CONSONANZE CONTEMPORANEE - Franca Rame - Una donna (in)felice

CONSONANZE CONTEMPORANEE

Franca Rame

UNA DONNA (IN)FELICE

Dopo la lettura del monologo di Mirandolina nella nona scena del primo atto della Locandiera, vi proponiamo un altro monologo, ma di tenore ben diverso: quello di una donna contemporanea alla quale ha dato voce nel 1977 Franca Rame (1929-2013), nel suo testo teatrale dal titolo Tutta casa, letto e chiesa. L’intera pièce è costruita sul lungo soliloquio di una casalinga, che, descrivendo le proprie abitudini quotidiane, dichiara a una vicina di casa tutta la propria felicità. In realtà, da quanto dice, capiamo che è tutt’altro che soddisfatta della sua esistenza: il marito è una sorta di carceriere, i figli sono indifferenti, si sente sola e, come se non bastasse, è oggetto di molestie sessuali di tipo fisico da parte del cognato e di tipo verbale da parte di un anonimo telefonista. Attraverso l’ironia, l’autrice mette in scena i problemi femminili nella società italiana di quegli anni, quando, dopo la rivoluzione sessuale, le donne anelavano a una parità di genere ancora tutta da conquistare, e probabilmente neanche oggi ancora completamente conseguita.

Elementi scenografici: due porte disposte ai lati del palcoscenico, un’altra porta sul fondo a sinistra. La porta di destra è l’entrata dell’appartamento, quella di sinistra dà nella camera da letto, quella sul fondo in cucina. In proscenio un lungo tavolo, sul quale stanno un telefono, una radio, un ferro da stiro, una bacinella, una spazzola. Davanti al tavolo uno sgabello. Ancora: un mobiletto qualsiasi con sopra un vassoio contenente cerotti, bende, alcool e una pomata. Appeso a una parete un fucile da caccia grossa. Una sedia. Questa scena rappresenta il tinello di una casa di piccola-media borghesia. La radio accesa a tutto volume trasmette musica rock; la luce sale lentamente.

Ballando freneticamente entra in scena una donna, che regge una cesta colma di indumenti da stirare. Indossa una vestaglietta scollata, piuttosto pretenziosa. Ballando si avvicina al tavolo, posa la cesta, prende una giacca da uomo e sempre ballando si dirige a un’immaginaria finestra in centro-proscenio. Scuote la giacca per toglierne la polvere, solleva lo sguardo e si blocca, piacevolmente sorpresa nello scoprire la presenza di qualcuno nel palazzo di fronte.


DONNA (ad alta voce per richiamare l’attenzione) Signora... Signora! Buongiorno!... Ma da quando è venuta ad abitare di fronte a casa mia?... Non mi sono neanche accorta del trasloco... credevo fosse proprio disabitato. Sono contenta... (Quasi urlando) Dicevo che sono contenta... Non mi sente? Ah sì, ha ragione... la radio... la spengo subito... (Esegue) Mi scusi tanto, ma quando sono in casa sola, se non ho la radio bella sparata mi viene voglia di impiccarmi. In questa stanza (si dirige alla porta di sinistra) ho sempre in funzione il giradischi... (Apre la porta, si sente una musica) Sente? (Richiude) In cucina il mangianastri... (ldem alla porta di cucina ne esce una musica struggente). Che languore!1 (Richiude la porta) Così, in qualsiasi stanza vado, ho la compagnia. (Si avvicina al tavolo e inizia a lavorare: spazzola la giacca da uomo, attacca bottoni, ecc.) No... in camera da letto no, ci mancherebbe altro!

No, l’ho il televisore... sempre in funzione... a tutto volume! [...] Sì, mi piacciono anche i non ballabili... purché sia musica... il rumore... mi tiene compagnia. E lei come fa a tenersi compagnia? Ah, un figlio! Che fortunata!... Che stupida, anch’io ho un figlio... anzi, ne ho due. Scusi, me ne ero dimenticato uno, per l’emozione di parlare con lei... No, non mi tengono compagnia. La più grande è grande, sa, gli amici, le amichette... Il maschietto invece è sempre con me, ma neanche lui mi tiene compagnia... Eh, dorme! Dorme sempre! Mangia, dorme e fa la cacca! È un cagone!

Ma io non mi lamento, io sto bene in casa mia... non mi manca niente... mio marito mi tiene come una rosa nella serra!2... Ho tutto! Ho... Dio, quante cose ho... Ho il frigorifero!... Sì, lo so che il frigorifero ce l’hanno tutti... (dandosi molta importanza) ma il mio... fa il ghiaccio a palline!! Ho la lavabiancheria, 24 cicli! Lava e asciuga... Ma come asciuga!... Certe volte devo ribagnare tutto per poter stirare... è tutto secco! Ho le pentole a pressione... il frullatore «Girmiii», la musica in tutte le stanze, cosa devo volere di più dalla vita io... Dopotutto, sono solo una donna... Sì, ce l’avevo, a ore, poi è scappata;3 poi ne è venuta un’altra, è scappata anche quella. Scappano tutte le donne a casa mia... Come?... No, non per me... (imbarazzata) per mio cognato... Eh... [...]

