[…] Mi limiterò ad esporle quello che a me sembra il principio generale a cui si
possano ridurre tutti i sentimenti particolari sul positivo romantico.1 Il principio,
di necessità tanto più indeterminato quanto più esteso mi sembra poter essere
questo: che la poesia e la letteratura in genere debba proporsi l’utile per iscopo,
5 il vero per soggetto e l’interessante per mezzo. Debba per conseguenza scegliere
gli argomenti2 pei quali la massa dei lettori ha o avrà, a misura che diverrà più
colta, una disposizione di curiosità e di affezione, nata da rapporti reali, a preferenza
degli argomenti, pei quali una classe sola di lettori ha una affezione nata
da abitudini scolastiche, e la moltitudine una riverenza non sentita né ragionata,
10 ma ricevuta ciecamente. E che in ogni argomento debba cercare di scoprire e di
esprimere il vero storico e il vero morale, non solo come fine, ma come più ampia
e perpetua sorgente del bello: giacché e nell’uno e nell’altro ordine di cose, il falso
può bensì dilettare, ma questo diletto, questo interesse è distrutto dalla cognizione
del vero; è quindi temporario3 e accidentale. Il diletto mentale non è prodotto che
15 dall’assentimento4 ad una idea; l’interesse, dalla speranza di trovare in quella idea,
contemplandola, altri punti di assentimento, e di riposo: ora quando un nuovo e
vivo lume ci fa scoprire in quella idea il falso, e quindi l’impossibilità che la mente
vi riposi e vi si compiaccia, vi faccia scoperte, il diletto e l’interesse spariscono. Ma
il vero storico e il vero morale generano pure un diletto; e questo diletto è tanto
20 più vivo e tanto più stabile, quanto più la mente che gusta è avanzata nella cognizione
del vero: questo diletto adunque debbe la poesia e la letteratura proporsi di
far nascere.
[…]
Tale almeno è l’opinione ch’io ho fitta5 nella mente, e nella quale io mi rallegro,
perché questo sistema,6 non solo in alcune parti, come ho accennato più sopra,
25 ma nel suo complesso mi sembra avere una tendenza religiosa.
Questa tendenza era ella nelle intenzioni di quelli che l’hanno proposto, e di
quelli che l’hanno approvato? Sarebbe leggerezza l’affermarlo di tutti; perché in
molti scritti di teorie romantiche, anzi nella maggior parte, le idee letterarie non
sono espressamente subordinate alla religione. Sarebbe temerità7 il negarlo, anche
30 d’un solo; perché in nessuno di quegli scritti, almeno dei letti da me, la religione
è esclusa. Non abbiamo né i dati, né il diritto, né il bisogno di fare un tal giudizio:
una tale intenzione, certo desiderabile, certo non indifferente, non è però
necessaria per farci dare la preferenza a quel sistema. Basta che in effetto abbia
la tendenza che si è detta. Ora, il sistema romantico, emancipando la letteratura
35 dalle tradizioni etniche, disobbligandola,8 per così dire, da una morale voluttuosa,
superba, feroce, circoscritta al tempo, e improvvida anche in questa sfera,9
antisociale dove è patriottica, ed egoistica quando cessa d’essere ostile, tende certamente
a render meno difficile l’introdurre nella letteratura le idee e i sentimenti
che dovrebbero informare10 ogni discorso. E dall’altra parte, proponendo, anche
40 in termini generalissimi, il vero, l’utile, il buono, il ragionevole, concorre se non
altro con le parole, che non è poco, allo scopo della religione, non la contraddice
almeno, nei termini.