non gli par più capace la sua mente trasformata.
Dolore speciale: la contemplazione della perversità
d’una mente simile alla nostra: idea predominante
in chi è afflitto dal suo simile. Addio, casa natale, casa
40    dei primi passi, dei primi giuochi, delle prime speranze;
casa nella quale sedendo con un pensiero s’imparò
a distinguere dal romore delle orme comuni il romore
d’un’orma desiderata con un misterioso timore. Addio,
addio casa altrui, nella quale la fantasia intenta, e sicura
45    vedeva un soggiorno di sposa, e di compagna. Addio
chiesa dove nella prima puerizia3 si stette in silenzio e
con adulta gravità,4 dove si cantarono colle compagne
le lodi del Signore, dove ognuno esponeva tacitamente
le sue preghiere a Colui che tutte le intende e le può
50    tutte esaudire, Chiesa, dove era preparato un rito, dove
l’approvazione e la benedizione di Dio doveva aggiungere
all’ebbrezza della gioia il gaudio tranquillo e solenne
della santità. Addio! Il serpente nel suo viaggio torto e
insidioso, si posta talvolta vicino all’abitazione dell’uomo,
55    e vi pone il suo nido, vi conduce la sua famiglia, riempie
il suolo e se ne impadronisce; perché l’uomo il
quale ad ogni passo incontra il velenoso vicino pronto
ad avventarglisi,5 che è obbligato di guardarsi e di non
dar passo senza sospetto, che trema pei suoi figli, sente
60    venirsi in odio la sua dimora, maledice il rettile usurpatore,
e parte. E l’uomo pure caccia talvolta l’uomo sulla terra
come se gli fosse destinato per preda: allora il debole
non può che fuggire dalla faccia del potente oltraggioso:
ma i passi affannosi del debole sono contati, e un giorno
65    ne sarà chiesta ragione.

 >> pagina 339 

DENTRO IL TESTO

I contenuti tematici

L’Addio prende forma sullo sfondo di un paesaggio quanto mai romantico. Sui monti, sulle acque, sui paesi biancheggianti sul pendìo (rr. 6-7), illuminati dal plenilunio, si posa lo sguardo dei fuggiaschi, caricando la scena di una commossa emotività. Il tema portante è quello dell’amarezza dovuta al distacco dalla terra natale dell’emigrante, mosso dal desiderio di fare fortuna o da una minaccia insostenibile, come è il caso dei promessi sposi. L’inquietudine aumenta al pensiero dell’incerto destino che attende chi lascia la propria terra nella baraonda della città moderna, con la quale di lì a poco Renzo avrà modo di scontrarsi. Manzoni riprende qui l’antico motivo del confronto con la campagna, anticipando una vocazione fondamentale nella narrativa dell’Italia unita.

Ai sogni infranti d’amore invece è riservato soltanto un cenno. Restano un pensiero occulto (rr. 36-37) che la pudica Lucia non confessa neppure a sé stessa, il misterioso timore (r. 39) di un passo su cui il narratore reticente non intende insistere, al di là del riferimento agli sguardi lanciati alla sfuggita, passando, e non senza rossore (rr. 40-41) alla casa del futuro sposo. Prontamente subentra un ulteriore addio, alla chiesa dove il sospiro segreto del cuore (rr. 43-48) avrebbe dovuto trovare la solenne benedizione del matrimonio. Il pianto cede infine il passo a una riflessione dell’autore che tiene viva la speranza.

Le scelte stilistiche

Durante l’attraversamento del lago, Manzoni avrebbe potuto immaginare un dialogo tra i passeggeri, o con il barcaiolo, come avviene in seguito. Sceglie invece di impostare un’effusione lirica, che meglio si addice al temperamento di Lucia, mantenendola su ritmi lenti e calibrati, in cui più volte si nasconde la misura classica della poesia italiana, l’endecasillabo (ad-di-o-mon-ti-sor-gen-ti-dal-l’ac-que). Spina dorsale del passo è l’anafora della parola addio, ripetuta sei volte: due nel periodo iniziale e quattro, con un vistoso crescendo, in prossimità della conclusione.

