Il magnifico viaggio - volume 3

80 85 90 95 100 105 110 115 menti passeggiava con atteggiamento tranquillo, in altri, appoggiato alla lancia, posava gli occhi sulle armi e non li distoglieva da esse per un buon tratto. La notte era ormai alta, ma con tanto chiarore di luna che poteva competere con quello dell astro che le prestava la luce10 di modo che tutto ciò che il cavaliere novello faceva era visto benissimo da tutti. In quel momento a uno dei mulattieri che stava nella locanda venne l idea di andare a dar da bere alle sue bestie, ed era necessario per questo toglier le armi di don Chisciotte dalla pila su cui stavano, ma egli, vedendolo avvicinarsi, gli gridò: «O chiunque tu sia, temerario cavaliere, che osi toccare le armi del più valoroso cavaliere errante che mai cinse la spada, bada a quel che fai e non toccarle, se non vuoi perdere la vita come prezzo della tua temerarietà! .11 Il mulattiere non si curò di queste parole (e sarebbe stato meglio che se ne fosse curato, perché equivaleva a curarsi la salute); anzi, afferratele per le cinghie, le scaraventò lontano. Don Chisciotte, visto ciò, alzò gli occhi al cielo, e rivolto il pensiero (a quanto parve) alla sua dama Dulcinea, disse: «Assistetemi, mia signora, in questo primo affronto che si fa a questo petto vostro schiavo;12 non mi vengano meno in questo primo cimento13 il vostro favore e la vostra protezione . E mentre pronunziava queste e altre frasi del genere, lasciato andare lo scudo, alzò con tutte e due le mani la lancia e diede con essa un colpo così forte in testa al mulattiere da stenderlo a terra tanto malconcio che se gliene avesse dato un altro, non avrebbe avuto bisogno di un medico che lo curasse.14 Fatto ciò, raccolse le sue armi e tornò a passeggiare con la stessa calma di prima. Di lì a poco, senza sapere quello che era successo (perché il mulattiere era ancora privo di sensi), ne giunse un altro con l intenzione, anche lui, di dar da bere ai suoi muli e, quando fu a levare le armi per sgomberare la pila, don Chisciotte, senza pronunziar verbo e senza chiedere l aiuto di nessuno, lasciò andare di nuovo lo scudo, di nuovo alzò la lancia e, senza ridurla in pezzi, della testa del secondo mulattiere ne fece più di tre, perché gliela spaccò in quattro parti. Al rumore accorse tutta la gente che era nella locanda, compreso l oste. Vedendo ciò don Chisciotte imbracciò il suo scudo e posta mano alla spada, disse: «Oh signora di beltà,15 stimolo e sostegno del debilitato cuor mio! Ora è tempo che tu rivolga gli occhi della tua grandezza a questo cavaliere tuo schiavo, che sta correndo tanto grande avventura . Gli parve così di aver acquistato tale coraggio che se anche lo avessero assalito tutti i mulattieri del mondo, non avrebbe indietreggiato d un passo. I compagni dei feriti non appena videro com erano ridotti, cominciarono da lontano a far piovere una grandine di sassi su don Chisciotte il quale si riparava alla meglio con lo scudo e non osava allontanarsi dalla pila per non lasciare indifese le armi. L oste urlava che lo lasciassero stare, ch egli aveva pur detto loro ch era pazzo e, come tale, se la sarebbe cavata, anche se li ammazzava tutti. Urlava anche don Chisciotte, più forte di tutti, chiamandoli vili e traditori, e dicendo che il signore del castello era un fellone e un cavaliere malnato,16 dal momento che permetteva 10 quello dell astro la luce: il chiarore del sole. 11 temerarietà: imprudenza, arroganza. 12 vostro schiavo: ogni cavaliere è devoto alla sua dama. 132 / IL SEICENTO 13 cimento: prova, sfida. 14 non avrebbe lo curasse: cioè sareb- be morto. 15 signora di beltà: principessa, letteralmente donna di bellezza (è un altra apo- strofe a Dulcinea). 16 fellone malnato: traditore e cavaliere scellerato.

Il magnifico viaggio - volume 3
Il magnifico viaggio - volume 3
Il Seicento e il Settecento