Nell’Inghilterra elisabettiana

Nell Inghilterra elisabettiana Nella seconda metà del Cinquecento, sotto il governo della regina Elisabetta I, la scena teatrale londinese è assai vivace: è la regina stessa a incentivare la proliferazione degli spettacoli e la formazione di compagnie di attori professionisti, che iniziano a recitare non più nei saloni di case private o nei cortili delle locande ma in teatri a cielo aperto, costruiti in legno o in pietra, dove si assiepano spettatori di ogni classe sociale, favoriti dal prezzo esiguo dei biglietti. Come vedremo nell unità successiva, il più grande drammaturgo del periodo è William Shakespeare (1564-1616), che scrive opere di grande potenza espressiva attingendo alle fonti più svariate, dalla classicità latina alle saghe nordiche fino alla storia dell Europa medievale. Tra il 1595 e il 1607 egli compone le sue tragedie più importanti, nelle quali combina elementi macabri e fantastici a una realistica e cruda analisi delle dinamiche psicologiche dei personaggi. Oltre a Shakespeare, vanno ricordati inoltre almeno i nomi di altri due autori: Ben Jonson (1572-1637) e Christopher Marlowe (1564-1593). Un ritratto di Ben Jonson. Ben Jonson Ben Jonson, membro di una compagnia di attori girovaghi, crea un nuovo tipo di commedia, la commedia di umori , alla base della quale vi è la rappresentazione degli esseri umani svolta attraverso la teoria fisiologica degli umori malinconia, iracondia, flemma e sangue , cioè i tratti distintivi che segnano l essenza di ogni individuo: secondo gli antichi la predominanza di uno di essi determinava il carattere degli individui. In questo modo, Jonson riproduce, in opere come Volpone o la Volpe (1605) e L alchimista (1612), una galleria di caratteri tipici della società elisabettiana, denunciandone le debolezze ed esponendole al ridicolo, così come avevano fatto gli scrittori latini Plauto e Giovenale. Christopher Marlowe Christopher Marlowe è invece autore, tra le altre, di tre opere da molti ritenute non inferiori a quelle di Shakespeare: Tamerlano il Grande (1587), La tragica storia del dottor Faust (1588 ca) e L ebreo di Malta (1589). L esaltazione dell intelletto umano, tipica dell Umanesimo rinascimentale e alimentata dalle nuove dottrine scientifiche e cosmologiche che si vanno affermando, acuisce in Marlowe l insofferenza per i limiti umani, indirizzandolo verso quel titanismo (appunto l aspirazione a superare tali limiti) che caratterizza tutta la sua opera. Il Dottor Faust, forse l ultima delle tragedie di Marlowe, esprime invece le aspirazioni umane non più in quanto brama di dominio, come avveniva con Tamerlano, ma in quanto sete di conoscenza e di bellezza (personificata in Elena). La tragica storia della vita e della morte di dottor Faust di Christopher Marlowe, incisione di John Wright, 1636. 158 / IL SEICENTO

Il magnifico viaggio - volume 3
Il magnifico viaggio - volume 3
Il Seicento e il Settecento