Si tratta di un modulo tipico del discorso diretto, che concorre ad aumentare il pathos, in combinazione con gli inteneriti diminutivi riservati a ciò che si lascia (campicello, casuccia); eppure non siamo di fronte a un semplice monologo interiore. Sarebbe eccessivo attribuire meccanicamente alla sola Lucia fantasticherie melanconiche che appartengono anche ad Agnese e Renzo: Di tal genere, se non tali appunto, erano i pensieri di Lucia, e poco diversi i pensieri degli altri due pellegrini (rr. 52-54). Come si mostra in questo fondamentale inciso, è il narratore a esprimere i sentimenti che si agitano nei cuori dei personaggi, innalzandoli al di là delle loro vicende personali, un po’ come accadeva già nei cori delle tragedie. A questo scopo collabora l’insistente ricorso al pronome indefinito chi e alle forme verbali impersonali. La portata del discorso si allarga così a dismisura, e nel pianto sommesso di Lucia si riconosce l’eco di un dolore universale.

 >> pagina 340 

La differenza più evidente fra le due stesure del brano è di natura quantitativa: nel Fermo e Lucia Manzoni usa giri sintattici molto articolati e propone passaggi che nella “ventisettana” deciderà di sopprimere, insieme al lessico troppo ricercato o libresco. Nella “quarantana” lavora solo su quest’ultimo versante, per avvicinarsi ancor più al fiorentino vivo: sostituisce per esempio orme con passi, e interviene sulla punteggiatura, per meglio adeguarla alle pause della voce.

Vanno inoltre segnalati l’introduzione dell’inciso finale e il taglio del paragone fra città e campagna, che nel Fermo e Lucia viene svolto in termini oppositivi: da una parte i monti, sublime creazione del Signore, dall’altra i palazzi, edificati dall’uomo ponendo a fatica pietra sopra pietra (rr. 18-19); da una parte le ariose valli prealpine, dall’altra le malsane vie urbane. In quest’ottica è rilevante nel testo di arrivo l’eliminazione della lunga similitudine di sapore biblico con il serpente; con essa cade il minaccioso riferimento finale alla giustizia divina (il debole non può che fuggire dalla faccia del potente oltraggioso: ma i passi affannosi del debole sono contati, e un giorno ne sarà chiesta ragione, rr. 62-65), in cui riecheggia il «Verrà un giorno» rivolto da fra Cristoforo a don Rodrigo già nello stesso Fermo e Lucia ( T10, p. 332, rr. 91-92).

VERSO LE COMPETENZE

Comprendere

Elenca tutti gli oggetti affettivi a cui viene dato l’addio.


A chi appartiene la casa ancora straniera, casa sogguardata tante volte alla sfuggita, passando, e non senza rossore (rr. 39-41)?

Analizzare

Rintraccia le similitudini presenti nel testo.


Confronta il paragone tra città e campagna nel testo di partenza e in quello di arrivo: quali analogie e differenze noti?

Interpretare

5 Chi dava a voi tanta giocondità è per tutto; e non turba mai la gioia de’ suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande (rr. 49-51): interpreta questa frase, alla luce del tema della «provvida sventura».

scrivere per...

raccontare

Immagina di dovere dare l’addio a qualcosa o a qualcuno, in un testo di circa 10 righe.

Educazione CIVICA – Spunti di realtà

OBIETTIVO
10 RIDURRE LE DISUGUAGLIANZE


Il testo descrive lo stato d’animo di chi è costretto a partire dalla propria terra. Oggi nel mondo accade a milioni di persone, in seguito a guerre, carestie, persecuzioni politiche o religiose, di dover lasciare i luoghi d’origine alla ricerca di un futuro migliore per sé stessi e per le proprie famiglie.


• Svolgi una breve ricerca identificando in maniera sintetica i principali flussi migratori a livello planetario e le cause che li determinano. Illustra poi i risultati in un testo espositivo di circa 50 righe oppure in una presentazione in PowerPoint.

Il magnifico viaggio - volume 4
Il magnifico viaggio - volume 4
Il primo Ottocento