La produzione lirica

La produzione lirica

Poeta di teatro”: era questa la designazione corrente dei drammaturghi nell’età elisabettiana, anche quando scrivevano in prosa. È una designazione che si attaglia pienamente a Shakespeare, in quanto egli, autentico e grande poeta, ha fatto del teatro il suo mestiere fondamentale.È significativo che il suo nome appaia per la prima volta come autore non sul frontespizio di opere teatrali, ma su quello di due poemetti narrativi pubblicati negli anni in cui infuriava la peste: Venere e Adone (1592-1593, ristampato dieci volte in un ventennio) e Lucrezia violentata (1593-1594). Uniche opere la cui stampa sia stata curata personalmente da Shakespeare, costituiscono una rivisitazione di modelli poetici tradizionali e particolarmente in voga in quegli anni (il sensuale racconto mitologico e il compianto moralistico tratto dalla Storia antica), ma Shakespeare li arricchisce di una nuova densità di significato, come fa del resto con tutti i generi drammatici da lui affrontati nella sua carriera. Il dono poetico di Shakespeare, infatti, non consiste nell’inventare nuovi modelli nel campo del teatro come in quello della poesia, ma di trasformare dall’interno quelli esistenti.

Certamente Shakespeare aveva incominciato molto presto a comporre sonetti, e continuato fin verso il 1609, allorché un editore ne raccolse 154, con una dedica a un enigmatico «Master W. H». La raccolta, certamente non curata dall’autore, comprende componimenti destinati ai “suoi amici privati” (come ebbe a dire un contemporaneo dell’autore), testi che tuttavia non devono essere considerati come confessioni personali: il drammaturgo Shakespeare crea il personaggio del poeta, che usa la sua arte per trasformare la convenzione del sonetto d’amore in espressione formalmente perfetta.

Ma forse le migliori prove dello Shakespeare poeta lirico possono essere considerate le canzoni, i sonetti, le sestine inserite in tanti suoi drammi, da Romeo e Giulietta a Come vi piace, dalla Dodicesima notte alla Tempesta. Questi componimenti, caratterizzati da una grande varietà metrica, costituiscono, insieme ai Sonetti, il canzoniere di Shakespeare, e acquistano tanta maggiore risonanza poetica dai contesti drammatici di cui sono parte integrante.

T6

Gli occhi della mia donna non sono come il sole

Sonetti, 130

Della vasta produzione lirica shakespeariana presentiamo un sonetto particolare, in cui il poeta abbandona le immagini convenzionali per parlare della donna amata con un registro più colloquiale e realistico. La figura femminile a cui il testo fa riferimento è la dark lady destinataria di un cospicuo numero di sonetti.


Metro L’originale inglese è un sonetto elisabettiano, composto da 14 pentametri giambici disposti in 3 quartine a rima alternata e un distico finale a rima baciata.

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Audiolettura

Gli occhi della mia donna non sono come il sole;

il corallo è assai più rosso del rosso delle sue labbra;

se la neve è bianca, allora i suoi seni sono bigi;

4       se i capelli sono crini, neri crini crescono sul suo capo.


Ho visto rose damascate, rosse e bianche,

ma tali rose non le vedo sulle guance;

e in certi profumi c’è maggior delizia

8      che non nel fiato che la mia donna esala.


Amo sentirla parlare, eppure so

che la musica ha un suono molto più gradito.

Ammetto di non aver mai veduto incedere una dea,

12    ma la mia donna camminando calca la terra.


Eppure, per il cielo, credo il mio amore tanto raro

quanto qualsiasi donna travisata da falsi paragoni.

 >> pagina 240 

DENTRO IL TESTO

I contenuti tematici

Nella tradizione lirica del Petrarchismo le immagini con cui i poeti si riferivano all’amata erano piuttosto stereotipate, ripetendosi spesso uguali a sé stesse da un autore all’altro, di componimento in componimento. Gli occhi, per la loro luminosità, erano paragonati al sole; le labbra, per il colore rosso vivo, al corallo; la carnagione, per il suo biancore, alla neve; i capelli, sempre biondi (come quelli della Laura del Canzoniere), a fili d’oro; le guance, per il loro colorito rosato, alle rose; l’alito, per il suo profumo, a essenze preziose; la voce, per la gradevole armoniosità, alle migliori melodie musicali; l’incedere a quello di una dea che non calpesta la terra, ma si muove quasi levitando (si ricordi la donna angelicata della poesia stilnovista). Ebbene, qui il poeta dichiara il proprio amore raro (v. 13), cioè straordinario ed eccezionale, proprio negando tutti questi paragoni inconsistenti (falsi paragoni, v. 14) e ritraendo una realtà assai prosaica, ben lontana da quella idealizzata della lirica tradizionale.

Le scelte stilistiche

Dal punto di vista retorico, il ribaltamento delle immagini proprie della poesia amorosa è ottenuto tramite il costante rovesciamento delle similitudini e delle metafore del repertorio poetico convenzionale. Da qui l’insistenza delle negazioni (non, vv. 1, 6, 8 e 11) e la frequenza di connettivi con valore avversativo (allora, v. 3; ma, vv. 6 e 12; eppure, vv. 9 e 13).

Nel superare la consueta rappresentazione della figura femminile, inoltre, Shakespeare si rapporta alla tradizione – e al potere falsificante della letteratura – attraverso lo strumento dell’ironia. Il tono si fa però più serio negli ultimi due versi, nei quali l’autore afferma in positivo, senza più ricorrere a paragoni negativi, il proprio amore per la dark lady.

VERSO LE COMPETENZE

Comprendere

1 Riassumi il contenuto del testo in 5 righe.

Analizzare

2 Quali ambiti sensoriali vengono richiamati dal poe­ta attraverso le immagini e i paragoni presentati? Indica i versi in cui l’attenzione è focalizzata sui diversi sensi.

Interpretare

3 Dal testo emerge un sentimento amoroso appagato o frustrato? Spiega perché.


4 Ti sembra che, nonostante l’autore rifiuti i paragoni convenzionali, il sonetto contenga comunque una lode della donna? Argomenta la tua risposta.

Il magnifico viaggio - volume 3
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Il Seicento e il Settecento