Specchi incantati - volume B

Tamas Galambos, Summer, 1981. Dall antichità a oggi Nei testi satirici dell antica Roma si mescolano vari ingredienti stilistici e tematici: non a caso il termine satira deriva dall espressione latina satura lanx, che indicava un piatto con un misto di pietanze offerte agli dèi. I Romani sviluppano in forme originali questo genere, vantandosi di esserne gli ideatori: i massimi interpreti sono Quinto Orazio Flacco (65-8 a.C.), e successivamente Marco Valerio Marziale (40 ca.-104 d.C.) e Decimo Giunio Giovenale (55 ca.-135 ca. d.C. ), autori, questi ultimi, di satire incendiarie contro la società romana del tempo. Anche la letteratura italiana presenta molti autori di versi satirici, da Dante Alighieri (1265-1321), che nella Divina Commedia rivolge feroci invettive verso la sua Firenze che l aveva costretto all esilio, a Ludovico Ariosto (1474-1533), che con tono bonario illumina le contraddizioni della vita della corte rinascimentale, da Giuseppe Parini (1729-1799), che ridicolizza i riti e i costumi della scioperata esistenza quotidiana di un giovane aristocratico del Settecento, a Giuseppe Gioachino Belli (1791-1863), che tempesta in dialetto romanesco papi e cardinali, visti dalla prospettiva di un mordace plebeo, come nel sonetto Cosa fa er papa? ( T2, p. 273). La tradizione della poesia satirica si mantiene viva per tutto il Novecento ed è coltivata anche da autori più noti come lirici: è il caso di Eugenio Montale (1896-1981), che in Satura riprende il termine latino per contraddistinguere versi improntati a una visione amara e disincantata della società moderna. 265

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Specchi incantati - volume B
Poesia e teatro