T2 ANALISI ATTIVA - Contro la pena capitale

Contro la pena capitale / T2 / Dei delitti e delle pene, par. 28 Il paragrafo, di cui riportiamo le prime pagine, è giustamente celebre: a partire dalla sua concezione delle pene da intendersi non come vendetta della società sul colpevole, ma come disincentivo ai delitti, in virtù del loro effetto dissuasivo Beccaria condanna senza appello l istituto della pena di morte. / Illiceità e inutilità della vendetta di Stato / 5 10 15 20 25 30 28. Della pena di morte Questa inutile prodigalità di supplicii,1 che non ha mai resi migliori gli uomini, mi ha spinto ad esaminare se la morte2 sia veramente utile e giusta in un governo bene organizzato. Qual può essere il diritto che si attribuiscono gli uomini di trucidare i loro simili? Non certamente quello da cui risulta la sovranità e le leggi. Esse non sono che una somma di minime porzioni della privata libertà di ciascuno;3 esse rappresentano la volontà generale, che è l aggregato delle particolari. Chi è mai colui che abbia voluto lasciare ad altri uomini l arbitrio di ucciderlo? Come mai nel minimo sacrificio della libertà di ciascuno vi può essere quello del massimo tra tutti i beni, la vita? E se ciò fu fatto, come si accorda un tal principio coll altro, che l uomo non è padrone di uccidersi, e doveva esserlo se ha potuto dare altrui questo diritto o alla società intera? Non è dunque la pena di morte un diritto, mentre4 ho dimostrato che tale5 essere non può, ma è una guerra della nazione con un cittadino, perché giudica necessaria o utile la distruzione del suo essere. Ma se dimostrerò non essere la morte né utile né necessaria, avrò vinto la causa dell umanità. La morte di un cittadino non può credersi necessaria che per due motivi. Il primo, quando anche privo di libertà egli abbia ancora tali relazioni e tal potenza che interessi la sicurezza della nazione; quando la sua esistenza possa produrre una rivoluzione pericolosa nella forma di governo stabilita. La morte di qualche cittadino divien dunque necessaria quando la nazione ricupera o perde la sua libertà, o nel tempo dell anarchia, quando i disordini stessi tengon luogo di leggi; ma durante il tranquillo regno delle leggi, in una forma di governo per la quale i voti della nazione siano riuniti,6 ben munita7 al di fuori e al di dentro dalla forza8 e dalla opinione,9 forse più efficace della forza medesima, dove il comando10 non è che presso il vero sovrano,11 dove le ricchezze comprano piaceri e non autorità,12 io non veggo necessità alcuna di distruggere un cittadino, se non quando la di lui morte fosse il vero ed unico freno per distogliere gli altri dal commettere delitti, secondo motivo per cui può credersi giusta e necessaria la pena di morte. Quando la sperienza di tutt i secoli,13 nei quali l ultimo supplicio14 non ha mai distolti gli uomini determinati dall offendere la società, quando l esempio dei cittadini romani,15 e vent anni di regno dell imperatrice Elisabetta di Mo- 1 supplicii: supplizi, pene. 2 morte: si intende la pena di morte. 3 Esse ciascuno: è la tesi del contrattua- lismo (articolata nelle righe successive), in base alla quale ogni individuo, contraendo il patto sociale, rinuncia a una porzione della propria libertà; da questa libera sottomissione nasce la forza delle leggi. 370 / IL SETTECENTO 4 mentre: come. 5 tale: così. 6 i voti della nazione siano riuniti: le vo- lontà dei cittadini siano concordi. 7 munita: difesa. 8 forza: forza militare, esercito. 9 opinione: l opinione pubblica. 10 il comando: il potere. 11 vero sovrano: autorità legittima. 12 comprano autorità: servono a procu- rarsi agi e svaghi, non a corrompere i governanti. 13 la sperienza di tutt i secoli: l esperienza del passato. 14 l ultimo supplicio: la pena capitale. 15 dei cittadini romani: dell antica Roma.

Il magnifico viaggio - volume 3
Il magnifico viaggio - volume 3
Il Seicento e il Settecento