T4 - La sfida di Mirandolina

T4

La sfida di Mirandolina

La locandiera, atto I, scene IV-VI, IX; atto II, scene XVI-XIX

Nell’ambiente della locanda, circoscritto ma aperto all’andirivieni dei clienti, entrano in relazione fra loro tutte le classi sociali, rappresentate dai singoli personaggi. La commedia si apre con un’esilarante schermaglia, costituita da frecciate e provocazioni, tra il Conte d’Albafiorita e il Marchese di Forlipopoli, che vogliono guadagnarsi, ognuno con le proprie risorse, l’amore di Mirandolina. Un terzo cliente, il Cavaliere di Ripafratta (una località nei pressi di Pisa), manifesta invece la sua riprovazione per il comportamento dei due nobili, sostenendo un proprio, originale punto di vista.

ATTO I, scena quarta

II Cavaliere di Ripafratta dalla sua camera, e detti.


CAVALIERE Amici, che cos’è questo romore? Vi è qualche dissensione1 fra di voi altri?

CONTE Si disputava sopra un bellissimo punto.2

MARCHESE II Conte disputa meco sul merito della nobiltà. (ironico)

5      CONTE Io non levo il merito alla nobiltà: ma sostengo, che per cavarsi dei capricci, 

vogliono esser denari.3

CAVALIERE Veramente, Marchese mio…

MARCHESE Orsù, parliamo d’altro.

CAVALIERE Perché siete venuti a simil contesa?

10    CONTE Per un motivo il più ridicolo della terra.

MARCHESE Sì, bravo! il Conte mette tutto in ridicolo.

CONTE Il signor Marchese ama la nostra locandiera. Io l’amo ancor più di lui. 

Egli pretende corrispondenza,4 come un tributo alla sua nobiltà. Io la spero, 

come una ricompensa alle mie attenzioni.5 Pare a voi che la questione non 

15    sia ridicola?

MARCHESE Bisogna sapere con quanto impegno io la proteggo.

CONTE Egli la protegge, ed io spendo. (al Cavaliere)

CAVALIERE In verità non si può contendere per ragione alcuna che lo meriti meno.6 

Una donna vi altera? vi scompone?7 Una donna? che cosa mai mi convien sentire? 

20    Una donna? Io certamente non vi è pericolo che per le donne abbia che 

dir8 con nessuno. Non le ho mai amate, non le ho mai stimate, e ho sempre 

creduto che sia la donna per l’uomo una infermità9 insopportabile.

MARCHESE In quanto a questo poi, Mirandolina ha un merito estraordinario.

CONTE Sin qua il signor Marchese ha ragione. La nostra padroncina della locanda 

25    è veramente amabile.

MARCHESE Quando10 l’amo io, potete credere che in lei vi sia qualche cosa di grande.

CAVALIERE In verità mi fate ridere. Che mai può avere di  stravagante costei, che non 

sia comune all’altre donne?

MARCHESE Ha un tratto11 nobile, che incatena.

30    CONTE È bella, parla bene, veste con pulizia, è di un ottimo gusto.

CAVALIERE Tutte cose che non vagliono un fico.12 Sono tre giorni ch’io sono in questa 

locanda, e non mi ha fatto specie veruna.13

CONTE Guardatela, e forse ci troverete del buono.

CAVALIERE Eh, pazzia! L’ho veduta benissimo. È una donna come l’altre.

35    MARCHESE Non è come l’altre, ha qualche cosa di più. Io che ho praticate le prime 

dame,14 non ho trovato una donna che sappia unire, come questa, la gentilezza 

e il decoro.

CONTE Cospetto di bacco!15 Io son sempre stato solito trattar donne: ne conosco li 

difetti ed il loro debole. Pure con costei, non ostante il mio lungo corteggio16

40    le tante spese per essa fatte, non ho potuto toccarle un dito.

CAVALIERE Arte, arte sopraffina. Poveri gonzi!17 Le credete, eh? A me non la farebbe. 

Donne? Alla larga tutte quante elle sono.

CONTE Non siete mai stato innamorato?

CAVALIERE Mai, né mai lo sarò. Hanno fatto il diavolo18 per darmi moglie, né mai 

45    l’ho voluta.

MARCHESE Ma siete unico della vostra casa: non volete pensare alla successione?

