Se ti è piaciuto - Luna da mangiare e… da uccidere

Luna da mangiare e da uccidere La luna è una fonte ricorrente d ispirazione di poeti e pittori. Perfino Omero, che ambienta di giorno i combattimenti dell Iliade e le avventure dell Odissea, non può resistere alle suggestioni del calare delle tenebre, mentre la luna signoreggia sul mondo degli uomini e finalmente si placa l ira dei guerrieri: «come quando in cielo stelle intorno a una fulgente luna / appaiono, splendidi punti, e l aria si distende, senza vento (Iliade, VIII, vv. 555-556). Per Saffo (630 a.C.-570 a.C. ca.) è un amica nelle notti trascorse in solitudine («Calata è la mia luna / e Plèiadi: mezza / notte. Scivolano ore. / Io, sola, in questo letto... , fr. 468); per Catullo (84-54 a.C.), invece, è la madre di tutti noi, la protettrice dei popoli e la garante della vita: «Tu sei dea. Con l orbita del mese / suddividi il corso d ogni anno. / Col raccolto buono riempi / il rustico granaio al contadino (XXXIV). Chi può fare a meno di specchiarsi nella luna, che diventa spesso simbolo dell esistenza? Perfino nutrimento, cibo vero e proprio, un boccone da assaporare. Per l inglese Emily Bront (1818-1848) è la «polpa di una mezzanotte estiva , per lo spagnolo Antonio Machado (1875-1939) è «un favo di luce, lavoro di bianche pecchie , cioè puro miele creato dalle api. Insomma, una luna da mangiare, sempre «graz osa , come recita il più famoso dei cantori del corpo celeste, Giacomo Leopardi, che la invoca nella lirica Alla luna come confidente delle proprie angosce. Paul Klee, Forte sogno, 1929. Una scena del film muto Viaggio nella Luna (1902) di Georges Méliès. Tuttavia, a fronte delle legioni di poeti estasiati dalla sua bellezza, non manca neppure chi canta fuori dal coro, dipingendo la luna come vecchia, noiosa, sempre uguale a se stessa, materia retorica di facili verseggiatori. E allora ecco gli insulti confezionati da parte dei poeti del Seicento barocco, sempre a caccia di invenzioni sorprendenti: rivolgendosi alla «Luna perversa , Giambattista Marino (1569-1625) deride il suo «pallor di nere macchie immondo . O peggio vere e proprie dichiarazioni di odio, come quella pronunciata da Giosue Carducci (1835-1907): «Odio la faccia tua stupida e tonda, / L inamidata cotta, / Monacella lasciva ed infeconda, / Celeste paolotta . La povera luna insomma diventa perfino l incarnazione dell ipocrisia e del bigottismo. La colpa è del Romanticismo che ha eletto l astro notturno a simbolo del sentimento, testimone silenziosa degli amori e dei dolori dell individuo. Il plenilunio, i languori e i sospiri degli innamorati...: i poeti futuristi, nel 1911, arrivano a gridare Uccidiamo il chiaro di luna! Ma forse non ce n è più bisogno da quando nel 1969 l uomo ha messo piede sul luogo principale della sua immaginazione. Non è che la povera luna è morta, almeno nella poesia, in quel momento?

Specchi incantati - volume B
Specchi incantati - volume B
Poesia e teatro