T6 - Notti antiche e notti moderne

T6

Notti antiche e notti moderne

La Notte, vv. 1-54

È la parte iniziale dell’ultima sezione del Giorno: scende la notte, una notte assai diversa da quella degli avi, quando al calar del sole il mondo veniva sommerso nelle tenebre profonde, popolate di fantasmi. Ora anche le ore notturne sono illuminate dai bagliori artificiali che provengono dai palazzi aristocratici.


METRO Endecasillabi sciolti.

Né tu contenderai benigna Notte,

che il mio Giovane illustre io cerchi e guidi

con gli estremi precetti entro al tuo regno.

Già di tenebre involta e di perigli,

5      sola squallida mesta alto sedevi

su la timida terra. Il debil raggio

de le stelle remote e de’ pianeti,

che nel silenzio camminando vanno,

rompea gli orrori tuoi sol quanto è duopo

10    a sentirli assai più. Terribil ombra

giganteggiando si vedea salire

su per le case e su per l’alte torri

di teschi antiqui seminate al piede.

E upupe e gufi e mostri avversi al sole

15    svolazzavan per essa; e con ferali

stridi portavan miserandi  augurj.

E lievi dal terreno e smorte fiamme

sorgeano in tanto; e quelle smorte fiamme

di su di giù vagavano per l’aere

20    orribilmente tacito ed opaco;

e al sospettoso adultero, che lento

col cappel su le ciglia e tutto avvolto

entro al manto sen gìa con l’armi ascose,

colpìeno il core, e lo strignean d’affanno.

25    E fama è ancor che pallide fantasime

lungo le mura de i deserti tetti

spargean lungo acutissimo lamento,

cui di lontano per lo vasto buio

i cani rispondevano ululando.

30    Tal fusti o Notte allor che gl’inclit’avi,

onde pur sempre il mio garzon si vanta,

eran duri ed alpestri; e con l’occaso

cadean dopo lor cene al sonno in preda;

fin che l’aurora sbadigliante ancora

35    li richiamasse a vigilar su l’opre

de i per novo cammin guidati rivi

e su i campi nascenti; onde poi grandi

furo i nipoti e le cittadi e i regni.

Ma ecco Amore, ecco la madre Venere,

40    ecco del gioco, ecco del fasto i Genj,

che trionfanti per la notte scorrono,

per la notte, che sacra è al mio signore.

Tutto davanti a lor tutto s’irradia

di nova luce. Le inimiche tenebre

45    fuggono riversate; e l’ali spandono

sopra i covili, ove le fere e gli uomini

da la fatica condannati dormono.

Stupefatta la Notte intorno vedesi

riverberar più che dinanzi al sole

50    auree cornici, e di cristalli e spegli

pareti adorne, e vesti varie, e bianchi

omeri e braccia, e pupillette mobili,

e tabacchiere preziose, e fulgide

fibbie ed anella e mille cose e mille.

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DENTRO IL TESTO

I contenuti tematici

Nei primi tre versi il poeta invita la Notte, personificata, a permettergli di continuare ad ammaestrare il suo allievo, anche dopo che il suo dominio è subentrato a quello del giorno. Segue una rievocazione di un remoto Medioevo in cui la vita della città si spegneva al calare delle tenebre: la Notte sedeva come una regina al di sopra della terra (alto sedevi / su la timida terra, vv. 5-6), spandendo ovunque il buio, insieme alla paura e alla trepidazione; in quel tempo, anche gli antenati delle odierne casate aristocratiche si coricavano al tramonto, risvegliandosi all’alba per vigilare sulle loro proprietà.

Ma ciò riguarda il passato (Tal fusti o Notte, v. 30); ben diverse sono le notti aristocratiche del presente: piene di luci festose, interamente dedicate alla vita mondana, alle galanterie (Amore, Venere, v. 39), al gioco d’azzardo e al godimento della ricchezza (ecco del gioco, ecco del fasto i Genj, v. 40). L’antico buio è cancellato dalle luci delle torce e dai mille riverberi dei monili e delle suppellettili preziose che adornano i nobili e i loro palazzi, tanto che la Notte stessa rimane Stupefatta (v. 48) da tale luminosità artificiale.