CAVALIERE Ci ho pensato più volte, ma quando considero che per aver figliuoli mi 

converrebbe soffrire19 una donna, mi passa subito la volontà.20

CONTE Che volete voi fare delle vostre ricchezze?

50    CAVALIERE Godermi quel poco che ho con i miei amici.

MARCHESE Bravo, Cavaliere, bravo; ci goderemo.

CONTE E alle donne non volete dar nulla?

CAVALIERE Niente affatto. A me non ne mangiano21 sicuramente.

CONTE Ecco la nostra padrona. Guardatela, se non è adorabile.

55    CAVALIERE Oh la bella cosa! Per me stimo più di lei quattro volte un bravo cane da 

caccia.

MARCHESE Se non la stimate voi, la stimo io.

CAVALIERE Ve la lascio, se22 fosse più bella di Venere.


ATTO I, scena quinta

Mirandolina e detti.


60    MIRANDOLINA M’inchino a questi cavalieri. Chi mi domanda23 di lor signori?

MARCHESE Io vi domando, ma non qui.

MIRANDOLINA Dove mi vuole, Eccellenza?

MARCHESE Nella mia camera.

MIRANDOLINA Nella sua camera? Se ha bisogno di qualche cosa verrà il cameriere a 

65    servirla.

MARCHESE (Che dite di quel contegno?). (al Cavaliere)

CAVALIERE (Quello che voi chiamate contegno, io lo chiamerei temerità,24 impertinenza). 

(al Marchese)

CONTE Cara Mirandolina, io vi parlerò in pubblico, non vi darò l’incomodo di 

70    venire nella mia camera. Osservate questi orecchini. Vi piacciono?

MIRANDOLINA Belli.

CONTE Sono diamanti, sapete?

MIRANDOLINA Oh, li conosco. Me ne intendo anch’io dei diamanti.

CONTE E sono al vostro comando.25

75    CAVALIERE (Caro amico, voi li buttate via). (piano al Conte)

MIRANDOLINA Perché mi vuol ella donare quegli orecchini?

MARCHESE Veramente sarebbe un gran regalo! Ella ne ha de’ più belli al doppio.26

CONTE Questi sono legati alla moda.27 Vi prego riceverli per amor mio.

CAVALIERE (Oh che pazzo!). (da sé)

80    MIRANDOLINA No, davvero, signore…

CONTE Se non li prendete, mi disgustate.28

MIRANDOLINA Non so che dire… mi preme tenermi amici gli avventori della mia 

locanda. Per non disgustare il signor Conte, li prenderò.

CAVALIERE (Oh che forca!).29 (da sé)

85    CONTE (Che dite di quella prontezza di spirito?). (al Cavaliere)

CAVALIERE (Bella prontezza! Ve li mangia,30 e non vi ringrazia nemmeno). (al Conte)

MARCHESE Veramente, signor Conte, vi siete acquistato gran merito. Regalare una 

donna31 in pubblico, per vanità! Mirandolina, vi ho da parlare a quattr’occhi, 

fra voi e me: son cavaliere.

90    MIRANDOLINA (Che arsura! Non gliene cascano).32 (da sé) Se altro non mi comandano, 

io me n’anderò.

CAVALIERE Ehi! padrona. La biancheria che mi avete dato, non mi gusta.33 Se non ne 

avete di meglio, mi provvederò.34 (con disprezzo)

MIRANDOLINA Signore, ve ne sarà di meglio. Sarà servita, ma mi pare che la potrebbe 

95    chiedere con un poco di gentilezza.

CAVALIERE Dove spendo il mio denaro, non ho bisogno di far complimenti.

CONTE Compatitelo. Egli è nemico capitale35 delle donne. (a Mirandolina)

CAVALIERE Eh, che non ho bisogno d’essere da lei compatito.

MIRANDOLINA Povere donne! che cosa le hanno fatto? Perché così crudele con noi, 

100 signor Cavaliere?

CAVALIERE Basta così. Con me non vi prendete maggior confidenza. Cambiatemi 

la biancheria. La manderò a prender pel36 servitore. Amici, vi sono schiavo.37 

(parte)


ATTO I, scena sesta

Il Marchese, il Conte e Mirandolina.


