INTRECCI LETTERATURE CLASSICHE E STRANIERE - Il romanzo dalle origini alla modernità

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Il romanzo dalle origini alla modernità

Un successo incessante

Affermatosi nel corso del Seicento, a partire dal Don Chisciotte di Cervantes, il romanzo ha conosciuto nei secoli successivi una crescente fortuna, diversificandosi in numerosi generi, facendosi testimone e portavoce dei temi sociali o individuali più urgenti, elaborando la propria forma e struttura in funzione di diverse finalità.

La parola “romanzo” deriva dal termine romanz, con cui in francese antico si indicava una qualsiasi lingua volgare derivata dal latino. Già all’inizio del XII secolo con questo vocabolo si definisce pertanto un testo scritto in lingua volgare, e in seguito anche un’opera narrativa volgare in versi: sia i romanzi medievali francesi sia i nostri romanzi cavallereschi sono infatti scritti in versi. Nelle letterature moderne e contemporanee, esso indica inoltre un racconto in prosa, e in questa veste si affermerà nel corso del Seicento per poi raggiungere il suo massimo sviluppo due secoli più tardi.

Il romanzo nell’antichità

Tuttavia, caratteristiche del romanzo sono rintracciabili in epoche assai precedenti, a partire dall’antichità, soprattutto in età ellenistica, quando al gusto per le avventure, che si coglieva nei racconti dell’Odissea, si uniscono altri elementi, quali le descrizioni di viaggio (particolarmente fiorenti dopo le conquiste di Alessandro Magno), il sentimentalismo erotico, tipico dell’elegia e della commedia, e l’elaborazione popolare delle antiche leggende locali.

Il primo esperimento romanzesco si deve allo sconosciuto autore del Romanzo di Nino, databile probabilmente al I secolo a.C.: protagonista è il leggendario fondatore dell’Impero assiro, ancora diciassettenne e innamorato della cugina quattordicenne, la mitica Semiramide. A epoche successive risalgono opere in cui l’intreccio si fa più complesso: particolarmente significativo è il testo scritto da Longo Sofista alla fine del II secolo d.C., Gli amori pastorali di Dafni e Cloe, in cui storie d’amore e peripezie sono calate in un ambiente pastorale. Nello stesso periodo, a Luciano di Samosata spetta il merito di aver composto con la Storia vera il più illustre antenato dei romanzi di fantascienza, mentre Antonio Diogene è l’autore delle Incredibili meraviglie al di là di Tule in cui appare per la prima volta l’espediente del manoscritto ritrovato, a cui ricorreranno spesso gli autori moderni (dallo stesso Cervantes ad Alessando Manzoni).

Caratterizzati da componenti satiriche e realistiche sono invece altri tipi di romanzo greco, che traggono motivi e materia dalle favole di Aristide di Mileto (II sec. a.C.), dette perciò “milesie”, rielaborazione letteraria di temi popolari presenti nelle licenziosità della commedia antica e del mimo popolare ellenistico. Queste favole, tradotte in latino da Lucio Cornelio Sisenna (I sec. a.C.), hanno un singolare sviluppo nel mondo romano grazie ai romanzi di Petronio, autore del Satyricon, e Apuleio, celebre per le sue Metamorfosi, scritti rispettivamente nel I e II secolo d.C.

Dal romanzo medievale a quello moderno

Grande sviluppo hanno le narrazioni nel Medioevo: vengono chiamati “romanzi” i cicli in lingua d’oïl, che hanno per oggetto le vicende di Troia, della città di Tebe, di Alessandro Magno oppure le leggende e le imprese di Tristano e Isotta, e di Lancillotto e Ginevra del ciclo bretone.

In Italia, dopo le versioni e i rifacimenti dei romanzi francesi, assai numerosi fra XIII e XIV secolo, i testi narrativi in prosa più importanti sono opera di Giovanni Boccaccio, che riprende il modello del romanzo ellenistico con il Filocolo e sperimenta con l’Elegia di Madonna Fiammetta una prima, raffinata prova di romanzo psicologico.

Nei secoli successivi, mentre si afferma la tradizione del genere novellesco, la narrativa romanzesca si traduce nelle opere cavalleresche (i poemi di Boiardo e di Ariosto vengono chiamati anche “romanzi”), e si sviluppa la conoscenza della narrativa antica grazie alle traduzioni dei romanzi greci e del capolavoro di Apuleio, di cui Agnolo Firenzuola offre una celebre e ammirata versione.

Nel resto d’Europa, in Francia, durante il Rinascimento, l’opera Gargantua e Pantagruele (1532-1564) di François Rabelais contiene caratteri squisitamente romanzeschi, quali il piacere dell’avventura e della satira, ma è con il Don Chisciotte di Miguel de Cervantes che si registra un definitivo distacco dal romanzo medievale grazie all’interesse per le vicende quotidiane, alla psicologia dei personaggi, all’adozione di uno stile medio – lontano da quello alto dell’epica – e alla mescolanza di elementi seri e comici.

Epica e romanzo

A partire dallo studio di autori come François Rabelais, Fëdor Dostoevskij, ma anche Cervantes (visto come indiscusso iniziatore di un’epoca letteraria), lo studioso russo Michail Bachtin (1895-1975) ha evidenziato le principali novità del romanzo moderno rispetto alle caratteristiche dell’epica classica (Omero e Virgilio) e medievale (il poema cavalleresco dalla Chanson de Roland a Tasso).

La visione relativa del reale

Per Bachtin, il tempo del romanzo è il presente, un tempo non concluso, in continuo divenire, mentre il tempo dell’epica è il passato, un tempo concluso, fissato per sempre in una determinata forma; il romanzo propone il racconto di un’esperienza individuale, mentre l’epica si ispira a una tradizione nazionale; l’impostazione del romanzo è soggettiva e tende ad approfondire la psicologia dei personaggi, mentre la narrazione epica è rigorosamente oggettiva.

Ma soprattutto – ecco la grande novità del genere – l’universo romanzesco riflette una visione del mondo relativa, che può essere messa in discussione, mentre quello epico si basa su una visione assoluta, fondata su valori incontestabili.

Un genere «dialogico» e «plurilinguistico»

Per questo Bachtin definisce il romanzo come un genere «dialogico», in quanto esso accoglie diverse visioni del mondo (quella dei vari personaggi o anche dello stesso narratore) che possono entrare in contrasto tra loro, mentre l’epica è un genere «monologico», poiché tutte le voci, cioè i punti di vista presenti nell’opera, sono riconducibili a una medesima concezione della realtà.

Ciò ha precise conseguenze sul piano stilistico: il romanzo si caratterizza per un «plurilinguismo» che consiste nella compresenza di lingue e stili di varia provenienza, mentre l’epica si basa su un «monolinguismo» fondato su soluzioni linguistiche e stilistiche omogenee.

Per tutte queste ragioni, se l’epica è una forma «chiusa», il romanzo è per Bachtin una forma «aperta», che si serve inoltre delle potenzialità demistificanti del riso, visto come strumento di rovesciamento dei materiali, degli stilemi e dei valori ideologici offerti dalla tradizione.

Epica

Romanzo

tempo

concluso

non concluso

contenuto

tradizione nazionale

esperienza individuale

punto di vista

oggettivo

soggettivo

visione del mondo

assoluta

relativa

voce

monologica

dialogica

soluzioni linguistiche

monolinguismo

plurilinguismo

forma

chiusa

aperta

Il magnifico viaggio - volume 3
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Il Seicento e il Settecento