Specchi incantati - volume B

Il teatro di narrazione GUIDA ALLA LETTURA Un improbabile intervento divino Vittima della tirannica oppressione dei potenti, un contadino ha perso tutto ciò che aveva e, disperato, ha deciso di farla finita. Mentre si accinge a impiccarsi, però, si verifica un evento improbabile: tre poveracci assetati vengono a chiedergli da bere. Mosso a pietà, il protagonista disseta e rifocilla i tre uomini. La comicità della scena deriva dal contrasto tra il motivo tragico del suicidio e l intervento dei tre uomini, che colora di ironia e assurdità l intera situazione. Ne è spia la battuta che riproduce i pensieri del contadino (Aspetto che mangino e poi mi impicco, r. 21) oltre ai dettagli del tegame e delle fave (r. 19). Poco dopo, la narrazione prende una piega tra il mistico e il surreale: l uomo con la faccia da povero cristo (r. 13) è Cristo davvero, intenzionato a ricompensare il contadino per il suo comportamento virtuoso con un premio miracoloso (Tu mi hai dato da mangiare e io ti do da parlare, r. 31). Così, il semplice villano sta per trasformarsi grazie a un bacio divino in un funambolico artista della parola. Il giullare del popolo Nel tardo Medioevo (dopo l anno Mille), i giullari si esibivano come cantastorie, buffoni o saltimbanchi, in strada o nelle corti nobiliari. Nella visione di Dario Fo, essi costituiscono le figure trasgressive per eccellenza, grazie a una carica irriverente che irride e quindi demistifica il potere dei ricchi. Gesù, infatti, esorta il contadino a usare la parola e il cervello per sbeffeggiare apertamente padroni, preti, notai, avvocati (rr. 45-46), tutte le categorie sociali responsabili della miseria e dello sfruttamento dei più poveri. Tale visione contiene molto di vero: la società medievale era in effetti estremamente gerarchica, e la differenza tra le condizioni di vita dei nobili e quelle dei contadini era enorme. Tuttavia, l autore non intende riferirsi soltanto a quell epoca: a chi assiste alla rappresentazione dell opera viene naturale cogliere un evidente allusione alla contemporaneità e alle sue iniquità sociali. In effetti, Mistero buffo viene messo in scena per la prima volta nel 1969, mentre in Italia, come nel resto del mondo occidentale, era in corso una vera e propria rivoluzione socio-culturale. In quegli anni, studenti e operai, stanchi di una società autoritaria e basata a loro parere sull ingiustizia e la disuguaglianza, lottavano apertamente contro quella che negli slogan e nelle parole d ordine più diffuse veniva definita «la cultura dei padroni . I padroni contro cui il giullare scaglia la sua risata satirica sono dunque evidentemente anche gli uomini posti ai vertici della società del tempo: ricchi borghesi, aristocratici, politici. D altro canto la stessa figura di Cristo, incarnando gli autentici valori del Vangelo, assume una forte connotazione polemica e dissacratoria: il suo messaggio religioso, basato sull amore e sulla fratellanza, costituisce un atto d accusa contro quegli esponenti della Chiesa cattolica votati al culto del potere e dimentichi dell insegnamento cristiano. La forza dell irriverenza Ma che cosa può fare un comico, un giullare, di fronte alle angherie e ai soprusi? A ben vedere, il riso è una delle armi più forti di cui disponiamo per contestare il potere. Per certi versi, è addirittura insostituibile, come spiega la battuta di Gesù Che non è che col ridere che il padrone si fa sbracare, che se si ride contro i padroni, il padrone da montagna che è diviene collina, e poi più niente (rr. 58-60). Il potere si basa sempre su una certa rituale e ampollosa serietà e ha in sé qualcosa di sacro, di grande, di inviolabile: chi lo esercita è o intende apparire alla stregua di un sacerdote o di un mediatore capace di collegare gli uomini comuni a un principio superiore, che sia una divinità, una tradizione, e così via... Ebbene, il riso, la buffoneria e la satira feriscono il potere proprio nella sua pretesa serietà, gli tolgono legittimità, lo denudano mostrando i suoi lati più abbietti e meschini, spogliandoli della forma e della retorica. Da questo punto di vista, è più efficace ridere dei potenti che opporvisi con violenza: grazie alla sua spregiudicata padronanza di parola, in grado di agire come una lama (r. 56) tagliente, il giullare si fa beffe delle pretese dei padroni, non a caso associati da Fo a una vescica, destinata a sgonfiarsi e a espellere un siero marcito (rr. 43-44). 495

Specchi incantati - volume B
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Poesia e teatro