105 MIRANDOLINA Che uomo salvatico!38 Non ho veduto il compagno.39

CONTE Cara Mirandolina, tutti non conoscono il vostro merito.

MIRANDOLINA In verità, son cosi stomacata del suo mal procedere, che or ora lo 

licenzio40 a dirittura.

MARCHESE Sì; e se non vuol andarsene, ditelo a me, che lo farò partire immediatamente. 

110 Fate pur uso della mia protezione.

CONTE E per il denaro che aveste a perdere, io supplirò e pagherò tutto. (Sentite, 

mandate via anche il Marchese, che pagherò io). (piano a Mirandolina)

MIRANDOLINA Grazie, signori miei, grazie. Ho tanto spirito41 che basta, per dire ad 

un forestiere ch’io non lo voglio, e circa all’utile,42 la mia locanda non ha mai 

115 camere in ozio.

[…]


ATTO I, scena nona

Mirandolina, sola.


MIRANDOLINA Uh, che mai ha detto! L’eccellentissimo signor Marchese Arsura mi 

sposerebbe?43 Eppure, se mi volesse sposare, vi sarebbe una piccola difficoltà. Io 

non lo vorrei. Mi piace l’arrosto, e del fumo non so che farne. Se avessi sposati 

120 tutti quelli che hanno detto volermi, oh, avrei pure tanti mariti! Quanti arrivano 

a questa locanda, tutti di me s’innamorano, tutti mi fanno i cascamorti; e tanti e 

tanti mi esibiscono44 di sposarmi a dirittura. E questo signor Cavaliere, rustico45 

come un orso, mi tratta sì bruscamente? Questi è il primo forestiere capitato alla 

mia locanda, il quale non abbia avuto piacere di trattare con me. Non dico che 

125 tutti in un salto46 s’abbiano a innamorare: ma disprezzarmi così? è una cosa che 

mi muove la bile47 terribilmente. È nemico delle donne? Non le può vedere? 

Povero pazzo! Non avrà ancora trovato quella che sappia fare. Ma la troverà. La 

troverà. E chi sa che non l’abbia trovata? Con questi per l’appunto mi ci metto di 

picca.48 Quei che mi corrono dietro, presto presto mi annoiano. La nobiltà non 

130 fa per me. La ricchezza la stimo e non la stimo. Tutto il mio piacere consiste in 

vedermi servita,49 vagheggiata,50 adorata. Questa è la mia debolezza, e questa è 

la debolezza di quasi tutte le donne. A maritarmi non ci penso nemmeno; non 

ho bisogno di nessuno; vivo onestamente, e godo la mia libertà. Tratto con tutti, 

ma non m’innamoro mai di nessuno. Voglio burlarmi di tante caricature di 

135 amanti spasimati;51 e voglio usar tutta l’arte per vincere, abbattere e conquassare52 

quei cuori barbari53 e duri che son nemici di noi, che siamo la miglior cosa 

che abbia prodotto al mondo la bella madre natura.

[La locandiera ha messo in atto il suo piano di seduzione per far innamorare il Cavaliere di Ripafratta, fingendo di approvare la sua avversione per le donne, dimostrando fastidio per le lusinghe del Conte e del Marchese e assumendo un atteggiamento di complicità con l’ospite, al quale dedica attenzioni particolari (come la biancheria preziosa o gli intingoli da lei stessa cucinati esclusivamente per lui). In seguito all’arrivo alla locanda di due attrici, Ortensia e Dejanira, che si fingono nobildonne ma vengono ben presto smascherate da Mirandolina, si innesca una sorta di giocosa competizione fra le tre donne per la conquista del Cavaliere misogino. Sarà la locandiera, però, a prevalere].


ATTO II, scena sedicesima

Il Cavaliere, solo.


CAVALIERE Tutti sono invaghiti di Mirandolina. Non è maraviglia, se ancor io 

140 principiava a sentirmi accendere.54 Ma anderò via; supererò questa incognita55 

forza… Che vedo? Mirandolina? Che vuole da me? Ha un foglio in mano. Mi 

porterà il conto. Che cosa ho da fare? Convien soffrire56 quest’ultimo assalto. 

Già da qui a due ore io parto.


ATTO II, scena diciassettesima

Mirandolina con un foglio in mano, e detto.


