CRITICI A CONFRONTO - Raffaele Spongano e Giovanni Getto - Sensismo, classicismo o cristianesimo? Le componenti della poesia di Parini

CRITICI A CONFRONTO

Raffaele Spongano e Giovanni Getto

Sensismo, classicismo o cristianesimo?
Le componenti della poesia di Parini

In quali ambiti di pensiero trovano origine le idee di Parini? Da quali esperienze culturali nasce la sua ispirazione poetica? Tra i contributi più importanti della critica pariniana novecentesca si colloca senz’altro il lavoro interpretativo di Raffaele Spongano (1904-2004), a partire dal suo saggio del 1933 (ma più volte rivisto nei decenni successivi) La poetica del sensismo e la poesia del Parini, in cui lo studioso illustra le diverse componenti dell’opera dell’autore di Bosisio. In particolare, egli analizza l’approccio sensistico del poeta e la sua vicinanza alla tradizione classicistica (rinverdita, nel secondo Settecento, dal Neoclassicismo). A partire dall’esame di tali influenze, che secondo il critico convergono verso gli stessi risultati, vengono evidenziate precise costanti stilistiche dell’opera pariniana, come la precisione nell’aggettivazione e la particolare attenzione ai dettagli minuti delle cose descritte. Giovanni Getto (1913-2002) ha studiato invece i caratteri dell’umanesimo pariniano, focalizzando l’attenzione sui rapporti fra le idee tipiche dell’Illuminismo e la matrice cristiana del poeta. Sebbene non si possa parlare di una poesia caratterizzata da istanze di tipo trascendente, tuttavia l’elemento cristiano emerge nella misura in cui concorda con alcune istanze del pensiero illuminista: senso della pietà, della giustizia, della dignità umana.

Raffaele Spongano

Il Parini concordava e col classicismo e col sensismo nella pratica della sua attività artistica. La sua aggettivazione ha intatti la perluciditas1 (mi si passi l’abuso di derivare il vocabolo da perlucidus) d’Orazio2 e il calcolo sensistico della parola che deve illuminare sempre un rapporto sensibile nell’attenzione del lettore: sempre attenta, precisa, restringe quel senso slargato e completamente abbandonato alla fantasia che certi aggiunti3 hanno, per raccogliere (magistralmente però) in confini precisi e sensibili i loro rapporti. Per questo gli aggettivi del Parini sono di solito, com’è stato osservato «più evidenti che densi». […]

La sua minuzia nella rappresentazione degli oggetti e delle mosse, quel certo che di istantaneo che conserva viva la cosa ma con quella certa freddezza della cosa immota, quel seguirsi delle mosse a scatti misurati come si può pensare che sarebbero gli scatti d’ingegnosissime marionette capaci di dare solo l’illusione e non anche il sentimento della mossa interna (quella sola che svela la creatura nel fantoccio) gli derivano appunto, a mio parere, da quella precisione e minutezza di osservatore che possiede un’abilità e uno studio finissimo nel rendere alla fantasia l’immagine della cosa osservata, ma si restringe a questo solo, “a rendere”, perché in lui questo bisogno è più insistente di quello di suscitare e sospingere la fantasia all’immagine. Per questo molti versi del Parini stancano: perché occupano più l’attenzione che l’attività fantastica: per questo anche la sua aggettivazione non sbaglia mai, ma solo di rado esalta i sensi fantastici delle cose, sì che non solo contenti il lettore, ma lo faccia anche dimenticare di essere attento. […]

E se si pensa che quelle attitudini e predilezioni si erano formate e affinate in lui attraverso i classici, si può affermare che esiste qui tra classicismo e sensismo un accordo oltre che nella dottrina anche nella pratica dell’arte. […] Il Parini era dunque non meno pronto intenditore delle dottrine contemporanee intorno all’arte e alla parola, che dalla sua educazione classica già preparato a intenderle e ad applicarle; e le applicò, si può dire, con sì personale convinzione che ne deriva al critico una delle ragioni atte a spiegare e a definire alcuni aspetti della sua arte.


