CONSONANZE CONTEMPORANEE - Susanna Tamaro - Ogni angelo è

CONSONANZE CONTEMPORANEE Susanna Tamaro OGNI ANGELO TREMENDO Ogni angelo è tremendo (2013) è l intensa autobiografia di un importante scrittrice, la triestina Susanna Tamaro (n. 1957), che ha ottenuto grande notorietà nel 1994 con il romanzo Va dove ti porta il cuore, un libro a cui è arriso un clamoroso successo editoriale. In Ogni angelo è tremendo l autrice racconta la storia di una bambina che diventa adulta, una bambina che nasce di notte, a Trieste, mentre soffia forte la bora, il vento dell est che spazza via ogni cosa e sembra rendere impossibile ogni equilibrio. Riportiamo alcune delle prime pagine dell opera. L insonnia è stata la compagna fedele di gran parte della mia vita. Forse per questo, ho più ricordi notturni che diurni della mia prima infanzia. Potrei ancora descrivere tutti gli istanti delle mie notti come una radiocronaca di una partita di calcio. L andata a letto, dopo Carosello; il bacio della buonanotte quel bacio che avrebbe dovuto essere uno scudo, una pozione magica contro il terrore che, da lì a poco, avrei dovuto affrontare e la solita domanda retorica che facevo a mia madre: Dormirò, vero? e la sua altrettanto retorica rassicurazione: Certo che dormirai! La luce che si spegneva e poi, ancora per qualche ora, i rassicuranti rumori della casa la radio prima, la televisione poi. Infine quelle voci cominciavano ad affievolirsi e iniziava la sequenza dei rumori igienici rubinetti, sciacquoni e l ultima pipì dell inquilino di sopra, che chiudeva le danze. Soltanto allora si apriva l orrore della notte. Il rombo delle auto sempre meno frequente, il fiatone della filovia che apriva le porte con uno sbuffo sotto la mia finestra per poi allontanarsi verso il capolinea. Poi anche l autobus finiva le sue corse e si apriva il tempo sospeso, il tempo vuoto. Il tempo del terrore e della claustrofobia, il tempo degli scricchiolii e dei sussurri, delle voci e dei mostri, delle loro risate sadiche che echeggiavano nella stanza. Finché ancora dormivo con mio fratello, di tanto in tanto tentavo un Dormi? ma il suo silenzio era la più eloquente delle risposte. Un pomeriggio riuscii persino a escogitare un antidoto, disegnando a matita sulla parete accanto al mio letto un mostro che più mostruoso non poteva essere. E quel mostro, visto che l avevo creato io, aveva una preziosa caratteristica era un mio amico, un Golem al mio 594 / IL SETTECENTO devoto servizio. Quando però lo mostrai a mio fratello, la risposta fu degna della sua concretezza: Dov è? Cos è? Vedo soltanto uno scarabocchio. La tragedia della stanza vuota arrivò a cinque anni, quando cambiammo casa. Non più domande, non più il suo rassicurante respiro da bambino con le adenoidi. Sola! Sola con il silenzio. Sola con i mostri. Sola con un alba che non arrivava mai. Che sollievo quando il chiarore iniziava a filtrare sotto la finestra! E, con il chiarore, gli uccelli cominciavano a cantare sugli alberi intorno i merli per primi, poi gli uccelli più piccoli. Quando le tortore partivano con i loro tristissimi versi, il mio corpo finalmente si rilassava. Ecco, finalmente era giunto il momento di dormire. Ma dopo un ora già si presentava l incubo di andare a scuola. In aula ciondolavo con la testa, capivo ancor meno di quello che sarei stata in grado di capire. Quando mia madre andava ai colloqui, la maestra la rimproverava: La bambina non deve stare alzata fino a tardi a vedere la televisione! Ero una bambina depressa? Sicuramente. Appena avevo un momento libero, mi sdraiavo sul pavimento della stanza e iniziavo a piangere. Piangevo per ore, senza limiti, fino allo sfinimento. Ero una maratoneta del singhiozzo. I miei pianti non avevano nessuna ragione apparente e questo irritava molto mia madre. Perché piangi? mi gridava e io, senza interrompere la mia attività, rispondevo: Non lo so! In realtà lo sapevo benissimo. Piangevo perché le cose finivano, perché, dietro la luce, c era sempre in agguato il buio. Piangevo perché la copertina mi aveva illuso sull accoglienza e sull amore, ed era brutto svegliarsi dalle illusioni. Piangevo perché la mia testa esplodeva di domande e non c era nessuna persona a cui potevo rivolgermi. Piangevo per il pozzo di solitudine dolorosa in cui ero sprofondata. Piangevo perché tutti si aspettavano che io fossi una brava bambina normale e io non ero capace di esserlo. Fossi stata una bambina oggi, probabilmente mi avrebbero portata da uno psicologo che mi avrebbe parlato per ore con voce calma. Avrei interagito con dei bambolotti e, dall osservazione delle mie azioni, sarebbe sicuramente venuta fuori la causa di tanto disagio. Avrei fatto centinaia di sedute terapeutiche, forse mi avrebbero dato anche un po di pilloline, così, tanto per aggiustare

Il magnifico viaggio - volume 3
Il magnifico viaggio - volume 3
Il Seicento e il Settecento