Miguel de Cervantes

LA VITA

Gli anni giovanili e la carriera militare

Miguel de Cervantes Saavedra nasce ad Alcalá de Henares nel 1547, quarto dei sette figli di un esponente della piccola nobiltà, un hidalgo che per mantenersi esercita la professione all’epoca poco remunerativa di cerusico (eseguiva cioè operazioni di piccola chirurgia). Fin da subito la sua è una vita travagliata. Trascorre l’infanzia fra Madrid, Valladolid, Cordova e Siviglia, seguendo con tutta la famiglia gli spostamenti del padre. Compie così studi irregolari, in parte dai gesuiti.

A ventidue anni si trasferisce in Italia, soggiornando a Roma e a Napoli e alternando l’attività di studente e di cortigiano. In seguito, però, sceglie la carriera militare. Da soldato attraversa la penisola ed entra così in contatto con la sua cultura, a cui si appassiona.

Nel 1571 partecipa alla battaglia di Lepanto: combattendo contro i turchi, è ferito e perde l’uso della mano sinistra. Partecipa poi ad altre battaglie contro i mori e vive qualche anno a Napoli. Nel 1575, mentre torna in Spagna, la nave su cui viaggia viene attaccata dai corsari. Cervantes è fatto prigioniero e condotto ad Algeri da dove cerca ripetutamente di fuggire, ma invano. Il tentativo più eclatante risale al 1577: lo scrittore ha diversi complici, ma qualcuno decide di tradirli e Miguel è condotto al cospetto del crudele califfo di Algeri. Simili azioni venivano punite con la morte o, nella migliore delle ipotesi, con qualche mutilazione corporale. La sentenza del califfo, invece, rimasto colpito dalla fermezza d’animo di Cervantes, che dichiara ripetutamente di essere l’unico colpevole del progetto di fuga collettivo, prevede solo alcuni mesi di carcere, per poi tornare schiavo dal suo padrone.

Il ritorno in patria e gli ultimi anni

Riscattato dai frati aderenti all’Ordine della Santissima Trinità, nel 1580 fa finalmente ritorno in patria. Nel 1584 sposa Catalina de Salazar y Palacios e con lei si stabilisce per qualche tempo in un villaggio della Mancia. Intanto ottiene qualche modesto incarico nell’amministrazione pubblica: viene nominato commissario per la fornitura di viveri della flotta spagnola e poi esattore delle imposte. Nel 1586 si trasferisce a Siviglia. Nella città andalusa, finisce in carcere per alcuni periodi, accusato di presunte irregolarità nello svolgimento di un lavoro che non gli è congeniale. È probabilmente in prigione che concepisce il disegno narrativo del suo  Don Chisciotte.

Nel 1606 fissa la propria residenza a Madrid, dove trascorre gli ultimi anni della sua vita, verosimilmente i più sereni. Muore nel 1616, un anno dopo aver dato alle stampe la seconda parte del Don Chisciotte.

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IL CARATTERE

L’HIDALGO CERVANTES

Soldato, schiavo, fuggiasco, esattore delle tasse, poeta, scrittore. La romanzesca e tribolata vita di Miguel de Cervantes incarna uno dei tratti essenziali della sua epoca: la stretta relazione che passa tra esperienza personale e letteratura. Il suo immortale e folle cavaliere intraprende una straordinaria avventura appunto perché confonde la realtà con le storie narrate nei libri che ama.

Il conflitto con la realtà

Don Chisciotte vive un conflitto aperto con la vita reale, come conflittuale è il rapporto del suo autore con quella che lo circonda, spesso causa di frustrazioni. Inoltre, la dolente umanità dell’hidalgo della Mancia, involontariamente comico nella sua rettitudine, riflette quella del suo creatore, affinatasi in mezzo al popolino che incontra tra i compagni d’armi, nelle celle delle carceri, nei vicoli sivigliani, lungo le polverose strade della Spagna del Siglo de oro (Secolo d’oro).

Un primo elemento del carattere di Cervantes, che si può ricavare dalla lettura delle sue opere, è dunque l’empatia verso i più svariati comportamenti umani, con il loro corredo di miserie e nobiltà.

Un autoritratto impietoso

Alla propria vita, però, non attinge solo come a una fonte d’ispirazione per la creazione di personaggi fittizi. In costanti difficoltà economiche e senza patrocinatori che ne divulghino il mito, Cervantes lascia concreta traccia di sé nelle pagine che scrive. Come nel prologo delle Novelle esemplari, in cui offre una dettagliata descrizione della propria figura: «Colui che qui vedete, con profilo aquilino, capelli castani, fronte liscia e spaziosa, occhi vivaci e naso adunco, quantunque ben proporzionato, barba d’argento, che non son vent’anni che tuttavia era d’oro; grandi baffi, bocca piccola, denti né minuti né grossi, seppur non ne ha altro che sei e anche questi malridotti e peggio combinati, infatti non hanno corrispondenza gli uni con gli altri; il corpo a mezza strada tra il piccolo e il grande, il colorito vivace, più bianco che bruno, un po’ curvo di spalle e non tanto leggero sui piedi; questo, vi dico, è l’aspetto dell’autore della Galatea e del Don Chisciotte della Mancia […]. Per molti anni fu soldato, e prigioniero per cinque e mezzo, onde apprese ad avere pazienza nelle avversità. Nella battaglia navale di Lepanto perdette la mano sinistra per un’archibugiata, ferita che, per quanto brutta alla vista, egli tiene per bella, poiché la ricevette nella più memorabile e alta occasione che abbian mai veduto i secoli passati…».

Realistico ritratto di un uomo pie­gato dal tempo, amareggiato per l’uso improprio che si fa delle sue opere e rassegnato davanti alla sfor­tuna, eppure autentico hidalgo spa­gnolo, orgoglioso della propria storia.

Il magnifico viaggio - volume 3
Il magnifico viaggio - volume 3
Il Seicento e il Settecento