145 MIRANDOLINA Signore. (mestamente)

CAVALIERE Che c’è, Mirandolina?

MIRANDOLINA Perdoni. (stando indietro)

CAVALIERE Venite avanti.

MIRANDOLINA Ha domandato il suo conto; l’ho servita. (mestamente)

150 CAVALIERE Date qui.

MIRANDOLINA Eccolo. (si asciuga gli occhi col grembiale, nel dargli il conto)

CAVALIERE Che avete? Piangete?

MIRANDOLINA Niente, signore, mi è andato del fumo negli occhi.

CAVALIERE Del fumo negli occhi? Eh! basta… quanto importa il conto?57 (legge) Venti 

155 paoli?58 In quattro giorni un trattamento sì generoso: venti paoli?

MIRANDOLINA Quello è il suo conto.

CAVALIERE E i due piatti particolari che mi avete dato questa mattina, non ci sono 

nel conto?

MIRANDOLINA Perdoni. Quel ch’io dono, non lo metto in conto.

160 CAVALIERE Me li avete voi regalati?

MIRANDOLINA Perdoni la libertà. Gradisca per un atto di… (si copre, mostrando di 

piangere)

CAVALIERE Ma che avete?

MIRANDOLINA Non so se sia il fumo, o qualche flussione59 di occhi.

165 CAVALIERE Non vorrei che aveste patito, cucinando per me quelle due preziose vivande.

MIRANDOLINA Se fosse per questo, lo soffrirei… volentieri… (mostra trattenersi di 

piangere)

CAVALIERE (Eh, se non vado via!). (da sé) Orsù, tenete. Queste sono due doppie.60 

Godetele per amor mio… e compatitemi…61 (s’imbroglia)62

170 MIRANDOLINA (senza parlare, cade come svenuta sopra una sedia)

CAVALIERE Mirandolina. Ahimè! Mirandolina. È svenuta. Che fosse innamorata di 

me? Ma così presto? E perché no? Non sono io innamorato di lei? Cara 

Mirandolina… Cara? Io cara ad una donna? Ma se è svenuta per me. Oh, come tu sei 

bella! Avessi qualche cosa per farla rinvenire. Io che non pratico63 donne, non 

175 ho spiriti,64 non ho ampolle.65 Chi è di là? Vi è nessuno? Presto?… Anderò io. 

Poverina! Che tu sia benedetta! (parte, e poi ritorna)

MIRANDOLINA Ora poi è caduto affatto.66 Molte sono le nostre armi, colle quali si 

vincono gli uomini. Ma quando sono ostinati, il colpo di riserva sicurissimo è 

uno svenimento. Torna, torna. (si mette come sopra)

180 CAVALIERE (torna con un vaso d’acqua) Eccomi, eccomi. E non è ancor rinvenuta. Ah, 

certamente costei mi ama. (la spruzza, ed ella si va movendo) Animo, animo. Son 

qui cara. Non partirò più per ora.


ATTO II, scena diciottesima

Il Servitore colla spada e cappello, e detti.


SERVITORE Ecco la spada ed il cappello. (al Cavaliere)

185 CAVALIERE Va via. (al Servitore, con ira)

SERVITORE I bauli…

CAVALIERE Va via, che tu sia maledetto.

SERVITORE Mirandolina…

CAVALIERE Va, che ti spacco la testa. (lo minaccia col vaso; il Servitore parte) E non 

190 rinviene ancora? La fronte le suda. Via, cara Mirandolina, fatevi coraggio, aprite 

gli occhi. Parlatemi con libertà.


ATTO II, scena diciannovesima

Il Marchese ed il Conte, e detti.


MARCHESE Cavaliere?

CONTE Amico?

195 CAVALIERE (Oh maledetti!). (va smaniando)

MARCHESE Mirandolina.

MIRANDOLINA Oimè! (s’alza)

MARCHESE Io l’ho fatta rinvenire.

CONTE Mi rallegro, signor Cavaliere.

200 MARCHESE Bravo quel signore, che non può vedere le donne.

CAVALIERE Che impertinenza?