(Raffaele Spongano, La poetica del sensismo e la poesia del Parini, Pàtron, Bologna 1964)

Giovanni Getto

Al centro della visione lirica del Parini si colloca l’uomo, interpretato alla luce di una mentalità essenzialmente rinascimentale e illuministica, sotto lo stimolo determinante della cultura del suo tempo e della letteratura dei poeti dell’età classica e del nostro Cinquecento. Ogni spiraglio di trascendenza, nel suo mondo poetico, vi è ostinatamente chiuso, e non già per volontaria negazione, come accadeva per alcuni scrittori del Settecento, ma piuttosto per una inconsapevole indifferenza. […] Del cristianesimo manca in lui l’animo, il senso dell’eterno e dell’infinito, di Dio e della morte, anche se cristiana in fondo dobbiamo dire quella ottimistica volontà, che in lui era fortissima, di una sana ed equilibrata ricostruzione della città eterna1 e quel senso pessimistico, che in lui non manca, del peccato come attualità e possibilità incombente sull’uomo. […]

Codesto ideale di vita, si diceva, ignora l’ansia e il ritmo di un’intima dinamica trascendentale […], anche se non vi restano estranei alcuni temi caratteristici del cristianesimo. Così, se la psicologia del male ha nel Parini una sua vivezza di rappresentazione, la fenomenologia interna del bene riesce priva di una sua realtà poetica. In generale essa non supera l’ambito di uno scolorito complesso di note dove si parla astrattamente di “virtù”, e, quando cotesta virtù sembra determinarsi, si esaurisce in un impreciso circolo di scialbe reminiscenze classiche. Tale è il frequentissimo tema del distacco dall’oro e dagli onori (l’oro come riferimento di valore negativo ha un suo ricordo costante nelle odi pariniane, ed è il tema di evidente origine classica, oraziana in modo speciale). Tale è il tema della modestia, della pietà, della giustizia, ecc. Cotesti princìpi sono presupposti di natura logica più che presenze dichiarate liricamente. Più originale, in questa visione del mondo spirituale dell’uomo, vuole essere il sentimento della coscienza e della dignità umana, che tuttavia, di nuovo, pare più un diffuso sottinteso che una voluta ed esplicita figurazione poetica. E non è senza significato che sia riuscita discutibile, nei suoi risultati etici e poetici, un’ode come La caduta. Ma, appunto, non è l’interiore paesaggio della virtù che sembra interessare la poesia del Parini, ma piuttosto l’esterno mondo in cui la virtù si concreta in opere, la zona in cui si incontrano i due piani, fisico e morale. Qui davvero la sua poesia trova un’inconfondibile voce.

Costante ed originale è nelle Odi l’assenso2 ai valori umani che si dispongono su questa linea d’incontro dei due mondi dello spirito e della materia, dalla musica alla poesia, dall’amicizia alla scienza, dalla salute fisica all’economia, dal lavoro alla famiglia. Sono le opere dell’uomo, le sue sane affermazioni di vita, il costume con cui si celebra concretamente la sua dignità, quel che riscuote l’eco dell’anima e dello stile di Giuseppe Parini.


(Giovanni Getto, Immagini e problemi della letteratura italiana, Mursia, Milano 1966)

PER SCRIVERNE

Ripercorrendo i brani delle opere di Parini da te letti, prova a ragionare sull’origine dei temi e dei motivi che vi puoi rilevare in relazione alle matrici ideali (se non vogliamo dire ideologiche) di cui trattano i contributi critici di Spongano e Getto: Illuminismo, sensismo, classicismo, cristianesimo. Quale di queste componenti ti sembra prevalente? Sostieni il tuo punto di vista in un testo argomentativo di circa 40 righe.

Il magnifico viaggio - volume 3
Il magnifico viaggio - volume 3
Il Seicento e il Settecento