Specchi incantati - volume C

Omero | UNIT 2 500 perché la vecchiaia lo opprime alle mani e ai piedi. Magari io potessi in suo aiuto, sotto i raggi del sole, essendo così come quando nella vasta terra di Troia facevo strage di eroi difendendo gli Argivi magari potessi andare così da mio padre, anche per poco: odiose farei la mia forza e le irresistibili mani per chi gli fa violenza e lo priva dell onore dovuto . Omero, Odissea, libro XI, vv. 90-137, 471-503, trad. di G.A. Privitera, Mondadori, Milano 2015 502-503. odiose... dovuto: renderei detestabili la mia forza e le mie mani a chi osas- se fargli violenza e privarlo del rispetto che merita. A tu per tu con il testo Probabilmente è l unica cosa che non si vorrebbe mai sapere: la circostanza della propria morte. Tuttavia, come negare quest ultima rivelazione a un eroe che ha votato la propria vita alla ricerca dell esperienza e di nuove conoscenze? Le parole enigmatiche e sibilline di Tiresia rispondono a tale domanda, non senza aprire contestualmente molti altri interrogativi. Una terra di uomini che non conoscono il sale e non riconoscono un remo, una morte destinata a venire dal mare... difficile decriptare il senso della profezia. certo però che la morte non riserva alcuna consolazione: perfino Achille, il personaggio greco più famoso per onore e gloria, afferma che preferirebbe essere l ultimo dei manovali sulla terra, ma vivo, che il primo degli eroi, ma morto. Emerge così l altra faccia della medaglia dell etica aristocratica, decisamente più prosaica. La morte annulla ogni potere e fa rimpiangere di aver perduto l unico dono che merita di essere esaltato: la vita stessa. Analisi Il senso della nékyia Il libro XI dell Odissea è noto sin dall antichità come nékyia, termine greco che si riferisce ai riti necessari a evocare le anime dei defunti. Il viaggio nel regno dei morti (ciò che i Greci chiamavano catabasi ), tuttavia, non è una novità nella letteratura: si tratta di un topos ricorrente nell epopea di Gilgamesh ( pp. 40-42) e in molti miti greci. Già Orfeo, per esempio, era disceso negli Inferi per recuperare l amata Euridice. Odisseo, invece, affronta tale esperienza su indicazione di Circe per ascoltare la profezia di Tiresia relativa al suo avvenire. Ciononostante, l indovino esprime sorpresa alla vista di un vivo e gli chiede le ragioni dell insolita visita (vv. 92-94). A differenza di Orfeo, peraltro, l eroe non scende propriamente nell Ade, ma incontra le anime dei morti sulla sua soglia, dove le anime accorrono, richiamate dai riti macabri compiuti poco prima. Nel luogo indicato da Circe, infatti, Odisseo ha scavato una fossa in cui ha fatto colare il sangue di un montone e di una pecora nera sacrificati ad Ade e Persefone: le anime infatti sono attratte dal sangue perché restituisce loro la forza e la memoria. Il destino di Odisseo Le parole profetiche di Tiresia servono a dare un senso alle future avventure e sventure dell eroe fino al ritorno a Itaca e oltre. Il più grande ostacolo al ritorno è rappresentato dalla collera di Poseidone, scatenata dall accecamento del figlio Polifemo (vv. 100-103). Il successivo pericolo, invece, è costituito dalle vacche dell isola di Trinacria sacre al dio Sole. Tiresia avverte Odisseo che, qualora avesse loro fatto del male, avrebbe avuto gran rovina, perdendo tutti i compagni (vv. 110-114), come poi avviene. Anche il ritorno a Itaca, sopra una nave straniera, quella che avrebbe avuto dai Feaci, non si annuncia facile: in patria avrebbe dovuto affrontare le insidie dei pretendenti della moglie e del trono (vv. 115-120). 238 80079D_48P1013_INTE_BAS@0238.pgs 17.12.2019 13:33

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Epica