CONTE Siete caduto?67

CAVALIERE Andate al diavolo quanti siete. (getta il vaso in terra, e lo rompe verso il Conte 

ed il Marchese, e parte furiosamente)

205 CONTE Il Cavaliere è diventato pazzo. (parte)

MARCHESE Di questo affronto voglio soddisfazione.68 (parte)

MIRANDOLINA L’impresa è fatta. Il di lui cuore è in fuoco, in fiamme, in cenere. 

Restami solo, per compiere la mia vittoria, che si renda pubblico il mio trionfo, a 

scorno69 degli uomini presuntuosi, e ad onore del nostro sesso. (parte)

 >> pagina 422 

DENTRO IL TESTO

I contenuti tematici

Nella locanda di Mirandolina sono ospitati tre nobili, ognuno dei quali esprime una diversa anima del ceto aristocratico messo in ridicolo da Goldoni. Il Marchese di Forlipopoli e il Conte d’Albafiorita rappresentano rispettivamente una nobiltà di sangue, irrimediabilmente decaduta per avere dilapidato le proprie risorse, e una nobiltà acquisita di recente, che fa sfoggio della ricchezza con l’esibizionismo tipico dei parvenu; il Cavaliere di Ripafratta impersona invece un’aristocrazia ancora fiera e altera, che coltiva fino all’eccesso il proprio senso di superiorità, qui tradotto nel disprezzo per il sentimento amoroso e per l’universo femminile.

Ogni personaggio è caratterizzato da manie e debolezze: il Marchese dall’avarizia e dall’orgoglio per i propri privilegi (Fate pur uso della mia protezione, r. 110); il Conte dalla prodigalità e dalla volgarità, che lo porta a ostentare le proprie ricchezze (E per il denaro che aveste a perdere, io supplirò e pagherò tutto, r. 111); il Cavaliere dalla misoginia, esibita come il segno della sua posizione di forza e di dominio (Ehi! padrona. La biancheria che mi avete dato, non mi gusta, r. 92; Dove spendo il mio denaro, non ho bisogno di far complimenti, r. 96).

 >> pagina 423

Tutt’altro status sociale contraddistingue il personaggio di Mirandolina. La locandiera eredita certi requisiti della servetta, vivace protagonista della commedia dell’arte, dove appariva con vari nomi (Colombina il più frequente); in particolare, Goldoni recupera dalla tradizione il piglio disinvolto e spregiudicato della maschera, ma approfondisce la sua personalità dotandola di una psicologia complessa che la rende autentica, secondo la concezione della commedia riformata.

Dopo essere stata evocata dagli altri personaggi, Mirandolina si presenta agli spettatori con un lungo monologo in cui liquida la proposta di matrimonio del Marchese, troppo a secco di denaro (da cui il soprannome di Arsura che gli affibbia la donna) per essere preso in considerazione, censura l’atteggiamento del Cavaliere, rustico come un orso (rr. 122-123) e nemico delle donne (r. 126), e rivela la propria attitudine a dominare gli uomini (Tutto il mio piacere consiste in vedermi servita, vagheggiata, adorata, rr. 130-131).

Ma Mirandolina non è soltanto sfuggente e seduttiva. Da donna borghese, è anche concreta e calcolatrice (Oh, li conosco. Me ne intendo anch’io dei diamanti, r. 73), scaltra (mi preme tenermi amici gli avventori della mia locanda. Per non disgustare il signor Conte, li prenderò, rr. 82-83) e abile negli affari (e circa all’utile, la mia locanda non ha mai camere in ozio, rr. 114-115). Intascando i regali degli ospiti, godendo della loro devozione e facendo mostra di non volerli offendere (per curare in realtà i propri interessi), Mirandolina tiene legati a sé i suoi corteggiatori senza concedersi e senza danneggiare la propria reputazione.

Il Cavaliere, tuttavia, sembra sottrarsi al gioco della locandiera, con l’intenzione di non cadere nella sua rete. Sentendosi sfidata, Mirandolina ingaggia allora una battaglia per il riscatto del genere femminile: e voglio usar tutta l’arte per vincere, abbattere e conquassare quei cuori barbari e duri che son nemici di noi, che siamo la miglior cosa che abbia prodotto al mondo la bella madre natura (rr. 135-137).