Proprio come nei vv. 33-143 del Mattino ( T4, p. 504), anche qui si nota un esplicito contrasto fra la natura, a contatto della quale vivevano in origine gli stessi antenati duri ed alpestri (v. 32) del giovin signore (che da uomini sobri e accorti nell’amministrazione delle loro proprietà erano intenti a migliorare le coltivazioni e a farle fruttare), e l’artificiosa esistenza delle classi agiate. Il raccordo con l’inizio del poemetto è riscontrabile anche negli accenni al sonno pesante dei lavoratori stanchi, cui fa da contrasto la vivacità degli aristocratici, che, rimasti oziosi tutto il giorno, si dedicano ora febbrilmente ai piaceri notturni.

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Le scelte stilistiche

L’esordio della Notte inaugura la sezione conclusiva del poemetto, in cui la critica ha visto, alternativamente, un affievolirsi dell’ispirazione poetica di Parini, oppure, al contrario, un nuovo e inedito afflato sperimentale. Di certo si tratta della parte più dissimile dal resto del Giorno, come si nota già in questo brano iniziale. Nella sequenza dei vv. 4-29, in particolare, la suggestiva descrizione delle tenebre medievali è costruita secondo il gusto “sepolcrale” che proprio alla fine del Settecento si diffonde in Europa come espressione della sensibilità preromantica (il poeta Giosuè Carducci parlerà, a proposito di questi versi, di «vero presentimento del Romanticismo»): in tale direzione vanno alcuni dettagli visivi, come la Terribil ombra che giganteggiando si vedea salire (vv. 10-11), l’alte torri / di teschi antiqui seminate al piede (vv. 12-13), l’aere / orribilmente tacito ed opaco (vv. 19-20). Non manca il riferimento agli uccelli notturni, upupe e gufi e mostri avversi al sole (v. 14), che la tradizione reputava di malaugurio e che erano una presenza tipica della poesia sepolcrale, al pari delle pallide fantasime (v. 25), che emettono lugubri lamenti cui i cani rispondono ululando (vv. 27-29). Significativi al fine della resa complessiva di un’atmosfera inquietante e orrorifica sono anche alcune peculiarità foniche, come il fitto alternarsi delle u e delle o ai vv. 26-29 (lungo le mura de i deserti tetti / spargean lungo acutissimo lamento, / cui di lontano per lo vasto buio / i cani rispondevano ululando), che sembra riprodurre un’eco onomatopeica del lamento spettrale e dell’ululato dei cani.

Con questa parte cupa e tetra contrastano i vv. 39-54, nei quali si descrive con vivacità di immagini lo splendore delle feste dei ricchi, in cui tutto, compresa la luce, è artificiale.

VERSO LE COMPETENZE

Comprendere

1 Quali sensazioni generava, nei tempi antichi, la notte?


2 Qual è l’unica presenza umana nella descrizione della notte antica?


3 In che senso il poeta sembra qui apprezzare gli antenati del giovin signore?

Analizzare

4 Quali sono gli elementi orrorifici contenuti nel brano?


5 Elenca i termini presenti nel testo riferibili agli opposti campi semantici del buio e della luce. Tra questi ultimi distingui poi quelli inerenti alla luce naturale e quelli relativi alla luce artificiale.


Buio

Luce naturale

Luce artificiale

     
     
     
     


6 Al v. 26 deserti tetti è

  • a una sineddoche.
  • b un’onomatopea.
  • c una metonimia.
  • d un’ipallage.

Interpretare

7 Sulla base di quali elementi possiamo ritenere che ai vv. 4-29 il poeta, parlando genericamente di un passato remoto, alluda in realtà al Medioevo?


8 Che cosa ti sembra voler dimostrare l’autore attraverso la contrapposizione delle due scene della notte antica e di quella moderna?

scrivere per...

descrivere

9 Descrivi brevemente (in circa 20 righe) una notte urbana dei giorni nostri in contrapposizione con una notte rurale.

Il magnifico viaggio - volume 3
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Il Seicento e il Settecento