E così, da quando tutte le donne se ne sono andate, mi occupo io di mio cognato, sa, io lo faccio per mio marito... è suo fratello dopotutto... Ma che dice mio cognato?! Mio cognato... a me? (Risentita) A me mi rispetta eccome! Ci mancherebbe altro! A me, prima di allungare la mano... me lo chiede, me lo chiede sempre! (Squilla il telefono). Oh, dev’essere mio marito... mi chiama sempre a quest’ora. Scusi un attimo... (Risponde al telefono, tutta miele) Pronto?... Come? Sì... ma come... stronzo! (Posa la cornetta con forza. E furiosa. Guarda la dirimpettaia e le fa un sorriso, quasi a chiedere scusa) Scusi la parolaccia... ma quando ci vuole ci vuole! (Riprende a lavorare nervosamente) No, no, non era mio marito, ci mancherebbe altro!... (Fuori dalla grazia di Dio) Non so chi sia! È un porcone telefonico! Mi telefona una, due, tre... mila volte al giorno! Mi dice delle zozzerie... ma di quelle parole... che non esistono nemmeno sul vocabolario... le ho cercate sullo Zingarelli... non ci sono! Dev’essere un oriundo4... Ammalato? Senta, ne ho già uno di ammalato in casa... Non sono l’infermiera di tutti gli sporcaccioni d’Italia, io! (Squilla di nuovo il telefono) Questo è ancora lui! Stia a vedere cosa faccio adesso... Non lo lascio neanche parlare. (Solleva la cornetta) Pronto porco! Ti avverto che il mio telefono è controllato dalla polizia e se... (Cambiando completamente tono) Ciao... (Rivolta alla dirimpettaia, tappando con la mano la cornetta) È mio marito! (Parla al telefono, è molto impacciata) No, non ce l’avevo con te, caro... credevo fosse... insomma c’è un signore che telefona sempre... chiede di te!... Dice delle parolacce tremende... è arrabbiato con te... dice che tu gli devi dei soldi... Così, io, per spaventarlo, gli ho detto «polizia»! (Cambia completamente tono: meravigliata, sempre più meravigliata) Sì, sono in casa... Aldo, ti giuro che sono in casa! Ma scusa, che numero di telefono hai fatto? E se ti rispondo dove vuoi che sia!... Non sono uscita! Come faccio a uscire se mi chiudi in casa a chiave?! (Rivolta alla dirimpettaia) Signora, guardi che mio marito... (Al telefono) Pronto... No, non sto parlando con nessuno... Sì, ho detto «signora»... ma ogni tanto tra me e me mi chiamo signora... No, in casa non c’è nessuno... Sì, c’è tuo fratello, ma non è qui... Sì, il bambino dorme... Sì, gli ho dato da mangiare... Sì, gli ho fatto fare la pipì... (Seccata) Sì, anche a tuo fratello! (Cerca di controllarsi) Ma chi si arrabbia... dicevo di stare tranquillo che in casa tutti hanno fatto pipì!... Ciao, sì... no, no, sono felice... sono felice, Aldo, sono molto felice. (Sempre più nervosa) Ero qui che stiravo e ridevo... Aldo, sono felice... (Gridando) Sono feliceeee! (Attacca il ricevitore. Lancia un urlo di rabbia contro il telefono. Guarda la dirimpettaia per un attimo, seria e tesa, poi le fa un gran sorriso silenzioso. Ha ripreso il controllo dei suoi nervi) Ha visto? Gli ho dovuto dire una bugia... Eh no, non lo sa del porcone telefonico... se glielo dico va a finire che se la prende con me!... [...] E va a finire che mi fa togliere anche il telefono... Già mi tiene chiusa in casa... Prigioniera? La mattina quando esce mi chiude... Per la spesa? La fa lui... (Riprende a stirare) Be’, se succede qualcosa, lui telefona ogni tanto... Ma cosa vuole che succeda in casa mia... Siamo una famiglia tranquilla...


(Dario Fo e Franca Rame, Teatro, Garzanti, Milano 2020)

PER DISCUTERNE – EDUCAZIONE CIVICA

La protagonista del monologo si compiace a un certo punto della grande quantità di moderni elettrodomestici che le facilitano il lavoro casalingo. Tuttavia questi prodotti tecnologici sono anche il simbolo del confinamento della donna tra le mura domestiche, come se non dovesse occuparsi d’altro che delle faccende di casa. Questo negli anni Settanta del secolo scorso, quando il testo di Franca Rame è stato composto. E oggi? Le donne hanno pari opportunità di ottenere un lavoro che consenta loro di realizzarsi umanamente e professionalmente, nonché di rendersi indipendenti dal punto di vista economico? Oppure si trovano spesso di fronte a un bivio tra la scelta della maternità e quella di un impegno lavorativo a tempo pieno, nella misura in cui la gestione dei figli grava troppe volte ancora esclusivamente sulle donne? A che punto è la nostra società su tali questioni? Discutine con la classe.

Il magnifico viaggio - volume 3
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Il Seicento e il Settecento