Recependo gli ideali illuministici di emancipazione e uguaglianza, però, Goldoni non si limita a far raggiungere a Mirandolina lo scopo immediato, vincere la ritrosia e la misoginia del Cavaliere: dopo aver fatto capitolare l’uomo, infatti, la donna pretenderà una dichiarazione d’amore pubblica, perché la sua sfida non rappresenta più soltanto una questione privata, ma assume una valenza sociale e ideologica. Ha scritto il critico Roberto Alonge: «Non è l’amore che le interessa, ma la pratica sociale. Mirandolina si realizza (e si appaga) non tanto come donna […], bensì come ruolo sociale, come locandiera».

Le scelte stilistiche

I protagonisti interloquiscono tra loro con frasi brevi e vivaci, che coinvolgono direttamente o indirettamente tutti i personaggi. Alcune battute, rivolte a un unico personaggio, sono però pronunciate sottovoce, di nascosto, in modo che gli altri non sentano. Si crea così una complicità con gli spettatori, i quali sono più informati dei personaggi sulla scena. Ciò avviene in modo ancor più chiaro nelle battute che gli attori pronunciano tra sé e sé e nei monologhi: in quello di Mirandolina, la donna, sfogandosi, rivela al pubblico la sua indole e il piano che sta architettando.

I monologhi mostrano inoltre un aspetto importante del temperamento di Mirandolina. Quando si rivolge agli ospiti, la locandiera parla in modo raffinato, con uno stile formale ed elevato, adeguato agli interlocutori (M’inchino a questi cavalieri. Chi mi domanda di lor signori?, r. 60; Dove mi vuole, Eccellenza?, r. 62); nel monologo, invece, il suo linguaggio diventa spontaneo e colloquiale, con il ricorso a soprannomi di scherno (Marchese Arsura, r. 117), a modi di dire proverbiali (Mi piace l’arrosto, e del fumo non so che farne, r. 119), a similitudini basse e colloquiali (rustico come un orso, rr. 122-123) e a espressioni popolari (mi muove la bile, r. 126).
 >> pagina 424

VERSO LE COMPETENZE

Comprendere

1 Riassumi il brano letto in circa 20 righe.


2 A quali mezzi fanno ricorso il Conte e il Marchese per sedurre Mirandolina? perché?


3 Quale atteggiamento ha inizialmente il Cavaliere nei confronti di Mirandolina?

Analizzare

4 Qual è la funzione dei numerosi puntini di sospensione alla scena diciasettesima?


Individua i vocaboli che caratterizzano le personalità del Conte e del Marchese, sottolineando quelli riconducibili all’ambito semantico del denaro per il primo e del potere per il secondo.


Commenta le scelte sintattiche che contribuiscono a rendere la concitazione del Cavaliere quando deve ammettere con sé stesso i propri sentimenti e quando deve soccorrere Mirandolina svenuta.

Educazione CIVICA – Spunti di realtà

OBIETTIVO
5 PARITÀ DI GENERE


Sulla scorta della lettura di alcuni passaggi della commedia, come il monologo della nona scena del primo atto, la figura di Mirandolina è stata letta come una sorta di “femminista ante litteram”. Che si condivida o meno tale definizione, non c’è dubbio che questo personaggio appare teso a un’affermazione di sé al di là dei limiti e degli stereotipi di genere che nel Settecento caratterizzavano la posizione della donna all’interno della società. E oggi? Purtroppo non è certo incoraggiante il rapporto Istat sugli stereotipi di genere pubblicato il 25 novembre 2019 in concomitanza con la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Il rapporto (che potrai facilmente reperire sul sito dell’Istat: www.istat.it) mostra quanto la visione della donna da parte degli italiani sia ancora piena di pregiudizi e di retaggi culturali del passato che mettono tra parentesi o addirittura cancellano quelli che in apparenza sembravano i progressi fatti dalla società civile nel suo complesso. Emerge, per esempio, che il 32% degli italiani ritiene che il successo lavorativo sia più importante per un uomo che per una donna e, di conseguenza, il 31,5% pensa che gli uomini siano meno adatti, rispetto alle donne, a occuparsi della casa e delle faccende domestiche; quindi, per il 27,9% sono gli uomini a dover provvedere ai bisogni economici della famiglia e non le donne.


• Che cosa può fare ciascuno di noi per combattere queste distorsioni? Discutine in classe.

Il magnifico viaggio - volume 3
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Il Seicento e il Settecento