Tua vivit imago - volume 3

Thomas Cole, Il corso dell impero: la consumazione dell impero, 1836. New York, New-York Historical Society. Con la sua satira indignata Giovenale smaschera le utopie della letteratura augustea e attacca la Roma imperiale. viceversa, per individuare, nei pregiudizi degli antichi, delle costanti che è possibile riconoscere anche in molte società e culture contemporanee. Una Roma distopica Nella terza satira, che ha ogni forma di demagogia; quis custodiet ipsos custodes? ( chi custodirà gli stessi custodi? , 6, 4849), la domanda che, dai tempi di Giovenale fino alla moderna cultura popolare (con la graphic novel di Alan Moore Watchmen, 1986-1987: «Who watches the watchmen? ), continua a porre in discussione l onestà e la stessa legittimità di qualsiasi forma di potere costituito; o, ancora, rara avis in terris nigroque simillima cycno ( uccello raro sulla terra, proprio come un cigno nero , 6, 165), con cui si mette in luce l estrema rarità di una persona davvero virtuosa. Un manifesto misogino La satira più famosa di Giovenale è la sesta: per dissuadere un amico che ha intenzione di sposarsi, l autore crea un lunghissimo componimento di quasi settecento versi contro le donne moderne , che non rispettano più il modello etico rappresentato dalle matrone del tempo della Repubblica. Si tratta del più feroce atto di accusa contro il genere femminile che l antichità classica ci abbia lasciato e rappresenta un testo di estremo interesse come testimonianza della visione della donna tipica di una parte significativa della società romana. La sesta satira offre, dunque, al lettore moderno l occasione di confrontarsi con la misoginia antica: per sottoporla a una critica che tenga conto della nostra diversa sensibilità e consapevolezza; oppure, per protagonista un amico del poeta in procinto di lasciare l Urbe per trasferirsi in Campania, emerge l affresco di una Roma corrotta, immorale, cupamente oppressiva; in termini contemporanei, potremmo definirla come una sorta di distopia, con riferimento a quei romanzi del Novecento che, negli anni in cui si affermavano i totalitarismi nazionalsocialista e comunista, hanno descritto una società futura nella quale tutte le caratteristiche di apparente progresso si sono trasformate nella loro controparte negativa, dando origine a un sistema di costante oppressione o pericolo: Il mondo nuovo di Aldous Huxley (18941963) e 1984 di George Orwell (1903-1950), mentre più di recente ha avuto grande risonanza culturale e mediatica Il racconto dell ancella di Margaret Atwood (n. 1939). Giovenale parla della Roma dei suoi tempi (o di un passato ancora recente) e non, come avviene nelle moderne distopie, di una ipotetica società futura; ma la rappresentazione della città, focalizzata sui tratti più negativi in modo parossistico e quasi apocalittico , è la stessa che si riconosce nei romanzi appena citati, spesso ispirati ai contemporanei sistemi totalitari; e d altra parte si può affermare, pur correndo il rischio di qualche anacronismo, che l immagine della Roma imperiale non sia troppo diversa, soprattutto sotto alcuni imperatori o dinastie, da quella che oggi associamo alle dittature più spietate e repressive. Dopo le tante utopie incontrate nella letteratura dell età augustea (il ritorno dell età dell oro nella quarta ecloga di Virgilio, le isole dei Beati dell epòdo 16 di Orazio, l aurea Roma dell Ars amatoria di Ovidio), è suggestivo vedere come in Giovenale così come in Petronio quella che all epoca di Augusto poteva sembrare la realizzazione di una realtà ideale si sia ben presto rivelata, sotto i suoi successori, l esatto opposto. 451

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Età imperiale